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CORRIERE DELLA SERA
6 ottobre 2005

L’INTERVISTA / L’ex direttore generale della Rai: cacciai Saccà ma lo rivaluto
Celli: a sinistra c’è acidità Petruccioli è in buona fede Santoro? Ci ha danneggiati
«Chi si auto-elegge a vestale alimenta l’antipatia»
ROMA - «La sinistra soffre di acidità di stomaco. Travaglio e compagni sono la gastrite della sinistra. E la gastrite è un disagio permanente. Più di un mal di pancia. O dell’orticaria denunciata da Bertinotti». Parola di Pier Luigi Celli, ex direttore generale Rai, ai tempi «gradito» a D’Alema, oggi direttore generale della Luiss, che si dichiara tuttora «uomo vicino al centrosinistra». Cosa rappresenta per lei la «linea Travaglio»? L’intransigenza?
«No. L’antico vizio del settarismo e della presunzione di avere il monopolio della verità, l’abitudine di vedere più nemici all’interno della sinistra che all’esterno. C’è chi si auto-elegge vestale dell’ortodossia e tenta di far paura. Ma alimenta solo quell’antipatia per la sinistra di cui parla Luca Ricolfi nel suo saggio».
Q uindi lei «assolve» il presidente della Rai, Petruccioli?
«Lavora, è bravo. Si possono avere perplessità sul modo in cui si è arrivati alla sua nomina. E io le ho. Ma non si può cancellare il beneficio della buona fede».
Petruccioli ha disertato il convegno di «MicroMega»...
«Ha fatto bene. Non so se fosse un processo o un tranello. Certo non c’era intenzione costruttiva. Io sarei andato. Ma personalmente amo l’odore della polvere da sparo».
E cosa pensa delle rimostranze di Sabina Guzzanti?
«Ognuno si sente vedovo o orfano di qualcosa. Ma non si possono sempre attribuire agli altri le cause di quella condizione. Non si finirebbe mai di elaborare lutti».
Di cosa sarebbe vedova, orfana?
«Del video. Di una certa legittimazione. Qui si torna al discorso di chi è stato allontanato».
Per esempio a Santoro?
«Lui ed altri. Il modo in cui è avvenuto con Berlusconi è spaventoso, e offende ancora. Fermo restando questo, possiamo vivere anche senza di loro. Purtroppo i loro sostituti sono più scadenti: passiamo dall’errore all’orrore».
I nomi degli «orrori»?
«Mai. Sennò mi denunciano».
Pensa al contestato Floris?
«No. Il suo lavoro è dignitoso. Non ci si può sempre rinchiudere in un Fort Apache. L’arroccarsi di Santoro è stato un danno per tutti. Anche per la sinistra. Ha fornito ampie giustificazioni a chi ha vinto poi le elezioni per ripagare con la stessa moneta, magari con gli interessi».
Cosa pensa di Claudio Velardi che si dedica alla fiction?
«Velardi ha gettato la spugna. Se non si ha più alcuna speranza di riformare il sistema, tanto vale farsi degli affari, ha detto. Lui teorizza la sostanziale convergenza tra sinistra e destra. E’ una strategia di marketing commerciale per i propri affari. Sensati, intelligenti, acuti. Ma pur sempre affari».
A proposito di fiction: che ne pensa di Agostino Saccà? Lei lo rimosse da Raiuno...
«Lo rivaluto senza dubbio. E’ un professionista intelligente. Realizza ottimi prodotti. E’ un "resistente" a tutto e a chiunque. Così riesce a lavorare».
«Resistente» a Prodi o in futuro a Berlusconi?
«A tutti. La sua lettera a Prodi sul Corriere della Sera per la fiction era un brindisi tra tisane. Ma gente come lui rappresenta la fortuna della Rai. Tutela la continuità. Ho un’altra rivalutazione personale».
Quale, Celli?
«Giovanni Minoli. Per me il miglior direttore generale possibile sarebbe Giancarlo Leone. Ma realisticamente non lo sarà. Quindi candido Minoli. Sa fare molto bene il suo lavoro. Così dimostrerà cosa sa comportarsi davvero con una direzione generale. E magari risolverà il suo complesso familiare».
Tornando indietro, da direttore del personale, nel ’93, riaprirebbe il clamoroso caso delle note spese?
«No. Se la Rai continua a vincere anche nelle pessime condizioni in cui si trova ora, significa che c’è una struttura professionale interna che non si arrende e forse non va attaccata così. Cavalcare quel caso fu un eccesso di quella stagione e una conseguenza delle drammatiche condizioni che trovammo»
Quindi ha un ripensamento anche sul caso di Giovanna Maglie?
«Sì. Era ed è una brava giornalista. Con i suoi difetti. Ma brava».
E cosa non rifarebbe, invece, da direttore generale?
«Aspettare l’insabbiamento di alcuni progetti per andarmene. Dovevo lasciare la Rai un po’ prima...».

Paolo Conti



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