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CORRIERE DELLA SERA
31 gennaio 2007
Servizi, Spataro contro Violante
Paolo Biondani

MILANO — Il progetto di riforma dei servizi segreti — votato l'altro ieri sera a Roma da centrodestra e centrosinistra, per una volta d'accordo, in Commissione affari costituzionali della Camera — nasconde, per i pm di Milano, una norma salva-Pollari. Un cavillo che ieri ha innescato una polemica tra il parlamentare diessino ed ex magistrato Luciano Violante, favorevole alla norma, e il procuratore aggiunto milanese Armando Spataro, che invece la considera incostituzionale.
La riforma, se approvata definitivamente dal Parlamento, trasformerebbe il segreto di Stato in un vero alibi, utilizzabile anche da uno 007 indagato, in grado di far cadere l'accusa ogni volta che sia giudicato «necessario». Oggi invece il segreto può essere opposto soltanto da un testimone e unicamente per giustificare il proprio silenzio, mentre il giudice deve archiviare solo se è «essenziale». A lamentarsi di questo limite legale, giusto l'altro ieri mattina, era lo stesso generale Pollari, nell'udienza preliminare che lo vede imputato del sequestro di Abu Omar.
La notizia della norma salva- Pollari, anticipata dal Sole 24 Ore, ha scatenato per tutta la giornata le critiche di decine di magistrati e di giuristi, che hanno dato l'allarme scambiandosi email e telefonate. Fino a ieri solo il presidente della Commissione affari costituzionali Violante aveva smentito, sostenendo che il caso della norma salva-Pollari «non sta né il cielo né il terra», in quanto già ora il segreto di Stato vincolerebbe «tutti coloro che ne sono a conoscenza per ragioni d'ufficio, siano essi imputati, testimoni o indagati». Tesi che il pm milanese Spataro, titolare dell'inchiesta su Pollari, ha definito «sorprendente per un politico e giurista del rango» di Violante, perché «riguarda esattamente un tema su cui un giudice deve ancora pronunciarsi in un delicato processo», «non considera il tenore letterale» del codice e contrasta «con la giurisprudenza della Cassazione».
A Milano Pollari è imputato di aver ordinato al Sismi di aiutare la Cia a rapire, il 17 febbraio 2003, un predicatore egiziano sospettato di terrorismo. Per più di tre anni Pollari aveva dichiarato che non esisteva alcun segreto di Stato e che il Sismi nulla sapeva del sequestro. Tesi ripetuta alla Procura fino all'11 luglio 2006, cioè 6 giorni dopo l'arresto del numero tre del Sismi, Marco Mancini. Solo il 15 luglio Pollari, quando si è trovato per la prima volta indagato personalmente, si è appellato al segreto di Stato. Un segreto «opposto da Berlusconi e confermato da Prodi», che secondo la difesa impedirebbe al generale indagato di documentare la sua «contrarietà al sequestro». L'altro ieri i pm hanno però obiettato che l'alibi «è una controprova oggettiva», mentre Pollari pretende di far valere «un'autocertificazione d'innocenza».
Nelle email circolate anche a Milano, i magistrati criticano anche l'articolo 38 del testo unificato, accusandolo di «dilatare esageratamente il concetto stesso di segreto di Stato». Il progetto di riforma, in effetti, prevede che siano top secret non solo le notizie che servono a proteggere «le istituzioni democratiche», «gli organi costituzionali» o l'«indipendenza dell'Italia», ma anche tutte quelle informazioni che mirano alla «tutela degli interessi economico-finanziari strategici per la collettività, ovunque localizzati». Un passaggio equivoco, che per i critici potrebbe fornire una ciambella di salvataggio perfino agli spioni del caso Telecom: in carcere, dal 12 dicembre, è tornato anche lo 007 Mancini, che nei primi verbali si è difeso citando pretese coperture superiori. Oltre che dall'indulto, la tensione tra politici e magistrati milanesi era già salita con la legge che, imponendo la «distruzione immediata dei dossier» illegali, rischia di impedire ai pm di usarli come «prove documentali» nel caso Sismi-Telecom.


INES TABUSSO