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CORRIERE DELLA SERA
19 giugno 2007
Il caso Ricucci e le norme
Intercettazioni, altolà di Di Pietro agli alleati
«Niente inciuci o siamo fuori». Mastella: nessuno pensi di mettere i magistrati sotto schiaffo
Dino Martirano


ROMA — Il giorno dopo il richiamo bipartisan lanciato da Silvio Berlusconi sul terreno di un confronto sulla giustizia, nel governo c’è già chi si mette di traverso. Così il ministro Antonio Di Pietro avverte gli alleati su un eventuale giro di vite per le intercettazioni: «Nessun inciucio, non approveremo mai alcuna intesa bipartisan che miri a tappare al bocca a magistrati e giornalisti». E anche se il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, assicura che «nessuno nel governo vuole mettere sotto schiaffo i magistrati», nel governo si fa avanti anche la posizione del ministro Emma Bonino che non porta acqua all’ipotesi di un accordo bipartisan: «Quello che meno mi convince sulla pubblicazione dei verbali è la teoria del complotto. Il problema è che ne esce male la classe politica italiana che dimostra una contiguità tutta particolare tra politica ed economia».

IL MINISTRO
Mastella ha ribadito che al Senato c’è il ddl dell’ordinamento giudiziario che ha la precedenza su quello che limita la pubblicazione delle intercettazioni. Oggi, alle 12 la conferenza dei capi gruppo voterà il calendario dei lavori. Il problema della riforma Mastella, che va approvata entro il 31 luglio, si intreccia dunque con l’iter del ddl sulle intercettazioni (già approvato alla Camera) che rischia di rimanere in coda se non interverrà un accordo tra i partiti. Mastella, tuttavia, è stato chiaro: «Nessuno pensi di mettere sotto schiaffo i magistrati» perché bisogna «riportare serenità» nei rapporti tra politica e magistratura dopo la pubblicazione di intercettazioni e i verbali di inchieste giudiziarie riguardanti i casi Unipol e Antonveneta. Poi, sull’ordinamento giudiziario, il ministro ha usato gli stessi argomenti: «Non c’è nessuna idea né nessuna logica punitiva nei confronti della magistratura». Politica e giustizia «sono due ordinamenti dello Stato che devono rispettarsi reciprocamente e lubrificare il loro rapporto».
DI PIETRO—Ma il ministro Antonio Di Pietro ha di nuovo messo in guardia gli alleati: «No all'inciucio che si sta proponendo al Parlamento per fare una legge che fermi le intercettazioni e la divulgazione delle notizie. Noi dell'Italia dei Valori ci opporremo e non saremo nè con questo governo nè con alcuna maggioranza che ritenga legittimo frenare il lavoro della magistratura e imbavagliare i giornalisti». Una linea analoga viene espressa da Carlo Leoni della Sinistra democratica e dal verde Angelo Bonelli per il quale «la legge sulle intercettazioni non è una priorità».
IL POLO — A proposito di nuovi interventi legislativi urgenti in materia di intercettazioni, il vice presidente della Camera, Giulio Tremonti (FI), sospetta che a Palazzo Chigi qualcuno stia pensando a un decreto legge: «Il governo ha fatto un decreto legge ad ottobre, ne vorrebbe fare un altro adesso? Due decreti in meno di un anno non credo siano una cosa seria». Ma nel centro destra, dopo l’appello alla «sovranità del Parlamento» fatto domenica da Berlusconi, Paolo Bonaiuti torna ad alzare il livello dello scontro con Prodi dopo aver denunciato ancora una volta «l’intreccio perverso e malvagio tra settori della grande stampa e di certa magistratura che Berlusconi ha già sperimentato sulla sua pelle». Accusa dunque il portavoce del Cavaliere: «Il presidente del Consiglio dice che l'aria è irrespirabile e io gli faccio notare che sta parlando dello suo stesso Paese e che quindi egli è in qualche misura responsabile di quell’aria».




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IL MATTINO
19/06/2007
«Nessuna ritorsione la legge serve a tutti»
MARIA PAOLA MILANESIO

Roma. «La verità è che ormai le indagini penali sono un colabrodo». Gaetano Pecorella, deputato di Forza Italia, difensore di Silvio Berlusconi ed ex presidente della commissione giustizia della Camera, ha toni rassegnati. Ma è netto nell’escludere che la politica torni a occuparsi della diffusione delle intercettazioni solo perché ora sono coinvolti nomi noti. C’è qualche coincidenza, però. Il testo approvato alla Camera da tempo è all’esame del Senato e solo in questi giorni c’è una rincorsa dei partiti a chiederne l’approvazione. «È da tempo che il Parlamento discute di regolamentare la materia e sono molte le proposte di legge presentate al riguardo. Escludo che ci sia una connessione tra i due fatti. Piuttosto, sottolineo che - con quanto accade ora - si danneggiano le persone coinvolte perché potrebbero esistere altri atti, non conosciuti all’opinione pubblica, che smentiscono quanto risulta dalle intercettazioni. Non solo: con la loro pubblicazione, il giudice finisce per formarsi un’idea sui giornali, mentre dovrebbe formarsela nel processo, nel contraddittorio delle parti». Come si spiega, allora, che il Senato non abbia finora trovato il modo di approvare un testo che, a Montecitorio, ha ottenuto un via libera quasi all’unanimità? «Alla Camera abbiamo lavorato senza fretta e il testo che abbiamo inviato a Palazzo Madama è molto equilibrato. Di intercettazioni abbiamo discusso per mesi, constatando che c’erano convergenze ma anche divergenze che, tuttavia, non ci hanno impedito di trovare alla fine un minimo comune multiplo. A Palazzo Madama, invece, ci sono state riserve tecniche da parte di alcuni senatori, che non hanno condiviso le scelte fatte da noi deputati. Noi abbiamo previsto, ad esempio, la possibilità che la Corte dei conti valuti se ci sono state spese eccessive per le intercettazioni in casi che non meritavano investimenti così alti. I deputati ds erano molto perplessi su queste norma, ma alla fine hanno dovuto accettarla». I magistrati sono preoccupati. Temono che, dopo la pubblicazione delle intercettazioni che hanno riguardato il mondo politico, i poli varino una riforma dell’ordinamento giudiziario punitiva. «Sarebbe molto inquietante una mentalità di questo genere da parte dei magistrati. Mi sembra francamente preoccupante pensare che il Parlamento legiferi per ritorsione. I deputati, i senatori non sono come i ragazzi della via Paal che lanciano i sassi. Non credo che a Palazzo Madama si troverà un accordo contro i magistrati; penso piuttosto che si raggiungerà un’intesa per un ordinamento giudiziario moderno». Governo troppo pronto ad assecondare i magistrati. È fondata questa accusa dei penalisti? «Il programma presentato a suo tempo in Parlamento dal ministro Mastella era poco più di una fotocopia delle richieste dell’Associazione nazionale magistrati. Quello dei penalisti è un sospetto che ha certamente qualche fondamento. Personalmente credo che ci sia una forma di alleanza, politica o culturale, tra i magistrati e buona parte dell’attuale maggioranza». Come si spiega, allora, che l’Anm voglia scioperare anche quando al governo è il centrosinistra? «Questa alleanza sta entrando in crisi, perché la difficoltà di rapporto tra politica e magistratura non è intesa come difficoltà di rapporto con un determinato schieramento. Accade ora che ogni governo venga visto dai magistrati come un potere alternativo».



INES TABUSSO