00 14/09/2005 20:10

LA STAMPA
13 SETTEMBRE 2005
DIECI ANNI DOPO TRA RIMPIANTI E NUOVE DIVISIONI
Riecco in scena i socialisti della «Milano da bere»
La grande epoca della famiglia Craxi appare molto lontana. Ma figli e amici
di Bettino animano una nuova stagione
di CHIARA BERIA D'ARGENTINE (1)
MILANO

Arriverà per una breve visita in città tra pochi giorni, ospite come ha sempre
fatto negli ultimi anni dalle sue amiche più fedeli - Veronica Berlusconi,
Roberta Balsamo e poche altre - Anna Craxi, la dignitosa vedova del leader
socialista, Bettino, che a Milano non ha più neanche casa. C'erano una volta
le serate chez Craxi, politica e chitarra. Venduti l'appartamento di famiglia
in via Foppa e la casa di campagna nel Comasco, detto addio a Carmen, l'affezionata
colf a ore, Anna anche dopo la morte del marito ha voluto restare ad Hammamet
e, comunque, il più lontano possibile dalla città della clamorosa ascesa
e della tragica caduta del potere craxiano. In Tunisia vive con l'anziana
madre tra cimeli e ricordi di Bettino, spesso va a Roma dove si sono trasferiti
i figli Stefania e Bobo, sposati con figli. E se nell'era Berlusconi sono
riapparsi nei salotti di Milano antichi sodali di Craxi come Silvano Larini
(ha venduto l'isola di Ranghiroa e fa il pittore), il commercialista Pompeo
Locatelli e ha riaperto il suo studio anche l'architetto Claudio Dini, l'ex
first-lady non si è mai più vista a una prima della Scala o a una manifestazione
mondana.

NELL?OMBRA

Nell'ombra, nel lutto. Sul Corriere della Sera Anna Craxi riappare solo nella
pagina dei necrologi. In morte dell'amico stilista Nicola Trussardi, dell'editore
di Playmen, Saro Balsamo e di tanti uomini del vecchio Psi. Un clan finito,
un mondo scomparso. «Anna, Bobo e Stefania ricordano Iso compagno di lotta
di Bettino». A fine settembre, per l'ex sindaco di Milano, Aldo Aniasi (il
partigiano Iso) la famiglia Craxi ha partecipato unita al lutto. Facciata.
Chi non ha mai abbandonato Anna Craxi e conosce le dinamiche di casa descrive
la signora assai protettiva con Bobo («Stefania è più forte, ha il carattere
del padre») e addolorata di vedere i figli, schierati su fronti politici
opposti, che litigano in pubblico. Solo un nuovo capitolo di una travagliata
saga familiare o la baruffa tra i fratelli Craxi riflette gli umori della
Milano che votava Bettino? Antefatto. Bobo, vicesegretario del Nuovo Psi,
eletto deputato ma a Trapani, deluso non solo da come è stato trattato dalla
Cdl («...non posso passare la vita in Parlamento a schiacciare il bottone
per Fi...») ma, soprattutto, da questi anni di governo Berlusconi a suo giudizio
ben poco lib-lab e riformisti («la gravidanza isterica di leggi mirate della
Cdl... la posizione ostile agli arabi... le chiusure sul divorzio veloce
e sulla fecondazione assistita», ha elencato i suoi malumori in un'intervista)
dichiara finito il tempo per i socialisti della mera sopravvivenza e vuole
allearsi con gli ex Pci. «Il punto è ricostruire la forza che il Psi aveva
negli Anni 80... è il regalo migliore che facciamo alla memoria di Bettino»,
ha replicato a chi da destra gli dava del subalterno e persino del voltagabbana.
Scortato da Piefrancesco Majorino, il giovane segretario cittadino ds (ai
tempi di Bettino portava i calzoni corti) il 5 settembre, Bobo ha consumato
lo strappo: a Milano, alla Festa dell'Unità, accolto dagli auguri di «bentornato».
Impensabile fino a pochi mesi fa. Altra sorpresa: un altro membro della famiglia
Craxi, noto per l'anticomunismo, l'ex sindaco Paolo Pillitteri, ora condirettore
del quotidiano «L'Opinione», dopo tanti guai nei tribunali e al suo cuore,
parla di unità a sinistra. Non solo. Ricordando con Aniasi la Milano riformista,
socialista, illuminata, pochi giorni fa, Pillitteri ha definito la Cdl milanese
«distratta, sbandata... ai suoi minimi storici». Umori, strategie pre-elettorali,
fine di un'epoca di lacerazioni tra compagni: è presto per dirlo. Di certo
per Stefania Craxi dimenticare è impossibile. L'unità a sinistra non può
essere fatta, ha scritto in una lettera al «Corriere», con i «post-comunisti
che hanno sciolto i socialisti nei tribunali». Fondazione, convegni, libri.
A giugno la richiesta al Comune di Milano (proteste di Di Pietro e della
Lega) di mettere una targa in ricordo di Craxi, in piazza Duomo, suo quartier
generale. Fino ad allora Stefania Craxi sembrava impegnata soprattutto a
riabilitare la figura del padre. Ed invece a luglio, a Milano, prima assemblea
nazionale di Giovane Italia, il nuovo movimento di Stefania per autodefinizione
riformista-doc. Tra gli applausi della platea è Silvio Berlusconi ad annunciare
che alle elezioni politiche del 2006 Forza Italia candiderà Stefania in un
importante collegio di Milano. «Anche a costo di cederti il mio», aggiunge
il premier. «Quella dei figli di Bettino è, politicamente, una vicenda irrilevante»,
liquida il caso l'ex presidente della commissione esteri, Michele Achilli.
Nella sua agenda l'appuntamento, il 7-8 ottobre a Spoleto, con molti suoi
ex compagni. «Tra mille difficoltà», spiega, «sembra prendere corpo il tentativo
di mettere insieme un nuovo Psi». Lo Sdi, l'ala sinistra del Nuovo Psi, i
radicali; Bobo ci sarà, Stefania giammai. Ma che senso ha tirare per la giacchetta
di qua e di là i figli Craxi? In poche parole a Milano, città-culla del craxismo,
del Psi che arrivava al 20% dei voti e raccoglieva più preferenze nei quartieri
periferici che nei palazzi del centro, di un sistema di potere che controllava
tutto dai teatri alla metropolitana, il nome Craxi conta ancora qualcosa?
«No, tutto è cambiato. La nomenclatura del Psi è scomparsa. In città, in
provincia e in Regione non c'è più un solo socialista nelle amministrazioni
o nelle municipalizzate. Sono anche scomparsi, tranne Francesco Colucci ora
in Forza Italia, i capipopolo che gestivano pacchetti di voti. Quanto ai
più giovani sanno poco o niente di Bettino e di quegli anni di nostro protagonismo.
E' stato mio figlio Giacomo, 18 anni, con le sue domande a suggerirmi l'idea
di pubblicare i documenti del congressi del Psi», racconta Walter Marossi,
49 anni, segretario regionale socialista fino al 1994.

LA POLITICA

Alla scomparsa del suo partito Marossi, come altri dirigenti e militanti
socialisti milanesi, si è dovuto reiventare la vita e persino una nuova mappa
della città. Chiuso lo storico circolo Turati (l'ex sindaco Carlo Tognoli
con Giorgio Gangi ha depositato il nome in Tribunale) di quel vecchio mondo
resta la fondazione Kuliscioff, presieduta dall'eterno segretario dell'Uil,
Walter Galbusera, e la rivista Critica Sociale, diretta da Stefano Lorenzetto,
ex giornalista del quotidiano L'Avanti, che negli ultimi tempi guarda più
a Tony Blair che ad Arcore. Implosione. A far politica sono rimasti in pochi;
alcuni eredi (Stefano Pillitteri, figlio del sindaco, in Forza Italia); un
banchiere, l'ex presidente di Bnl, Gianpiero Cantoni (è senatore azzurro)
o figure di secondo rango che si sono suddivisi a destra nel Nuovo Psi (Nuccio
Abbondanza, Giovanni Manzi, Riccardo Albertini) e a sinistra nello Sdi (il
senatore Roberto Biscardini, Nando Vertemati, Alberto Grancini). Personaggi
poco carismatici di un panorama politico milanese che è comunque povero di
giganti. I meno rampanti - tutti comunque si ritrovano con immutato affetto
a ogni funerale e mostra sulla Milano del garofano - oggi si occupano d'altro.
Ugo Finetti (con Ugo Intini e Claudio Martelli formava, fine Anni 70, il
terzetto dei più brillanti delfini di Bettino) è giornalista alla sede Rai
di Milano, Achilli fa l'architetto e Marossi ha fondato una piccola casa
editrice, la M&B, che pubblica scritti di Stalin e testimonianze sull'epoca
d'oro del partito. Esempio: il saggio, molto citato dai ds milanesi, su uno
dei grandi sindaci socialisti, Emilio Caldara. Rimpianto anche per anni meno
lontani. «Non era uomo da salotti... Era più popolare degli assessori, conosciutissimo
nelle periferie, dove vivevano due terzi dei milanesi. Con la sua giunta
venne incrementato il patrimonio di edilizia popolare, potenziato il trasporto
pubblico, ampliato il verde urbano, i quartieri "dormitorio" vennero dotati
di servizi, decollò il decentramento amministrativo». Parla del suo predecessore
Aniasi ma sembra alludere anche a quando era lui sindaco (73 mila voti nell'85)
Carlo Tognoli, ultimo fra i leader socialisti a essere ancora popolare a
Milano e unico dopo la «cacciata» di Carlo Fontana dal Teatro La Scala a
occupare una poltrona importante. In gennaio, prima delle regionali, il presidente
della Regione, Roberto Formigoni, lo ha sdoganato offrendogli il posto di
presidente della Fondazione Ospedale Maggiore e Istituti clinici (3800 dipendenti,
800 medici, 900 letti, bilancio di circa 400 milioni di euro). La condanna
ai tempi di Mani Pulite, infine fuori dal limbo il neopresidente Tognoli
sostiene di essere stupito dalle sortite a sinistra di Bobo e Pillitteri.
Ha parole di stima per Formigoni, di Berlusconi dice che «era un amico personale
di Bettino, non è mai stato un socialista» ma, pur lontano dal centrosinistra,
ammette i limiti della giunta Albertini: «Non stanno tra la gente, non hanno
contatti».


L?ELETTORATO DISPERSO

Morale: spariti gli uomini che, nel bene e nel male, avevano fatto grande
il Psi s'intuisce che a Milano la vera posta in gioco è l'elettorato socialista
che, finito il Psi, aveva votato in massa per Berlusconi. E' una lenta erosione
di consensi, tra quelli che vivono in periferie dimenticate da chi è troppo
ricco per curarsene, quelli che non arrivano con la pensione a fine mese,
quelli che non vogliono vedere le istituzioni trattate come aziende private,
quelli che non parteggiano per le scuole dei preti e hanno votato con Veronesi
al referendum sulla procreazione. Veronesi, certo; il grande prof, il laico
ex membro dell'Assemblea nazionale del Psi molto stimato da Craxi, ministro
nel governo dell'Ulivo ma non militante. Identikit, insomma, del candidato
ideale a sindaco per la riscossa di una sinistra infine unita a Milano.

L?ex sindaco Tognoli (2)

Un altro ex sindaco socialista di Milano, Carlo Tognoli, rimane vicino alla
Cdl, pur senza un impegno diretto. L?esponente politico milanese, che fu
anche ministro per i Rapporti col Parlamento nel primo governo De Mita, si
ritirò al tempo di Mani Pulite. Dopo essere stato presidente del Museo della
Scienza e della Tecnica, è stato nominato dal governatore Formigoni alla
guida della Fondazione Ospedale Maggiore e Istituti clinici.

Nel 1976 Bettino Craxi viene eletto Segretario del Psi al posto di Francesco
De Martino. Indicato come un segretario di transizione rimarrà alla guida
del Psi fino alle vicende di Tangentopoli. Eredita un partito ai minimi storici
in termini di percentuali. Nella legislatura ?76-?79 il Psi è al 9,6%. Nella
successiva ?79-?83 sale solo di uno 0,2%, ma sta cominciando quella che Craxi
definirà «l?onda lunga» dei socialisti. Già nella nona legislatura (1983-1987)
il Partito socialista arriva all?11,4 per cento. Il 4 agosto del 1983 Bettino
Craxi forma il suo primo governo: un pentapartito composto da Dc Psi, Psdi,
Pri e Pli. Resterà in carica fino a marzo 1987. Nella decima (1987-1992)
il Psi arriva al 14,3 per cento segnando la punta massima. Nell?undicesima
legislatura inizia la discesa ed esplode «Mani pulite»: il Psi scende al
13,6 per cento.

CHE COSA FANNO ADESSO

Il figlio Bobo

Bobo Craxi è stato tra i fondatori nel gennaio 2001 del Nuovo Psi, di cui
è vicesegretario e portavoce nazionale. Il partito ha aderito alla Casa delle
libertà e ha partecipato al II e al III governo Berlusconi. Ma Bobo Craxi
ha deciso di svoltare a sinistra. E ha dichiarato: «Non possiamo collocarci
per sempre accanto a movimenti estranei alla nostra tradizione, come Lega
Nord o la destra conservatrice». La figlia

Stefania

Stefania non vuole dimenticare gli attacchi della sinistra al padre negli
anni di Mani pulite. Per questo ha dato vita alla Fondazione Bettino Craxi
di cui è presidente, oltre a guidare il movimento politico Giovane Italia.
Silvio Berlusconi ha annunciato che la candiderà nella Cdl, e proprio a Milano.
Quando Bobo ha annunciato di voler portare il nuovo Psi nell'Unione, ha detto:
«Questa è una tragedia familiare e politica». Il cognato

Pillitteri (2)

Marito della sorella di Bettino, Rosilde, è stato sindaco di Milano dal 1986
al 1991. Coinvolto delle inchieste di Tangentopoli, si è ritirato dalla politica
dedicandosi per anni al giornalismo e alla saggistica. E? condirettore del
quotidiano "L'Opinione". Da qualche tempo sembra convertito all?ipotesi di
nuova «unità a sinistra» e definisce la Cdl milanese «distratta, sbandata...
ai suoi minimi storici».



(1)
www.centroimpastato.it/php/crono.php3?month=5&year=1996
23 Maggio 1996: distrutta da un attentato incendiario la villa in Versilia
della giornalista Chiara Beria D'Argentine, autrice di articoli pubblicati
su L'Espresso riguardanti l'inchiesta nata dalle dichiarazioni dell'Ariosto.

Corriere della Sera (24 maggio, 1996)
Attentato contro la villa della giornalista


(2)
"L'Espresso"
11 novembre 1999
pag. 70
TANGENTOPOLI/LA DENUNCIA DI DI PIETRO
FINANZIAMENTO? NO, SE LI INTASCAVANO
di Marco Travaglio
pag.71
Tognoli Carlo
L'ex sindaco socialista di Milano ha una condanna definitiva per
corruzione (mazzette Aem: 3 anni e 3 mesi, di cui due anni condonati)
e un processo in corso.


"L'Espresso"
25 novembre 1999
pag. 11
FORUM
TOGNOLI A CORTE
L'articolo "Finanziamento? No, se li intascavano"
(L'Espresso n.45) contiene errori ed omissioni. Non sono stato
condannato per le mazzette Aem, per le quali sono stato assolto in
Appello e in Cassazione, bensi' per le accuse di Chiesa (l'equivoco
nasce forse dal fatto che il processo viene definito con la sigla
"Azienda elettrica municipale"). La pena di tre anni e tre
mesi e' stata interamente condonata, perche' ho usufruito di due
condoni ('86 e '89). Le imputazioni, in quello come in altri
processi, non erano di corruzione, ma di ricettazione e di violazione
della legge sul finanziamento dei partiti. Per questo processo ho
avanzato ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo per
violazione del diritto di difesa perche' l'originale della prova a
mio carico (un foglietto vergato da Chiesa con il mio e altri nomi e
date delle quali ho dimostrato documentalmente la falsità) è
scomparso prima dell'udienza preliminare, mentre nei dibattimenti e'
stata esibita una copia non autenticata, sulla quale non era
possibile alcuna perizia. Le omissioni riguardano invece un processo,
sempre con le medesime imputazioni, che ho dovuto subire per accuse
infondate di un assessore e nel quale sono stato assolto in primo
grado (non c'è stato ricorso da parte della Procura); nonchè un
procedimento al Tribunale dei ministri (su denuncia di parte)
conclusosi nel 1997 con un non luogo a procedere.
Carlo Tognoli, Milano
Carlo Tognoli è stato condannato in Cassazione a 3 anni e 3 mesi per
ricettazione e finanziamento illecito dei partiti nel processo
denominato Aem. Imputato per aver incassato 900 e rotti milioni
provenienti da quelle mazzette, Tognoli è stato assolto per 400 e
condannato per 500 e rotti. Infine, è ancora imputato al processo per
le bustarelle sugli appalti dell'Atm. (M. Trav.)


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Corriere della Sera
26 gennaio 2000

Tangentopoli, assoluzione per Tognoli. Scandalo Atm: scagionati anche Pillitteri
e il comunista Camagni
Biondani Paolo

L' ultimo grande processo aperto in Tribunale è durato sei
anni. Condannato Maurizio Prada, l' ex tesoriere della Dc milanese Tangentopoli,
assoluzione per Tognoli
Scandalo Atm: scagionati anche Pillitteri e l' ex
vicesindaco comunista Camagni

MILANO - Assolti «perché il fatto non sussiste»
gli ex sindaci socialisti Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri. Scagionato con
il più liberatorio dei verdetti l' ex vicesindaco comunista Roberto Camagni.
Prosciolto per «prescrizione» l' ex deputato repubblican o Antonio Del Pennino.
Condannato per corruzione continuata, a 4 anni e mezzo di reclusione, l'
ex tesoriere della Dc milanese Maurizio Prada, che con le sue confessioni
aveva innescato l' intera inchiesta. E' calato così il sipario, ieri alle
16 in punto, sull' ultimo dei grandi processi di Mani pulite ancora aperti
in tribunale: sotto accusa un decennio di tangenti sugli appalti dell' Atm,
l' azienda dei trasporti controllata dal Comune. Dei 49 imputati originari,
ben 35 avevano patteggiato pe ne ridotte, dopo risarcimenti record di oltre
trenta miliardi. Ma per gli altri, tra una riforma e l' altra, il giudizio
di primo grado è durato quasi sei anni. Una lentezza che ha provocato una
raffica di prescrizioni chieste dallo stesso pm Paolo I elo. Sempre l' accusa
aveva sollecitato assoluzioni piene per Tognoli, Pillitteri e Camagni: «A
Milano - aveva motivato il pm Ielo - nessuno è mai stato condannato per
una sola chiamata di correità e tantomeno perché "non poteva non sapere"».
I due e x sindaci socialisti sono stati scagionati con la formula dell'
«insufficienza o contraddittorietà delle fonti di prova»: «Il loro accusatore
Radaelli - sintetizza l' avvocato Vittorio D' Aiello - voleva far credere
che fossero destinati al partito o tto miliardi in realtà depositati su
un suo conto personale in Svizzera. Una versione che non si è neppure presentato
a ripetere in aula». «Felice» si è detto un sorridente Pillitteri, che (sbagliando
aula) non ha sentito la sentenza: «E' la fine di una lunga vicenda di dolore
e solitudine. Dopo otto anni e quattro by-pass, ha vinto la giustizia».
Sul cognato di Craxi pesa però la condanna definitiva a 4 anni e mezzo per
le tangenti del socialista Mario Chiesa e dei manager comunali dell' Aem.
M a per suo figlio, l' avvocato Stefano Pillitteri, anche quel verdetto,
sospeso per malattia, «è un effetto del clima di terrore che spingeva ad
accusare altri per salvarsi». Per il comunista milanese Camagni il tribunale
ha raggiunto addirittura la p rova piena dell' innocenza (articolo 530/1):
accusato solo dalle parole di Prada, per una pretesa «approvazione morale»
delle tangenti ai miglioristi (la corrente alleata ai socialisti), l' ex
vicesindaco è stato riabilitato dopo 4 anni da inquisito. Il tribunale ha
invece scavalcato l' accusa negando la prescrizione a Prada, ex potentissimo
presidente dell' Atm, nonostante le sue confessioni e i 7 miliardi risarciti.
E ha condannato a sorpresa, sempre a 4 anni e mezzo, un altro ex dc, Filippo
T artaglia. Polemico il commento di Giuseppe Lucibello, difensore di Prada:
«Si riconosce la collaborazione nelle indagini, ma la si dimentica in dibattimento.
Il messaggio è che era meglio fare come tutti gli assolti: negare tutto».
Prada potrà consol arsi con il dissequestro, disposto dalla stessa sentenza,
di 15 dei suoi 22 miliardi svizzeri, di «non provata» provenienza illecita.
Paolo Biondani

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L' ex ministro: Milano non è mai stata la capitale della corruzione

«E' finito il mio calvario da inquisito. Anche se non posso lamentarmi della
magistratura. Per ora non penso di tornare alla politica: sono di sinistra,
ma questa sinistra non mi piace». la situazione giudiziaria

Schirinzi Claudio
L' INTERVISTA L' ex ministro: Milano non è mai stata la capitale della corruzione
MILANO - Una sentenza prevedibile, quasi scontata. Era stato lo stesso pubblico
ministero a chiedere l' assoluzione. Ma Tognoli voleva la conferma del Tribunale:
«Aspet tiamo, non si sa mai». Aspettava la fine del suo «calvario di inquisito».
Aspettava la terza, definitiva assoluzione. E quando è arrivata, quando
il giudice ha letto la sentenza, lui invece di esultare si è commosso. «E'
stato un trauma emotivo - ha detto più tardi quasi a giustificarsi -. Quando
si esce da una vicenda negativa si prova una soddisfazione superiore a quando
si ottengono risultati positivi». La sua «vicenda negativa» è durata sette
anni e otto mesi. Per oltre dieci anni sindaco di Milano, per due volte
ministro, poi, improvvisa, la svolta. Il giorno prima era l' onorevole Carlo
Tognoli e il giorno dopo Tognoli Carlo, come si usa con gli imputati. Come
ha riempito questi anni? «Mi sono tirato fuori dalla politica. Certo, ho
co ntinuato a seguirla: leggendo, pensando, ma a casa mia. Ho seguito i
processi, mi sono presentato a tutte le udienze. E poi ho lavorato». Per
Craxi è stato ricordato il lancio delle monetine davanti al Raphael. C'
è stato un Raphael anche per lei? «C ' è stato qualche insulto per la strada,
ma è anche capitato che qualcuno mi fermasse per esprimermi solidarietà.
Io comunque non mi sono mai nascosto, ho continuato a vivere la mia città».
Fra gli inquisiti di Tangentopoli molti hanno ceduto psicolo gicamente.
Lei invece ha tenuto. Come? «Ho avuto anch' io momenti di debolezza, è impossibile
non averli. E ho avuto paura. La mia fortuna è che ho una famiglia equilibrata,
una moglie con una grandissima forza d' animo e numerosi amici. I miei figli
a loro volta hanno avuto amici che non li hanno isolati e anche questo mi
ha aiutato». Che idea si è fatto di Tangentopoli? Che cosa è stata? «Ci
sono stati finanziamenti illeciti ai partiti, ma non di proporzioni così
enormi come sono state descritte. Ci sono stati anche episodi di corruzione
e di concussione, ma la politica non era corrotta e Milano non è mai stata
la capitale della corruzione. Il guaio della politica è che giravano troppi
faccendieri che pensavano esclusivamente ad arricchirsi. Ma dipingere Milano
come un covo di corrotti è una rappresentazione irreale. In realtà nei cosiddetti
anni terribili a Milano si sono fatte cose importanti, come la terza linea
della metropolitana». Che è costata il doppio del dovuto... «Questo n on
è vero. E poi il Passante ferroviario». Che non è ancora finito... «Non
per colpa nostra». Che giudizio si è fatto della magistratura? «Io non posso
lamentarmi. E sono convinto che l' intera vicenda Tangentopoli abbia avuto
u- na esasperazione che non nasce dal seno della magistratura (quando si
trova di fronte a reati deve perseguirli), bensì dal seno dei poteri forti
che, dopo avere convissuto con il potere politico dei partiti, hanno deciso
di indebolirlo. E poi il circuito mediatico ha fa tto la sua parte». Tornerà
alla politica attiva? «Non adesso. Ho bisogno di orientarmi, di capire.
Mi pare che stiamo attraversando un momento di grande confusione. Io sono
un uomo di sinistra, ma questa sinistra così come si presenta non mi convince.
Anche i socialisti sono in grande movimento, lo Sdi oscilla sul confine
del centrosinistra, qualcuno parla di casa comune, ma mi pare non ci sia
ancora chiarezza». Parliamo di Milano «Ecco, potrei dare qualche consiglio
a chi governa la città. Cred o che ci vorrebbe un po' più di coraggio nella
limitazione del traffico. Poi mi domando che fine abbia fatto l' assistenza
domiciliare agli anziani. E a proposito del Passante si potrebbe...». Scusi
Tognoli, non è che per caso vorrebbe tornare a fare il sindaco? «Nooo».
Pausa. Ci pensa un attimo e aggiunge: «Questo però non lo scriva. Non si
sa mai».
Claudio Schirinzi


LA SITUAZIONE GIUDIZIARIA

LA CONDANNA
L' unica condanna definitiva a tre anni e tre mesi di Tognoli è per i versamenti
elettorali confessati da Mario Chiesa nel processo sugli appalti Aem. L'
intera pena è stata coperta dai condoni dell' 86 e dell' 89.

LE ASSOLUZIONI
Appalti Atm: assolto ieri «perché il fatto non sussiste». Tangenti comunali:
assolto nel maggio ' 98 «perché il fatto non sussiste». Fondi ministero
del Turismo: assolto nel ' 95 dal Tribunale dei ministri.

INES TABUSSO