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DA SKIPPER A SKIPPER: NETTUNO CI PUO' GIUDICARE

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LA REPUBBLICA
22 dicembre 2005
Il ministro Castelli difende D'Alema: "Anche io ho un conto
alla Banca Popolare Italiana. Bisogna finirla con questo gioco"
Castelli: "Basta con il massacro
solo fango con mezzi illegali"
di LIANA MILELLA

ROMA - Che un leghista difenda un altro leghista non fa notizia. E il Guardasigilli Castelli sta dalla parte di Calderoli ("Aveva un fido alla Bpi, ma non ha toccato una lira"). Non fa notizia neppure che il ministro si comporti allo stesso modo con il suo vice Valentino di An, indicato da Fiorani come la "spia" che avvisò Ricucci delle intercettazioni. Per adesso, gli basta la smentita. Ma è la presunta rivelazione sul leasing per la barca di D'Alema a colpirlo. A sorpresa dichiara a "Repubblica": "Potrei godere del sospetto, ma sono scandalizzato". Quella notizia, per lui, è una non notizia.

Questa sì che è una notizia. Proprio lei difende il presidente Ds?
"La logica è sempre la stessa, per Calderoli, Valentino o D'Alema. Sbattere il mostro in prima pagina sulla base di indiscrezioni incontrollate e incontrollabili, come per i primi due, o sulla base di una vicenda del tutto paradossale, come per il terzo".

Perché la definisce così? D'Alema, il conto di Lodi ce l'aveva no?
"D'Alema, com'è noto, non è un politico particolarmente simpatico alla gente, e non lo è neppure a me. Anche lui, in questi anni, non ha resistito alla tentazione di coprirmi d'insulti. Stavolta potrei malignamente godere del fatto che viene centrato dal sospetto e dalla maldicenza. Invece, proprio per l'oggettività dei fatti, mi sento di difenderlo, perché qui si sta passando ogni limite".

Scusi, ma che limite si sta valicando? I giornali hanno pubblicato una notizia. Punto, e basta.

"Dobbiamo domandarci tutti se un uomo politico può vivere una vita come gli altri cittadini e, qualora agisca in piena legittimità, abbia il diritto di farsi i fatti suoi e vedersi anche tutelato nel farli. Il paradosso è che siccome Fiorani è diventato il mostro del momento, allora chi lo ha anche solo sfiorato è passibile di sospetto".

Qui si sta parlando di un conto in banca. Dov'è lo scandalo?
"Ma davvero è una notizia da prima pagina il fatto che D'Alema si sia comprato una barca in leasing? E che è andato da una banca che fino a qualche mese fa era rispettabile?".

Un politico non dovrebbe occuparsi, più di un cittadino qualunque, dei soldi che maneggia e degli interlocutori finanziari?
"E allora racconto la mia vicenda: avevo un conto di 3.200 euro alla Credieuronord, poi passato alla Bpi. Forse devo essere guardato con sospetto per questo? Come non bastasse, visto che sono un senatore, ho un conto anche alla Bnl, perché è la banca del Senato. Sono potenzialmente reo per entrambi i conti? Ma io, allora, i miei risparmi dove li metto? Questa caccia alle streghe è una pura follia".

Sarebbe perverso indagare su operazioni bancarie sospette e su elargizioni ai politici?
"Qui c'è un dato politico preoccupante: è ricominciato lo sport di colpire nel mucchio. Tangentopoli ha meritoriamente individuato molti ladri, ma ha coinvolto anche molti innocenti che hanno dovuto patire per anni prima di poterlo dimostrare. Al gioco al massacro io non ci sto. Stigmatizzo la corsa alle indiscrezioni incontrollate, alle notizie che si reggono solo sui "sarebbe". Chi mi dice che quello che leggo è vero? Tutta i politici devono riflettere, perché sta tornando la mentalità che se fai politica, allora significa che sei un individuo indegno e anche un po' losco".

Lei è il Guardasigilli, e così difende la classe cui appartiene e attacca le toghe che dovrebbe tutelare. Non è scorretto?
"Vedo con preoccupazione che si sta sollevando una marea di fango che rischia di colpire tutto e tutti. E tutto avviene con i soliti metodi che sono illegali".

Ma di che metodi parla?
"Leggo indiscrezioni basate sulla violazione del segreto istruttorio. Chi viola il segreto compie un reato. L'ho denunciato anche durante il dibattito sul ddl per le intercettazioni, ma mi sono sentito isolato. Ai magistrati dico: dovete trovare i colpevoli di un fatto insopportabile e rinviarli a giudizio, perché è troppo comodo colpire colpevoli e innocenti sulla base di notizie incontrollate".

Non sarà che sta proteggendo Calderoli?
"Ma è una calunnia. A Calderoli è stato acceso un fido di 130mila euro che lui non ha mai utilizzato".

E l'sms per dire che ai conti preferiva i contanti?
"Solo un'indiscrezione giornalistica".

È troppo comodo reagire così.
"E come si fa allora a difendersi? Nessuno può certificare che queste indiscrezioni siano vere".

I fatti contano, e dicono che voi leghisti avete sempre protetto Fazio, Fiorani e la Popolare anche perché di mezzo c'era il salvataggio della Credieuronord.[1] È un fatto.
"Io racconto un'altra storia, e dico come l'ho vissuta io. Ci sono stati dei sottoscrittori per costituire il capitale sociale, c'è stato l'ok di Bankitalia, ma la banca è stata gestita male e mi auguro che i colpevoli di una conduzione folle siano individuati e rispondano delle operazioni sbagliate. Però Credieuronord non è stata salvata né da Fazio né da Fiorani, ma da una sottoscrizione tra i cittadini, e tra questi ci sono pure io che ho messo mano al portafogli. Tirar dentro Giorgetti e Stefani, arrivati a cose fatte, è veramente ingeneroso".

E Valentino che avrebbe avvertito Ricucci delle intercettazioni?
"Lui ha smentito e ha minacciato querele. Fino a prova contraria io gli credo. Insisto, è il metodo che va condannato. Spero che dopo il caso di D'Alema anche a sinistra si rifletta che usare la magistratura per fare politica è come rischiare con gli apprendisti stregoni".

Lei chiede un salvacondotto per i politici.
"Non è affatto così. La magistratura faccia le indagini, rinvii a giudizio, commini pene esemplari, chi viene condannato sconti davvero la pena. Mi oppongo però al metodo vigliacco di violare il segreto. È un reato odioso, ma tollerato. Anch'io voglio comprare una barchetta in leasing, più piccola di quella di D'Alema perché così grande non me la posso permettere, e voglio sapere se sto per commettere un delitto".

La stampa deve informare la gente.
"Chi viola il segreto è un delinquente".

È colpa dei magistrati?
"Non so di chi è, ma è dovere dei giudici individuare chi commette un crimine".

La Lega ha cambiato pelle dai tempi di Tangentopoli quando Bossi plaudeva alle indagini contro Roma ladrona?
"Siamo sempre il partito degli onesti, non vogliamo i delinquenti nelle banche e nella pubblica amministrazione, ma neppure nei giornali e negli uffici giudiziari".







[1]
VEDI:

L'UNITA'
21 Novembre 2004
CrediEuroNord al capolinea, chiude la banca della Lega (di Sandro Orlando)

MILANO
Un'altra grana padana sta per abbattersi sullo sventurato Maurizio Balocchi, il fantasioso tesoriere della Lega, già amministratore di condominio, che da quando è passato a gestire realtà più impegnative non ne azzecca una. Dopo la messa in liquidazione di Babà (assicurazioni), e il fallimento di Bingo.Net (sale da gioco), Tele Golfo (emittenza locale) e Ceit (villaggi turistici), con relative denunce, pignoramenti e strascichi legali, un altro dissesto leghista si aggiunge al curriculum di Balocchi, quello del CrediEuronord, di cui l'attuale sottosegretario degli Interni è membro del consiglio di amministrazione.

La banca popolare della Lega ha infatti riunito ieri mattina i suoi numerosi soci alla periferia di Milano per modificare lo statuto e trasformarsi da cooperativa in società per azioni con finalità finanziarie, presupposto indispensabile per la cessione delle attività bancarie al gruppo Bipielle. È stato l'ultimo boccone amaro che i circa 3.500 piccoli azionisti della banca del Senatur hanno dovuto mandare giù, nella speranza di rivedere almeno qualche briciola del loro investimento. In cambio di due filiali, un negozio finanziario e uno sportello di tesoreria, la Bipielle si è impegnata infatti a versare alla neocostituita Euronord Holding 2,8 milioni di euro, che andranno a rimborsare i soci della defunta banca leghista, nel rapporto di 4 euro per ogni azione posseduta, rispetto ai 28 pagati al momento della sottoscrizione. Ma se non si volevano perdere anche quei pochi spiccioli, oltre alle obbligazioni emesse dalla CrediEuronord (altri 8,4 miliardi), che saranno rimborsate solo a partire dal 2006, non c'erano alternative.

In quattro anni di gestione allegra, la banca del Senatur ha eguagliato la tanto vituperata «Roma ladrona», dilapidando 20 milioni di capitale, tra perdite e crediti in sofferenza, per colpa della «labilità dei criteri per la selezione della clientela», delle «incoerenze della politica creditizia», del «degrado degli impieghi», come ha denunciato il governatore di Bankitalia dopo l'ispezione dell'anno scorso. E tra gli esempi di «affidamenti senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso», Fazio aveva indicato proprio i prestiti concessi dalla CrediEuronord alla società di un suo amministratore, la Bingo.Net del sottosegretario Balocchi, in perperfetto stile da inciucio romano.

Pastette che molti soci, per lo meno i più agguerriti, oggi non sono disposti a perdonare. «Chi ha sbagliato dovrà pagare», sentenzia furibonda una militante torinese, accorsa a malincuore all'ultima assise della cooperativa: «Ci credevamo – dice – era la nostra banca, l'aveva voluta il Segretario». A giugno i promotori del Manifesto Soci CrediEuronord avevano iniziato ad organizzare la fronda leghista. Obiettivo, impedire la vendita, sconfessando in assemblea lo Stato maggiore lumbard che siede nel Cda della banca, a cominciare dall'ex sottosegretario alle attività produttive Stefano Stefani (famoso per le sue fini disgressioni sui rutti dei tedeschi), dal sottosegretario al Welfare Alberto Brambilla e dal presidente della Commissione bilancio Giancarlo Giorgetti, oltre a Balocchi naturalmente. I quali addirittura si sono autotassati, pur di evitare l'ennesima bancarotta.

Alla fine però la rivolta non c'è stata, e per salvare il salvabile gli azionisti hanno accettato ieri di immolarsi. Ma ora molti di loro stanno già affilando le armi legali. L'idea è quella di avviare un'azione di responsabilità civile nei confronti degli amministratori, alcuni dei quali l'ex vicepresidente Giovanni Maria Galimberti, l'ex direttore generale Giancarlo Conti, l'ex responsabile della vigilanza Alfredo Molteni – sono già indagati nell'ambito di quel procedimento per presunto riciclaggio ai danni del tribunale fallimentare di Milano, che ha portato l'altro ieri a richieste di condanna per otto anni nei confronti dei vecchi proprietari di Radio 101 e di una loro commercialista. Ma quello che probabilmente molti soci della defunta CrediEuronord non sanno, è che la Bipielle si è garantita una via d'uscita grazie ad una clausola del contratto di cessione: se ci saranno procedimenti pendenti entro la fine dell'anno prossimo, la vendita sarà annullata. E anche i miseri 4 euro per azione dovranno venire restituiti.


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IL RIFORMISTA
16 Dicembre 2004
FLOP. IL DISASTRO DI CREDIEURONORD ERA STATO MESSO PER ISCRITTO, MA I SOCI PADANI NON SAPEVANO NULLA
Banca padana, la denuncia dei sindaci rimasta in naftalina
Così la nomenclatura della Lega controllava il cda dell’istituto
L’ispezione Bankitalia e il valore effettivo delle quote sottoscritte

La data del documento è quella dello scorso 15 novembre. I destinatari erano i componenti del Cda della banca e gli stessi soci interessati della Credieuronord, l’ormai famosa banca padana teatro di un piccolo crack e ad oggi messa (anzi promessa) in vendita a 2,8 milioni di Euro alla Popolare di Lodi. Purtroppo, però, molti dei soci le 63 pagine di relazione del collegio sindacale della banca, non le hanno mai viste e nemmeno mai le vedranno. Forse perché scritte in ritardo rispetto alla data di convocazione dell’assemblea soci che il 20 novembre sancì la dismissione dell’istituto ad un valore pari al 16% di quello iniziale del 2000. O forse perché, come si sussurra, il cda della banca (dove e si trovavano personaggi illustri della nomenclatura parlamentare e governativa leghista quali gli onorevoli Stefano Stefani e Giancarlo Giorgetti fra i primi e il Sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi), pensò bene fosse preferibile mettere il plico in naftalina, fuori portata dei 4000 soci padani. Questo, almeno sino all’Assemblea stessa. Ciò evidentemente nella convinzione che i convenuti in riunione avessero optato di rinunciare, attraverso la vendita alla Lodi, al piccolo rimborso di 4 euro per azione in luogo dei nominali 25,8 di soli quattro anni fa.

Quel che ha infatti spinto i tre componenti del collegio sindacale della Credieuronord a scrivere questo piccolo libro di memorie da consegnarsi anche ai soci, è stata l’amara constatazione dello stato delle cose. Che per farla breve a metà del mese scorso era più o meno questo. Molti soci erano ignari delle disavventure finanziarie, mentre un’altra buona parte ne era al corrente, ma i dirigenti leghisti avevano sempre detto che le responsabilità dei fatti erano riconducibili a soggetti non direttamente legati al Carroccio il quale, invece, si stavano prodigando per cercar soluzioni. In particolare, i sindaci, hanno assunto questa decisione avendo udito a Radio Padania le parole di Giuseppe Tronconi, ultimo Presidente del Cda della Credieuronord, il quale lo scorso 12 novembre aveva detto: «Nell’ambito delle indagini interne che si stanno effettuando, se del caso ci saranno i coinvolgimenti anche di avrebbe dovuto controllare e non ha controllato». Collegio Sindacale compreso, ovviamente. Ma poiché i componenti l’organismo evidentemente erano di tutt’altro avviso, ed avendo letto quanto scritto potremmo dire che in buona parte avevano ed hanno buone ragioni, hanno pensato bene di far sapere la loro verità ai soci che però, come detto, non hanno saputo quasi nulla.

Ed ecco dunque qui, le verità del collegio sindacale. Contenute in diverse lettere di segnalazione indirizzate a Banca d’Italia dopo la scoperta che quest’ultima aveva fatto durante la sua ormai famosa ispezione della primavera 2003. E contenute in diversi verbali di riunione del collegio stesso, verbali tutti girati al cda, nei quali i sindaci lamentavano diversi fatti. I più significativi dei quali li ritroviamo nel corposo resoconto della riunione del 6 Novembre 2003 durante la quale i sindaci misero nero su bianco 13 punti di criticità facendo agli stessi la seguente premessa: «Il collegio sindacale, in questo momento di difficoltà dell’Istituto, ritiene opportuno puntualizzare le seguenti disfunzioni affinché il cda possa con ancor maggiore energia e determinazione provvedere a far fronte alle necessità di cui con questa nota se ne può prender conoscenza». Una severa reprimenda iniziale per poi ricordare al cda, di «leggere il libro delle adunanze dei sindaci», «di dotare il settore contabilità di personale idoneo», «dotare la banca di un organo responsabile per gli adempimenti formali legati alla vita della società stessa», «di dotare con urgenza la banca di una persona di alto profilo per gestire l’Istituto», «ridurre le spese per conseguire tutti i risparmi possibili stante l’analisi di tutti i crediti anomali con annesse imputazioni a perdite di molti degli stessi in sofferenza», «avere presente, a proposito di affidamenti, sconfinamenti ed operatività sugli impieghi, che i sindaci manifestano preoccupazione sulla quale già fiumi di inchiostro sono stati scritti da tempo», «fare in modo che il resoconto di auditing interno, rivelatosi di giudizio insufficiente, sia regolarmente oggetto dell’odg della banca», ed infine «di valutare la responsabilità che gli organi sociali hanno nell’accogliere le sottoscrizioni e i versamenti di capitale sociale chiedendo sempre lo stesso importo nominale con il sovrapprezzo deciso in passato a fronte di una situazione attuale in cui si sa che la società è in forte perdita e ha già eroso notevolmente il proprio patrimonio ».

Significativi, in proposito di quest’ultima segnalazione, i commenti verbalizzati dei sindaci: «è ovvio e lecito pensare -scrivevano sulla delicata questione- che i nuovi soci e i nuovi sottoscrittori avrebbero un atteggiamento ben diverso se conoscessero la situazione economica attuale della Banca». Naturalmente, non risulta che questo suggerimento sia stato in una qualche misura considerato con il risultato che sino a tutto li 30 aprile 2004, le quote azionarie della banca venivano sottoscritte al prezzo di nominali 25,8 euro. Ciò, pare evidente, pur sapendo di propinare al sottoscrittore e/o neosocio, quantomeno un titolo gonfiatissimo. Insomma, a conti fatti, siano essi tecnici o meramente di opportunità politica visto l’intreccio che quest’ultima ha avuto da sempre nel caso della Credieuronord, pare proprio di capire, documentalmente, che le motivazioni della crisi finanziaria della banca padana vadano, come sembrò sin da principio, proprio ricercate nei suoi stessi amministratori. Laconico il commento conclusivo della relazione stessa. Nella quale si legge che, dopo tutti i documenti citati, «rappresentano solo i momenti più significativi» di attività dell’organo sul quale il cda per voce del suo attuale Presidente ha tentato di scaricare alcune colpe, appare chiaro che «il collegio sindacale è stato il primo -anche prima del verbale di Bankitalia- a denunciare la cattiva gestione della Banca». Purtroppo, però, per i militanti e simpatizzanti leghisti che nella Credieuronord avevano messo quattrini, ciò non è stato abbastanza. Qualcuno, valutate le rilevanze segnalate dai sindaci, ha chiuso occhi e orecchi.

Un esempio? Era il 25 settembre 2003 e in pieno marasma finanziario, durante una riunione del collegio, giunge notizia, regolarmente verbalizzata, che è «pervenuta alla banca ordine di bonifico in uscita da parte della Fondazione Banca del Monte di Lombardia per un importo di 6 milioni di Euro custoditi sul conto verde. Tenuto conto dell’entità della somma», dissero i sindaci, «unitamente al livello dei crediti anomali, si ritiene urgente una verifica sulla situazione attuale della liquidità bancaria». Per una curiosa coincidenza padana, il dott. Gianmaria Galimberti era componente del cda di Credieuronord ed anche di quello della citata Monte di Lombardia.


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IL RIFORMISTA
Sabato 5 Febbraio 2005
BANKITALIA
La Lega fa una piroetta diventa fazista e ringrazia

Una piroetta da niente, come si suol dire, quella della Lega su Bankitalia. Dopo aver passato un anno e mezzo col coltello tra i denti chiedendo ragione all'istituto centrale dell'omessa o inadeguata vigilanza su questo o quello scandalo del risparmio, dopo aver polemizzato all'arma bianca con gli esponenti politici più determinati a difendere Fazio - fossero dell'Udc o di Forza Italia o di An, comunque quasi tutti della maggioranza - ecco che il ministro Maroni ieri ha rivelato che era tutto uno scherzo. Alla Lega è apparsa improvvisamente un'estatica visione che l'ha fatta cadere da cavallo sulla via Nazionale. In aula a Montecitorio si rimangerà i voti espressi in commissione sulla riforma del risparmio, sposerà la linea Berlusconi-Fazio a difesa del mandato a tempo indeterminato del governatore e dell'intangibilità dei suoi attuali poteri di vigilanza. La ragione addotta è di non consentire agli odiati olandesi di Abn Amro di mettere magari le zampe sul controllo della "padana" AntonVeneta. Cioè una banca in cui da anni sono presenti ma senza poter contare e crescere come le proprie possibilità ed economie di scala renderebbero possibile, esattamente come in Capitalia. Inutile sottolineare che la difesa della "padanità" dell'Antonveneta fa abbastanza sorridere, rispetto a elementi assai più concreti. Il capo della Popolare di Lodi Fiorani, che si candida da mesi a varare un'aggregazione tra la sua banca e Antonveneta convincendo gli olandesi a preferirlo ai romani, è personalmente amico di Roberto Calderoli.In queste settimane Fiorani ha il suo bel daffare perché Bankitalia non gli si metta per traverso. tanto da aver anche querelato il direttore di un quotidiano finanziario che improvvisamente - da che Fiorani ha rotto la solidarietà con Geronzi - gli spara addosso descrivendo lo stato patrimoniale della Bpl come fosse un'emmenthal, mentre nelle 35 aggregazioni autorizzate negli ultimi anni da Bankitalia applaudiva sempre.La divertente coincidenza è che mesi fa è stata proprio Bankitalia, a salvare con discrezioni la Credieuronord fondata da esponenti leghisti e che aveva accumulato perdite e sofferenze per un terzo degli impieghi. Anziché avviarla all'amministrazione controllata, Bankitalia con un compiaciuto sorriso la fece salvare e sapete da chi? Ma dalla Bpl di Fiorani, naturalmente. Non è in fondo sbagliato, che in Bankitalia pensassero che la Lega fosse irriconoscente, e che qualcuno si sia dunque riservatamente incaricato di ricordare a Bossi che i favori ricevuti si restituiscono.


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LA REPUBBLICA
7 Febbraio 2005
PRIMO PIANO
Il cavaliere bianco in difesa della Banca Padana (di Alberto Statera)


Il sussulto di nazionalismo del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio a difesa dell'italianità delle nostre banche si è spinto fino alla Nazione Padana. Non perché i padani di Bossi minacciassero moneta alla mano, come gli olandesi o gli spagnoli, di voler scalare i nostri istituti di credito. Al contrario, perché avevano una certa urgenza di salvarsi dal disastro la Banca della Padania appioppandola all'Italia. Lanciata tra i militanti nelle sezioni della Lega nel ‘98, in era secessionista, la Banca Popolare CredieuroNord viene costituita il 21 febbraio 2000 e comincia a operare nel novembre 2001 con 2600 soci e 19 miliardi di capitale. Bastano un paio d'anni per farne un piccologrande crack. Piccolo perché, per quel che se ne sa, si tratta di un buco di una decina di milioni di euro, grande per la gravità delle irregolarità nella gestione del credito trovate dagli ispettori della Banca d'Italia e per i nomi dei personaggi coinvolti. Primo Maurizio Balocchi, sottosegretario all'Interno e tesoriere della Lega, amministratore della banca e al tempo stesso debitore come amministratore unico della società BingoNet, fallita nel 2003. Poi una pletora di personaggi più o meno illustri della Lega entrati in Consiglio d'amministrazione in varie fasi, tra i quali i sottosegretari Alberto Brambilla, Stefano Stefani e Giancarlo Giorgetti. Per tamponare il fallimento leghista, che lascia tremila soci (ex) militanti imbufaliti, era stata officiata la Popolare di Milano che, visti i conti, è scappata a gambe levate. A questo punto compare il cavaliere bianco che si prende il crack della Lega con la benedizione di Fazio, che se non riuscirà a bloccare l'orda d'oltralpe, avrà almeno placato in nome dell'italianità il secessionismo padano e convinto i leghisti a votare contro il mandato a termine del governatore, come ha già promesso il ministro Maroni. Il cavaliere bianco di Fazio risponde al nome di Gianpiero Fiorani, ragioniere quarantacinquenne, ex giornalista dell'Avvenire, da sei anni amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi, una banchetta di provincia con molti problemi, con una quota di bad loan tra i peggiori in Europa. In quattro anni Fiorani si è preso l'Iccri, l'Efibanca, la Popolare di Crema, le casse di Risparmio di Livorno, Lucca e Pisa, la Casse di Imola e Pescara, le Popolari del Trentino, di Mantova e di Bronte, il Banco di Chiavari e la Popolare di Cremona, con una coda di accuse per insider poi archiviate. E ora mena le danze nella tormentata vicenda dell'Antonveneta contro il colosso Abn Amro, che non ha intenzione di perdere il suo ruolo strategico e, governatore o non governatore, potrebbe lanciare un'Opa. Molti si chiedono non solo perché Fazio ha più paura degli stranieri che dei palazzinari e dei discussi finanzieri alla Chicco Gnutti e alla Giovanni Consorte che infestano le banche, ma anche perché ha scelto il ragioniere di Codogno come gendarme dell'italianità. E fioccano le leggende metropolitane, spesso troppo italiote per essere del tutto autentiche. Come quella del ruolo di consigliere spirituale ma anche finanziario di don Luigi Ginami, giovane prete mondano che ha celebrato il matrimonio della figlia di Geronzi e l'anniversario di matrimonio di Fazio, meritando un articolo encomiastico su "Bipielle Magazine" firmato Maria Teresa Fazio, la figlia del governatore. Un po' poco per spiegare il ruolo del ragionier Fiorani e dei palazzinarifinanzieri che nei consigli delle banche sono l'incarnazione dei conflitti d'interessi e vanificano le norme antitrust che la Banca d'Italia deve far rispettare. Il minicrack della Banca della Lega è l'epitome di ciò che sta avvenendo nel sistema bancario italiano, in una confusa fase di riallocazione d'interessi, che qualche giorno fa ha visto anche un' irrituale intesa tra il governatore e il presidente del Consiglio. Se questa è la linea del Piave dell'italianità, c'è forse da augurarsi che qualche grande banca straniera prenda il controllo di banche italiane.


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CORRIERE DELLA SERA
Domenica 7 Agosto 2005
FINANZE PADANE
LA LEGA E FAZIO (di Gian Antonio Stella )


«Dottore in teologia mortale»: quando La Padania lo chiamava così tempestandolo di richieste di dimissioni, l' idea che Antonio Fazio sarebbe stato accanitamente difeso un giorno dalle milizie celtiche pareva impossibile. Mai dire mai. Lo dimostra uno dei tanti titoli di questi giorni del quotidiano leghista. Il titolo è: «Roma padrina / Chi c' è dietro l' attacco a Fiorani e alla nuova finanza padana?». Un voltafaccia stupefacente perfino in un Paese trasformista come il nostro. Incoraggiato dal miracoloso salvataggio, mesi fa, di quella che avrebbe dovuto essere la Gran Banca Padana. Sprofondata in pochi mesi in un abisso di debiti. Scrive oggi Gianluigi Paragone, che della Padania è il quinto direttore in sette anni: «Fiorani non lo conosco. So che ha comprato Credieuronord, la banca considerata della Lega...». Ed è lì, la storia da raccontare: nella scelta furbina di quel distaccato aggettivo: «considerata». Gli oltre tremila sventurati caduti nella trappola, quasi tutti leghisti duri e puri, se la ricordano bene, infatti, la campagna che portò all' avventura finanziaria nella quale molti hanno perso tutti i loro risparmi. «Anch' io sono socio fondatore della Credieuronord. E tu?», sorrideva rassicurante in una foto l' Umberto. Il quale, in altre pubblicità, tuonava: «Finalmente una banca nostra». Cioè «una banca padana e dei padani». Lui stesso illustrava lo sforzo chiesto: «Ogni azione vale 50 mila lire e il minimo d' acquisto è di 20 azioni, un milione, per studenti, casalinghe e pensionati». Appello: «Avanti, non perdiamo la grande occasione». E nacque, la banca padana. Era il gennaio 2001, aveva 2.615 soci, poco più di 17 miliardi di capitale e Gian Maria Galimberti, allora vicepresidente, gongolava sul quotidiano leghista: «Abbiamo dato concretezza agli ideali del Carroccio». Cioè? Cioè, rispondeva il «banchiere», la «realtà nata sul prato di Pontida» si presentava «come una banca estremamente moderna». E basta con le voci maligne: «certo non saranno fatti dei prestiti graziosi». Un anno dopo, la Padania pubblicava un pezzo esultante: «Credieuronord, una sfida vinta». Diventato presidente, Galimberti spiegava stavolta che il pareggio era lì lì: «Anzi, l' abbiamo già raggiunto con il primo trimestre 2002». Un trionfo: «Le cifre parlano chiaro: 54 miliardi di raccolta e 20 miliardi di prestiti erogati nei sei mesi del 2001». Di più: «Ora il capitale è di 13 milioni di euro, circa 26 miliardi». E il futuro era ancora più roseo: «Abbiamo presentato un piano di apertura per 15 sportelli in 5 anni, 4 solo nel 2002 a Bergamo, Brescia, Treviso e Milano. Parallelamente sorgeranno sportelli a Vicenza, Fossano, Cuneo, Busto Arsizio, Como...». Insistere, insistere, insistere, raccomandavano le segreterie provinciali come quella di Bergamo controllata da Roberto Calderoli: «Occorre che i nostri risparmi finiscano sui conti della Banca Popolare Credieuronord». Come andassero le cose, nella realtà, l' avrebbero ricostruito nel marzo 2003 gli ispettori di Bankitalia: «incoerenze nella politica creditizia nonché labilità dei crediti»; «scarni resoconti delle riunioni consiliari» talvolta «redatti a distanza di mesi»; «ridotta cultura dei controlli»; «scarsa cura prestata alle evidenze sui grandi rischi»; «ripetuti sconfinamenti autorizzati dal Capo dell' esecutivo» e «acriticamente ratificati dall' organo collegiale». Insomma: un colabrodo. Al punto che, a meno di due anni dalla nascita, il buco era già di 8 milioni e mezzo di euro in crediti difficilmente esigibili di cui 4,7 già dati per persi. Cos' era successo? Lasciamo rispondere a Bruno Tabacci: «Con 4-5 affidamenti si sono mangiati tutto il capitale». Soldi dati «senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso», scrissero gli ispettori, ad amici. Come la moglie di Franco Baresi Maura Lari. O il leader dei Cobas del latte Giovanni Robusti. O la società (fallita) Bingo.Net che aveva come soci leghisti di spicco quali Enrico Cavaliere (già presidente del consiglio del Veneto) e Maurizio Balocchi, tesoriere della Lega, sottosegretario e addirittura (sic!) membro del Cda della banca. Peggio: stando alle inchieste, la banca era servita a far girare (senza una segnalazione all' Ufficio Italiano Cambi) un fiume di soldi fatti sparire al tribunale fallimentare da Carmen Gocini per conto di Angiolino Borra, il padrone di Radio 101 che la Lega aveva a suo tempo suggerito per il Cda della Rai. Risultato: i poveretti che avevano messo i risparmi nella banca della Lega («cosa che si erano ben guardati dal fare troppi ministri, deputati e senatori», accusano negli esposti e nei forum su internet che traboccano di amara delusione) si sono ritrovati con un pugno di mosche: 2,69 euro ad azione contro i 25 (o 2[SM=g27989] investiti. E sulle teste dei leader coinvolti ai massimi vertici del moribondo istituto bancario (Stefano Stefani, Maurizio Balocchi, Giancarlo Giorgetti...) si addensavano nubi foschissime. Era tale, il nervosismo, che la rabbia contro Fazio per la gestione dei casi Cirio e Parmalat pareva trarre nuova forza. Sergio Rossi accusava il Governatore di essere «un incapace». Francesco Moro lo abbinava a Don Abbondio. Federico Bricolo gli intimava di dimettersi giacché «la gente si chiede come mai Beppe Grillo sapesse mentre il Governatore ignorava tutto». Mimmo Pagliarini strillava ai «grandi truffatori della finanza italiana, che con la complicità anche di alti vertici istituzionali vogliono appropriarsi dei risparmi degli italiani». Alessandro Cè ordinava: «Deve dimettersi». E per le strade di Milano sfilavano fiaccolate leghiste: «Fazio, vattene!». Poi, miracolo, si affacciò un uomo: Gianpiero Fiorani. Che si fece carico, con la sua Popolare di Lodi, dell' ormai defunta banca leghista. Spazzando via gli incubi, anche penali, dei protagonisti della catastrofica impresa. Era il 5 ottobre 2004. E le ostilità, improvvisamente, cessarono come di colpo si quietano certi uragani caraibici. Come non voler bene a Fazio, venerato ora come il Sant' Antonio della finanza padana?


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LA PADANIA
9 agosto 2005
STIAMO PARLANDO DI CREDIEURONORD O DEL BANCO DI NAPOLI?
GIANLUIGI PARAGONE

Mai come in queste ultime settimane ho sentito parlare di Credieuronord. Credieuronord è la banca su cui la Lega puntò per stare vicino ai risparmiatori, ai piccoli imprenditori, artigiani, famiglie padani. Secondo molti politici dell’opposizione e non (Tabacci guida la truppa) e, secondo molti giornalisti, questa banca sarebbe la chiave di volta per capire le attuali posizioni del Carroccio rispetto alla vicenda Fazio, Fiorani e compagnia intercettata.
Ne ho lette talmente di grosse che vorrei girarvi una domanda: ma di cosa stiamo parlando? Sta’ a vedere che ora Credieuronord è come il Banco di Napoli o il Banco di Sicilia...
Ma stiamo scherzando? Stiamo parlando di una banca con due agenzie e quattro sportelli messi in croce... Certo, errori ne sono stati fatti e ne parleremo ma non ci sono stati interventi pubblici di salvataggio come qualcuno potrebbe pensare leggendo alcuni articoli: al contribuente, al cittadino non è costato un centesimo di euro: non come il Banco di Napoli o il Banco di Sicilia per salvare i quali a noi tutti, a me e a te che mi stai leggendo, sono costati alcune centinaia di miliardi di vecchie lire. Quindi, vediamo di riportare alla giusta dimensione la vicenda Credieuronord.
Come ormai tutti ben sanno - perché la libera stampa non ha lesinato commenti, inchieste, analisi, articoli, e tricche tracche vari - Credieuronord è stata acquistata lo scorso ottobre dalla Banca Popolare di Lodi di quel Fiorani di cui oggi tanto si parla, perché tanto si è intercettato... Per dirla con il linguaggio di molti colleghi, Credieuronord sarebbe stata salvata dopo un crack che dal Corriere al Riformista passando per Repubblica, Messaggero, Stampa eccetera è stato via via definito come il peggio possibile e immaginabile, la vergogna delle vergogne, lo spreco degli sprechi. Un crack, sembrerebbe, da far impallidire anche il rosso del Banco di Napoli.
Non ultimo è stato Gian Antonio Stella (nostra vecchia conoscenza...), domenica scorsa sulle colonne del Corriere della Sera, a verbalizzare la genesi di Credieuronord e quindi il “voltafaccia” leghista e del quotidiano che dirigo. Anche stavolta la penna di punta del Corsera nella fretta di giudicare con piglio moralizzatore, si dimentica di fare bene il giornalista (a meno che Stella non sia più iscritto all’albo dei giornalisti ma a quello dei predicatori), si dimentica cioè di informarsi sugli elementi essenziali della notizia.
Ho preso tre articoli a caso: Riformista, Repubblica e Corriere. L’apertura della banca padana per il Riformista è del febbraio 2000, per Alberto Statera di Repubblica è del 21 febbraio 2000 (risposta corretta: bastava leggersi l’atto notarile) e per Stella del Corriere no: lui decide che la banca padana nasce nel gennaio 2001. Uno che sbaglia il punto di partenza può essere credibile per tutto il resto del pezzo? Provate in una equazione algebrica a sbagliare i primi passaggi e poi ne riparliamo...
Ma sì, sono dettagli: non è questo quello che importa, così come non importa se il numero dei soci per Stella sono 2615 (nel 2001) e per il Riformista quasi quattromila nel 2000. Sempre inutile dettaglio è il capitale sociale: poco più di 17 miliardi per Stella, 19 miliardi per Repubblica e quasi 15milioni di euro per il Riformista. Dettagli no? Non vi dico sui numeri riguardanti i debiti: ognuno ha sparato la sua cifra.
Di dettaglio in dettaglio, ognuno ricostruisce la sua personale storia di Credieuronord. Tutti però convengono su due punti: che la Lega è voltagabbana perché ora salverebbe Fazio dopo che Fiorani ha comprato la banca padana; che anche la Lega ha le mani in pasta, altro che rivoluzionari!, e potremmo proseguire ancora un po’ sui loro commenti e interpretazioni. Li capisco: e quando gli capiterà più un’altra storia come questa per azzannare Bossi (qui tirato in ballo come se fosse stato il presidente o l’amministratore generale o il direttore della banca) e sugli altri lumbard?
La comparazione di alcuni articoli su Credieuronord e sulle ricadute politiche era doverosa da parte mia per dimostrare, nell’ordine: 1) quanta confusione ci sia nei giornalisti; 2) quanto poco interessi loro la verità sulla banca; 3) il vero intento politico, denigratorio nei confronti della Lega e dei suoi vertici. Altro che informazione!
Adesso, tocca a me. La mia onestà ovviamente mi impone di dirvi che la verità che vi sto raccontando è un punto di vista; al pari di quegli altri punti di vista camuffati a verità raccontati dalle stelle del firmamento giornalistico. Per il direttore della Padania è fin troppo chiaro il conflitto di interesse nel raccontare alcune cosette forse anche inedite. Io però lo ammetto e mi piacerebbe che anche qualcun altro lo dicesse: perché Gian Antonio Stella non ci racconta mai dei chiaroscuri di Montezemolo o degli altri potenti che sono nel patto di sindacato del Corrierone? O perché nessuno avanza il dubbio che la pubblicazione delle intercettazioni potrebbe favorire (direttamente o indirettamente) l’attuale assetto di Rcs? E ancora perché Stella, il moralizzatore, non ci racconta niente degli sprechi di Fiat o della cessione del 5 per cento della Ferrari agli arabi? Quante cose potrebbe raccontarci il Maestro magro di via Solferino invece di rimasticare le solite cattiverie sulla Lega, quella Lega grazie alla quale il giornalista ha fatto fortuna vendendo libri e raccontando il miracolo del Nord-Est?
Lui che spulcia nella cronistoria delle agenzie, nelle dichiarazioni dei politici, perché non fa la cronistoria delle dichiarazioni della Lega nel periodo in cui Credieuronord stava per essere acquistata dalla Banca Popolare di Lodi? L’operazione di Fiorani andò in porto il 5 ottobre 2004, in quel tempo e nei mesi successivi, la Lega sparava ad alzo zero contro Fazio per la mancata vigilanza sui crack (quelli veri, mica quelli di Credieuronord...) Parmalat e Cirio e per l’emissione allegra dei bond Argentina. In tutto quel periodo, la Lega continuò a chiedere conto al Governatore. Se avesse veramente cercato una captatio benevolentiae, certe dichiarazioni precedenti, contestuali e successive alla acquisizione della “sua” banca sarebbero state al bromuro e non al veleno. Le vadano a prendere, Stella e gli altri, quelle dichiarazioni. Vadano a prendere quello che io stesso scrivevo giovedì scorso proprio su Fazio. Glielo sintetizzo in due parole: Fazio resta il Governatore di scelte assolutamente sbagliate (tipo quelle su Cariplo) e di controlli rigidi omessi. Nessuno sconto, anche perché non ci sono ragioni per concedere sconti.
La Lega non deve dire grazie a Fazio per le sorti di Credieuronord; Bankitalia quando ha fatto le sue ispezioni nella banca padana non ha concesso sconti né trattamenti di favore, com’era giusto che fosse. Ha controllato, ha evidenziato sofferenze, ha indotto l’assemblea a un nuovo Cda, a nuovi dirigenti e managment; ha permesso all’assemblea dei soci di avviare poi un’azione di responsabilità nei confronti del presidente Gian Maria Galimberti. Sul suo operato vedremo cosa deciderà il tribunale civile di Milano.
Mi potreste domandare: ma è vero o non è vero che i tremila soci sono usciti malconci? E chi lo mette in dubbio; vedersi svalutato dell’80 per cento il proprio investimento iniziale non è esattamente l’idea che uno ha per far “crescere” i propri soldi. Ciò nonostante, tutti i passaggi delicati di Credieuronord sono stati ratificati dalla maggioranza dei soci; sempre. Prova ne è che quando la Lega Padana di Bernardelli tentò di capitalizzare politicamente la protesta dei soci delusi si ritrovò con un pugno di mosche in mano: vedetevi i dati elettorali...
In un precedente articolo scrivevo che un’altra banca si era detta interessata a rilevare Credieuronord: si trattava di Banca Popolare di Milano. L’avrebbe fatto subordinando l’accordo a un aumento di capitale. Ricapitalizzazione che fu fatta. Tenete conto che, dopo le ispezioni di Bankitalia, ogni passaggio fu eseguito sotto la regia di Consob. Bankitalia diede parere positivo all’accordo con la Bpm; anche l’assemblea dei soci ratificò quell’intesa di massima.
L’operazione sembrava volgere verso l’esito positivo ma - magia - Bpm si dileguò. Perché? Non bastavano le valutazioni positive di Consob e Bankitalia? Ci fu un input politico di non salvare la banca vicina alla Lega?
Così il nuovo managment parte alla ricerca di un altro partner: in ballo ci sono Banca Sella e Banca Popolare di Lodi. Il Cda di Credieuronord sceglie Lodi cedendogli il ramo d’azienda. Qual è il progetto vincente di Fiorani? Tenete conto che non si parlava minimamente di Antonveneta e Fiorani aveva invece comprato molte banche in difficoltà. È il progetto di una graduale fusione con la società quotata in borsa, Reti Bancarie spa; è l’inquadramento della Credieuronord nel progetto di Bpl.
Salvataggio o operazione finanziaria, dunque? Vedetela come vi pare, ma se uno compra azioni a 4,1 euro (contro i 25 di quattro anni prima), se uno assorbe due agenzie in centro a Milano e a Treviso e se uno si porta a casa (...in questi momenti non facili per il mondo del credito) tremila soci, cioè tremila clienti, secondo me fa un affare. Non si piglia una sòla. Né ha fatto beneficenza. Certo, Fiorani non è un pisquano e sapeva che il risvolto politico sarebbe venuto da sé. Fiorani s’è costruito una cambiale politica, insomma? In un certo senso sì e mi spiego. Quando è venuto il tempo in cui Fiorani parlava dell’idea di scalare Antonveneta (storia dei nostri giorni), la Lega si dice d’accordo. Gli sta accanto. Per il Carroccio è la realizzazione di quella prospettiva che mosse la creazione di Credieuronord e cioè avere una grande banca lombardo-veneta da mettere accanto alle famiglie e agli imprenditori padani. Una banca del Nord. Quella banca che Roma Padrina impedirà sempre di fare.
Ps. Gian Antonio Stella, sul Corsera, scrive che “un fiume di soldi fu fatto sparire al tribunale fallimentare da Carmen Gocini per conto di Angiolino Borra padrone di radio 101”. C’è un’azione legale in corso con l’accusa di riciclaggio e vede coinvolti due funzionari di banca (e non i dirigenti come altri hanno scritto) di Credieuronord rinviati a giudizio dal pm e su cui si deve ancora pronunciare il gip: eravamo vicini alla pronuncia ma chissà come mai quel gip che stava per pronunciarsi è stato trasferito e quindi bisogna aspettare ancora un bel po’. Cosa c’entra con il casino in corso? Semplice, da quella decisione dipende la seconda fase di attuazione della fusione con Reti Bancarie spa, la società di Fiorani quotata in borsa... Coincidenze anche queste?
Gianluigi Paragone


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LA STAMPA
5 Ottobre 2005
Bpi nei guai per la banca della Lega (di Paolo Colonnello)
La Procura di Milano ha aperto un fascicolo sul caso Credieuronord


INDAGINI LA GUARDIA DI FINANZA NELLA SEDE DELL’EX BPL ALLA RICERCA DEI DOCUMENTI SUL PASSAGGIO DI MANO DELL’AZIENDA LUMBARD

MILANO
Per ora è un risvolto secondario dell’indagine principale sulla scalata Antonveneta. Ma presto potrebbe diventare un terremoto politico. La Procura di Milano, in gran segreto, nelle scorse settimane ha infatti deciso di aprire un fascicolo dedicato al salvataggio che la ex Popolare di Lodi guidata da Gianpiero Fiorani fece della Credieuronord, la cosiddetta «banca della Lega». Istituto di credito con pochi sportelli, conti disastrati e un pesante sospetto di riciclaggio, la Credieuronord nelle intenzioni di Umberto Bossi sarebbe dovuta diventare «la banca che si rivolge al tessuto sociale e produttivo che fa riferimento alla Lega». Successe invece che nel 2004 la banca si vide costretta a chiedere e ottenere l’intervento di Bpl, all’epoca in piena espansione, che, stimandola in tutto 2 milioni e 800 mila euro, la inglobò dandole il nome di Euronord Holding. Storie che sembravano dimenticate ma che con l’inchiesta sugli affari di Fiorani sono tornate prepotentemente alla ribalta tanto da spingere il pm Riccardo Targetti, che già si era occupato dell’istituto di credito per un’altra inchiesta, a spedire nei giorni scorsi un consistente drappello di uomini della Guardia di Finanza del nucleo provinciale nella sede lodigiana della Bpi, ex Bpl. In mano le Fiamme Gialle avevano un ordine di esibizione per acquisire i documenti che trattarono la cessione e l’acquisto di Credieuronord. Tutto nasce da un’altra inchiesta, quella sugli affari dei fratelli Borra - proprietari della storica emittente radiofonica 101 One-o-One (acquistata ora da Mondadori) - con la commercialista Carmen Goncini accusata di aver sottratto milioni di euro dalle casse del tribunale fallimentare milanese (circa 70 miliardi di lire) versandoli, prima di farli sparire, proprio sui conti della banca padana. Per l’esattezza vennero versati 64 assegni circolari per 13,2 milioni di euro sul conto corrente 920/47, intestato alla radio, di cui 6,9 milioni di euro riversati in seguito su altri conti della stessa filiale «ma attribuendo falsamente a tali operazioni di giro conti» l’apparenza «di un prelevamento in contanti da un conto e di versamento in contanti su altri». A quale scopo? Secondo i giudici del tribunale che hanno condannato in primo grado a 8 anni di reclusione i tre protagonisti della vicenda, l’obiettivo era «ostacolare l’individuazione della provenienza illecita del denaro e della sua destinazione ultima». Che non si è mai capito bene quale fosse anche se in parte i magistrati sospettano che quel denaro sia servito ai Borra per acquistare un intero arsenale di carri armati, vecchi Mig, auto, moto e armi di vario genere dall’ex impero sovietico. Tutte nascoste in un paio di hangar nell’Oltrepo pavese. Una strana passione, un po’ inquietante sulla quale i magistrati non hanno ancora smesso d’indagare.


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LA STAMPA
6 Ottobre 2005
L’inchiesta Credieuronord è per riciclaggio (di Paolo Colonnello)


FINANZA E FALLIMENTI IL SOSPETTO EMERGE DALLE CARTE DELL’INDAGINE SUL SALVATAGGIO DELLA BANCA DELLA LEGA OPERATO DALLA EX POPOLARE LODI

MILANO
L’inchiesta è “contro ignoti” ma il reato è preciso e pesante: riciclaggio. E riguarda, in mancanza, per ora, di persone fisiche, il soggetto giuridico e la gestione di Credieuronord, ovvero la fallita banca della Lega. È questo il tema dell’inchiesta aperta alcuni mesi fa dal pm Riccardo Targetti e che ha portato nelle scorse settimane la Guardia di Finanza negli uffici lodigiani della Bpi per acquisire i contratti di cessione della Credieuronord nonchè libri contabili, attivi e passivi e documenti vari sulla passata gestione della sconclusionata banca padana. Una banca fallita nei fatti ma non sulla carta visto che, a un passo dal baratro, nella primavera del 2004 l’istituto di credito voluto da Bossi venne salvato dalla Bpl di Giampiero Fiorani che ne inglobò una buona parte trasformandolo in holding e pagandolo il 16 per cento in meno del valore iniziale, cioè 2,8 milioni di euro, ovvero 4 euro per azione contro i 25,8 sborsati dai 4.000 piccoli investitori solo 4 anni prima e fino alla data del 30 aprile 2004. Meglio di niente, dato che lo stato contabile della banca leghista era in stato comatoso, con 13 milioni di euro in crediti inesigibili, 8 milioni di euro di perdite solo nel bilancio del 2003 e 12 milioni di euro di sofferenze su circa 47 milioni di euro di impieghi. Insomma non proprio un affare, sia per i piccoli azionisti che, si direbbe, per la ex Bpl ora Bpi. La quale comunque si sarebbe garantita da brutte sorprese inserendo nel contratto di cessione della holding alcune clausole. Condizioni al verificarsi delle quali «non si prenderà nemmeno in considerazione la fusione della cedente in una delle società di Bpl». Vale a dire che, se dovessero sorgere problemi, anche i 4 euro per azione ricevuti dai piccoli azionisti dell’ormai scomparsa Credieuronord, dovranno essere restituiti. In altre parole: se ci saranno procedimenti pendenti entro la fine dell’anno (2005), la vendita di Credieuronord sarà annullata. Clausole che al pm che indaga sul presunto riciclaggio operato dai pochissimi sportelli che la banca leghista era riuscita ad aprire, sono sembrate singolari e comunque meritevoli di maggior approfondimento. Sull’operazione Bpl-Credieuronord vennero scritti fiumi d’inchiostro e fioccarono interrogazioni parlamentari. Anche perchè nel 2003 gli ispettori della vigilanza di Bankitalia stilarono una relazione al vetriolo che dipingeva la banca «della Padania», «dove il signor Brambilla possa investire nell’azienda di Rossi», come una società senza nè capo nè coda, dove i crediti venivano concessi senza alcuna garanzia, dove non si tenevano nemmeno in ordine i libri contabili, dove mancava perfino l’istituzione di una struttura di controllo interno. Dove «l’erogazione del credito...è connotato da carenze che si sono riflesse sulla qualità dell’erogato». Oppure dove si sono verificati «affidamenti per operazioni finanziarie senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso (ad es. Bingo.Net srl). Ciò nonostante il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, ora indagato a Roma e coinvolto pesantamente nella vicenda della scalata Antonveneta, diede il suo benestare al salvataggio messo in atto dall’amico Fiorani. Sono in tutto 13 i punti «di criticità» contestati nella relazione della Banca d’Italia: una situazione da paura che indusse infine il ministro del Tesoro dell’epoca, Giulio Tremonti, a sanzionare per svariate migliaia di euro i responsabili dell’istituto di credito, tutti in qualche modo notabili leghisti tra i quali spiccava il sottosegretario all’Interno Maurizio Balocchi, già finito nel mirino dei magistrati per un altro clamoroso fallimento del 2003, la società Bingo.Net, citata en passant come postilla nella relazione di Bankitalia. Anche in questo caso milioni di euro scomparsi nel nulla dopo essere stati erogati dalla banca di cui Balocchi, passato dall’amministrazione di condomini al ruolo di tesoriere della Lega, figurava tra gli amministratori: insomma creditore e debitore al tempo stesso. Per altro Balocchi è sempre stato in buona compagnia, visto che ai vertici della disastrata banca padana si sono seduti in varie fasi i sottosegretari leghisti Brambilla, Stefani e Giorgetti. Coinvolta quindi nella vicenda del fallimento di Radio 101 One-o-One dei fratelli Borra, che depositavano (e poi facevano sparire) sui conti di Credieuronord i miliardi sottratti al tribunale fallimentare dalla commercialista Carmen Goncini, la storia e i misteri della banca della Lega ora sono finiti sotto la lente d’ingrandimento della procura milanese per un’indagine tutta nuova che prevede già un reato pesante: riciclaggio.

INES TABUSSO