VELARDI: A ME QUELLA QUESTIONE MORALE NON E' MAI PIACIUTA. IO MI SVEGLIO LA MATTINA PER FARE SOLDI

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INES TABUSSO
00domenica 18 dicembre 2005 19:29
CORRIERE DELLA SERA
18 dicembre 2005
CLAUDIO VELARDI
«Vertici ds reticenti, aspettano solo che passi la bufera»

«Cosa mi sarei aspettato dal gruppo dirigente dei Ds in queste ore? Una sola frase di condanna: i comportamenti di Giovanni Consorte non sono eticamente e politicamente giusti».
E invece? «Invece ho assistito a un fiume di melassa, a una scarica di dichiarazioni formali. Una cantilena stanca, frutto di un cinico calcolo politico: il gruppo dirigente dei Ds sta solo aspettando che passi la bufera».
Claudio Velardi torna all'attacco dei vertici della Quercia, che stavolta lo hanno deluso per come stanno gestendo la vicenda Unipol. Chiti, D'Alema e Fassino su Fazio hanno fatto «dichiarazioni ambigue», e su Unipol «sono stati reticenti».
Non è tenero, con loro, l'ex braccio destro di D'Alema. Col quale il sodalizio politico si è interrotto definitivamente nel 2001, in occasione di un'altra sua polemica, quella volta fu contro Veltroni. Allora il presidente ds prese le distanze: «Da più di un anno non ho rapporti con Claudio, che non ha neppure la tessera ds».
Ma stavolta Velardi parla da «semplice cittadino che vota a sinistra». E pone una «questione etica. Insomma, mi sarei aspettato da tutti loro che dicessero: bene, sulla vicenda giudiziaria decideranno i magistrati. Ma a noi interessa un altro punto: è pensabile che un manager legato al mondo della cooperazione abbia ricevuto senza garanzie un affidamento di quattro milioni di euro per realizzare qualche mese dopo una plusvalenza di un milione e settecentomila euro? Per noi no. Ecco, questo mi aspettavo che dicessero».
Lo hanno detto Mussi, Morando, e anche Emanuele Macaluso sul Riformista. «E io posso dire che sottoscrivo le loro parole una per una».
Perché i vertici ds hanno reagito così? «Sgombriamo subito il campo da un'ombra: non credo che ci sia stato qualche rapporto illecito tra loro e la vicenda di Unipol. E se venisse fuori il sostegno dato da cooperative e Unipol ai Ds, per me sarebbe giusto, visto che così avviene in tutto il mondo».
Va bene. Ma allora come si spiega questo tipo di reazioni? «Come il frutto dell'antico riflesso pavloviano dei vertici pci/ds. E cioè: ci attaccano? E noi ci chiudiamo a riccio, perché dietro potrebbe esserci un complotto».
Niente più questione morale, dunque, per il partito guidato dagli eredi di Berlinguer? «Attenzione: a me quella questione morale non è mai piaciuta, perché l'ho sempre vista ammantata di un moralismo apocalittico. Pongo invece, da piccolo imprenditore, un problema sul funzionamento del sistema. Mi spiego: con la mia società di consulenza, Reti, per avere finanziamenti abbiamo dato sempre garanzie, come è giusto. Mi chiedo: perché io sì e gli altri no? Perché il nostro esempio non è Alessandro Profumo, da apprezzare eticamente e professionalmente?».
Rispetto ai soldi la Quercia ha sempre mostrato qualche timidezza. «Se ne vergognano, non sanno parlarne, come se fosse peccato. Io no, invece. Io mi sveglio la mattina per fare soldi. D'altronde, campo con quelli».
Nel 2004 Marco Travaglio, a una manifestazione dei girotondi, rivolse accuse a Massimo D'Alema e a chi aveva fatto parte del suo staff a Palazzo Chigi, quindi anche a lei. Disse testualmente: «Sono entrati con le pezze e ne sono usciti ricchi».
D'Alema querelò. «E anche io. Ma senza annunciarlo: l'ho fatto e basta. Quella roba lì è l'esempio del moralismo che più odio, e che spesso nasconde comportamenti poco etici. Ma in questo caso sto parlando d'altro. Di etica: delle regole a cui bisogna attenersi, soprattutto per la sinistra. Altrimenti cosa ci distingue dal Polo?».
Invece i vertici ds secondo lei hanno preferito l'attendismo. «Stanno privilegiando un obiettivo di breve periodo: andare al governo. D'altronde questo eccesso di realismo politico li ha sempre contraddistinti. Ho sperimentato qualcosa sulla mia pelle, quando guidavo lo staff di D'Alema a Palazzo Chigi».
Anche lui soffre di realismo politico? «Sì. Il problema di Massimo è che ha troppa considerazione della sua intelligenza e poca della sua umanità. Se solo facesse venir fuori un po' di quest'ultima, la sua immagine cambierebbe».
Angela Frenda
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