00 01/04/2006 22:53
L'UNITA'
1 aprile 2006
Delinquenza politica
Antonio Padellaro

Romano Prodi ha accusato di delinquenza politica gli avversari della destra e mai definizione ci è apparsa più calzante dopo che Tremonti, il ministro creativo che tutto il mondo ci invidia, ha attribuito al Professore e all’Unione la volontà di portare al 25 per cento l’aliquota fiscale su artigiani e commercianti. Una gigantesca menzogna fatta circolare con l’esplicito intento di generare smarrimento e confusione tra gli elettori, in particolare tra quelli del centrosinistra. Come è noto, la diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose è un reato, ma se un uomo in genere equilibrato e prudente come Prodi è arrivato a parlare di comportamenti politicamente delinquenziali non crediamo che l’abbia fatto perché al garrulo commercialista di Sondrio venga comminata un’ammenda. Pensiamo invece che, esattamente come noi e come (speriamo) la maggioranza dei cittadini italiani, il candidato premier dell’Unione ne abbia le tasche piene di questa gente che non accontentandosi di aver trascinato a quota zero la crescita di un Paese un tempo prospero, spara una serie di numeri a casaccio nel suo ridicolo programma economico di tre paginette. E non esita a condurre una campagna terroristica sulle proposte dell’avversario, prontamente amplificata ogni sera dal tg unificato di regime.
Nulla di nuovo sotto il sole se non fosse che di fronte all’attivarsi, con missili e cannoni, della destra dedita alla delinquenza politica (e non solo), la replica dell’altra parte sembra affidata, per lo più, alle pistole ad acqua.
E gli argomenti che pure ci sarebbero in quantità industriale per tappare la bocca al caimano e ai suoi dipendenti vengono o dimenticati per disinformazione oppure accantonati con la scusa che, per carità, è meglio non «demonizzare» l’avversario. Quando cerchiamo di spiegare questa storia della demonizzazione di Berlusconi agli inviati della stampa estera che vengono a chiederci notizie sulla campagna elettorale, questi bravi colleghi non credono letteralmente alle loro orecchie. Ma come, dicono, il vostro presidente del Consiglio vi vomita addosso le peggiori accuse, vi ritiene responsabili dei peggiori crimini, definisce un poveraccio il vostro leader e un becchino il segretario del maggior partito della sinistra, sostiene che la sinistra è complice nella bollitura di poveri bambini cinesi e voi non dovreste rispondere per le rime? Sempre più sbalordito il reporter di un giornale americano ci ha ricordato quanto accaduto nelle ultime presidenziali del suo Paese: con gli spot martellanti di George W. Bush, tesi a dimostrare la natura sanguinaria e, nello stesso tempo, codarda dell’avversario eroe del Vietnam; e con John Kerry che preferiva replicare pacatamente. I risultati di tanta signorilità li abbiamo visti tutti.
Qui da noi quando si parla di Berlusconi sembra di essere a un ricevimento del Cuneo cavalleria o in un collegio delle Orsoline: inchini e buone maniere. Domenica scorsa, sul Corriere della sera, per rispondere a una frase che non ho mai scritto («Berlusconi darà fuoco alle polveri della ribellione popolare») Piero Ostellino, in un articolo sobriamente intitolato, «La falsa guerra civile», cita in rapida successione: il principio di realtà, il principio di libertà, la superiorità etica, la missione salvifica, la vocazione pedagogica, l’Illuminismo razionalista francese, Saint Simon, la nuova teologia, il Terrore della Rivoluzione francese e infine l’Illuminismo scettico ed empirico scozzese. Il problema è che mentre il galantuomo Ostellino è assorto a sfogliare Saint Simon, fuori dalla biblioteca sabauda ci sono Previti e dell’Utri che dell’Illuminismo scettico ed empirico scozzese «delle virtù sociali, della compassione e della simpatia», sono notoriamente i riconosciuti campioni.
Per non parlare del conflitto d’interessi. Per cinque lunghi anni il centrosinistra si è autoflagellato, giustamente sfottuto dalla destra per non avere risolto quando era al governo la questione che ha reso Berlusconi un imprenditore immensamente ricco e un politico immensamente potente. Ebbene, nell’ipotesi di una vittoria elettorale riemerge ora una sinistra smemorata (per non dire peggio) che si tormenta nell’atroce dubbio che approvare subito dopo una legge che renda incompatibile, per esempio, la proprietà dei mezzi di comunicazione con l’esercizio del governo sia poco elegante, oltre che naturalmente non in linea con l’Illuminismo scozzese.
È la stessa disarmante mitezza che si nota sulla questione fiscale. Da una parte, tutti i maggiori quotidiani italiani rampognano giustamente l’Unione e il suo candidato premier per essersi fatto prendere, a dieci giorni dalle elezioni, in una subdola spirale incoerente di numeri, cifre, percentuali e aliquote facendo fare al centrosinistra, suo malgrado, la figura del «partito delle tasse», con effetti mediatici sommamente nocivi. Peccato però che altrettanta attenzione non venga riservata ai numeri di Berlusconi. Che può snocciolarli, come alla convention confindustriale di Vicenza, senza che nessuno provi a contraddirlo. Lo nota, purtroppo troppo tardi, Massimo Mucchetti sul Magazine del Corriere della sera [1]. Per esempio, non è vero, come ha detto il premier agli industriali, che le loro aziende si sono rivalutate del 50 per cento perché tanto sarebbe cresciuta la Borsa. A piazza Affari, infatti, l’indice Mib che misura la media delle quotazioni è aumentato solo del 6 per cento a partire dal 14 maggio. Scrive ancora Mucchetti che Berlusconi vanta un incremento del reddito delle famiglie da 56 a 59 milioni di lire, ma 3 milioni in 5 anni equivalgono a una crescita dell 0,6 per cento l’anno quando l’inflazione ha sempre oscillato tra il 2 e il 2,5 per cento. E così via.
Prodi viene fatto nero sulle risorse da trovare per abbattere i cinque punti di cuneo fiscale. Ma non abbiamo letto titoli che si ponevano lo stessa problema, con lo stesso vigore, per i tre punti in meno promessi dal Polo. Eppure, come bene ha spiegato Enrico Letta, sono soldi che verrebbero sottratti ai lavoratori. Il programma del ministro creativo prevede infatti che a coprire la riduzione sia il Fondo depositi e prestiti dell’Inps, che è quello che paga la cassa integrazione, l'indennità di disoccupazione e la malattia.
Ecco perché Prodi ha fatto bene ad alzare la voce e a dire quello che quei signori si meritano. Sarà pur vero, infatti, che se qualcosa può andare a destra, lo farà. Ma lo farà ancora meglio nel silenzio ovattato e complice dei toni bassi.
apadellaro@unita.it





[1]
CORRIERE DELLA SERA MAGAZINE
del 30/3/2006
I NUMERI DEL PREMIER? CONTESTABILI
(MUCCHETTI MASSIMO) a pag.26
newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArtic...


INES TABUSSO