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"Comunque, si tratta di atti processuali che non possono essere pubblicati, checché ne pensi qualcuno. Pur non essendo segreti, perché sono conosciuti dalle parti alle quali sono stati depositati, sono atti sempre sottoposti al divieto di pubblicazione"



CORRIERE DELLA SERA
3 gennaio 2006
L’INTERVISTA
Pecorella: gioco al massacro pubblicare quegli atti

MILANO - Onorevole Gaetano Pecorella, da deputato di Fi presidente della Commissione giustizia della Camera e da avvocato, cosa ne pensa della pubblicazione delle intercettazioni delle conversazioni di Fassino? «Mi pare un gioco al massacro che non riguarda solo Fassino».
Si spieghi meglio.
«Voglio dire che non devono essere pubblicate. O sono intercettazioni di rilevanza probatoria, e quindi c’è il rischio che la loro diffusione pregiudichi le indagini in corso, oppure non hanno rilevanza, e allora diventano un modo per delegittimare le persone che nulla di illecito hanno commesso, ma che possono essere toccate dalla peste solo per rapporti con chi magari si è reso responsabile di illeciti. Sono forme di delegittimazione che finiscono per riguardare un’intera classe economica o politica».
È un problema che riguarda solo i parlamentari?
«No. Riguarda chiunque».
È giusto o no che l’opinione pubblica sappia che un politico ha avuto o ha rapporti, in taluni casi addirittura d’affari, con personaggi coinvolti in scandali finanziari di questa portata?
«Non siamo nella descrizione di un fatto. Il diritto di cronaca si scontra con altri diritti non meno importati, come quelli alla personalità, alla riservatezza e alla correttezza delle indagini. Qui si entra nella vita delle persone. Credo che si debba informare l’opinione pubblica in modo che non si faccia idee distorte. Il fatto che un politico abbia avuto rapporti anche economici con un indagato non vuol dire nulla se quei rapporti sono leciti. Comunque, si tratta di atti processuali che non possono essere pubblicati, checché ne pensi qualcuno. Pur non essendo segreti, perché sono conosciuti dalle parti alle quali sono stati depositati, sono atti sempre sottoposti al divieto di pubblicazione».
Le intercettazioni di conversazioni alle quali partecipano parlamentari non vengono depositate e per utilizzarle ci vuole l’autorizzazione della Camera .
«Questa è l’utilizzabilità all’interno del processo, ma il divieto di pubblicazione è identico sia che le intercettazioni riguardino parlamentari o meno. Mi meraviglio che i magistrati non si attivino mai su questo, anche a tutela della loro stessa funzione».
Cosa intende dire?
«Il fatto che si facciano processi su paginate di giornali non agevola le indagini. La cosa più grave è che, in questi mesi di pubblicazioni, la magistratura non ha mai aperto un procedimento con la conseguenza che i giudici si formano l’opinione sugli imputati non nelle aule i giustizia, ma in base alle notizie che un giornale piuttosto che l’altro riesce a pubblicare».
Ritiene necessaria un’ulteriore norma per impedire la pubblicazione delle intercettazioni ?
«Sì. Per evitare che esse vengano messe in circolazione bisognerebbe prevedere che il giudice convochi le parti e che queste indichino quali registrazioni hanno rilevanza probatoria. Tutte le altre dovrebbero essere distrutte immediatamente. Così si eviterebbe che amenità come vicende amorose, fatti personali e politici vengano date in pasto all’ opinione pubblica».

Strano che i magistrati non indaghino mai sulle violazioni
È contro le norme rendere pubbliche le conversazioni
Giuseppe Guastella
INES TABUSSO