00 08/01/2007 22:48

LA STAMPA
8/1/2007
Quanto costa “l’ingiustizia”
Studio di Bankitalia «I processi lumaca pesano sulle imprese»
STEFANO LEPRI
ROMA

Le imprese restano più piccole, e riluttano a stringere accordi tra loro; scelgono i fornitori più corretti, o solo più conosciuti, pur se sono più cari; imprenditori e banchieri si assumono meno rischi, perché una procedura di fallimento chissà quando e chissà come si concluderebbe; attirare capitali stranieri è più difficile; il credito costa più caro. Sono questi i pesi che la lentezza della nostra giustizia civile fa gravare sull’economia italiana. Ci sono dati che lo dimostrano: e sono raccapriccianti. Da anni la Banca d’Italia insiste. «Le riforme attuate negli ultimi 15 anni per accelerare i tempi della nostra giustizia civile non hanno prodotto i risultati attesi» ha detto il governatore Mario Draghi nelle sue «considerazioni finali»: ad esempio «la durata di una procedura di recupero crediti è in Italia 5 volte quella media dell’Ocse». Perciò le banche hanno costi più elevati: «la quota di crediti in sofferenza recuperati è inferiore al 40%, il costo medio del recupero è pari all’1,2% delle sofferenze», nei dati forniti dall’ex vicedirettore generale della Banca d’Italia Pierluigi Ciocca a un convegno di giuristi. Ancora peggio è se si vuole riscuotere un assegno a vuoto. In Italia occorrono in media 654 giorni, un periodo tre volte e mezzo più lungo che in Francia, 4 volte più lungo che in Germania e in Spagna, 6 volte la Gran Bretagna. Uno studio appena prodotto dalla Banca Mondiale simula l’insolvenza di un albergo, un immaginario «Hotel Mirage», in 88 diversi Paesi: tra i Paesi ricchi, l’Italia è quello dove il fallimento distrugge maggiori risorse e tra quelli dove è più difficile mantenere in vita l’attività azienbale; tra costi di riscossione, costo dei ritardi e altro, il 55% del valore dell’azienda non viene recuperato. Un disastro.

I danni si vedono. Nelle aree dell’Italia dove la giustizia civile funziona meglio (o meno peggio) i profitti delle imprese e la loro dimensione media sono maggiori: la differenza di fatturato in più è dell’8%, secondo Daniela Marchesi, ricercatrice dell’Isae. Magda Bianco e Silvia Giacomelli, economiste della Banca d’Italia, aggiungono che la nascita di nuove imprese è frenata: «in assenza di meccanismi formali che assicurino che i contratti siano sempre rispettati i nuovi arrivati devono costruirsi una reputazione di partner affidabili».

In parole povere, di fronte alla scelta tra diversi fornitori, l’impresa può non scegliere chi pratica i prezzi più bassi, ma chi ha fama consolidata di rispettare sempre i contratti; non assume rischi, la concorrenza è limitata, e i fornitori che hanno buona fama riescono spesso a godere di una rendita di posizione. Soltanto portando le province dove le cause civili sono più lente al livello di quelle dove sono più spedite, il tasso di formazione di nuove imprese crescerebbe di circa un quarto.

Ma perché la nostra giustizia va a passo di lumaca? Secondo la Banca d’Italia, i motivi sono tre: 1) una organizzazione dei tribunali «disorganica e tecnologicamente obsoleta»; 2) «inadeguati incentivi al perseguimmento degli obiettivi di efficienza» (giudici, cancellieri e avvocati non vedono nessun vantaggio ad abbreviare i tempi); 3) «eccessiva frammentazione della geografia giudiziaria, che non consente economie di scala e di scopo».


INES TABUSSO