Per sincerartene, dovresti recuperare
“Le jene di Lamont” il Texone sceneggiato da Nizzi che ha segnato l’esordio di Seijas su Tex, nel 2011. Là ce n’erano di donne e il vecchio Kit, secondo me, è quello tratteggiato meglio tra i pards, se escludiamo il naso aquilino e le troppe rughe, che lo fanno apparire più vecchio di quello che è.
Tornando a
“Netdahe!”, ciò che finora mi ha convinto meno di questo primo albo è stato proprio il lavoro di Seijas.
Mi è sempre piaciuto il suo tratto, sin da quando leggevo le sue serie su LancioStory, in particolare
“L’uomo di Richmond”, ma non si possono prendere certe espressioni da Bruno Bianco e riportarle semplicemente e tali e quali su Tex; non solo quando il tono è da commedia o da farsa (come nel Texone di Nizzi), ma nemmeno quando il tono è comunque leggero, come tra pag. 30 e pag. 80 di questo albo. E soprattutto, dopo circa 18 anni in compagnia di un personaggio (il Texone è stato finito tra il 2002 e il 2003), il maestro argentino avrebbe dovuto conoscere Tex un po’ meglio e farlo ridere un po’ meno.
Tex, Carson e Kit (si salva Tiger) hanno alternativamente un sorriso, un sorrisetto o una faccia da schiaffi stampato/a sulle labbra, anche quando maltrattano quei quattro/cinque babbei con cui si intrattengono a partire da pagina 38. Per contro, quando Tex minaccia o fa il duro, talvolta lo sguardo è troppo arcigno (stessa cosa per i Netdahe e per quello squinternato del Colonnello Atwood…). Il risultato porta a quattro personaggi un po’ sbruffoni e meno simpatici di quanto il disegnatore (o lo sceneggiatore) vorrebbe farli apparire, elemeno questo che io ho percepito con fastidio lungo tutto il corso della storia.
Venendo ai testi, era evidente da come era stata orchestrata la fine di
“Fuga disperata” (n.644), che ci saremmo ritrovati tra i piedi il Colonnello Atwood (colpevole, ma non punito) e, a quanto pare, anche diversi altri personaggi facenti parte dell’universo creato dal curatore, un universo in cui si lascia andare un colpevole in attesa che
“un giorno o l’altro” faccia
“un passo falso”. Ma tant’è.
Il piano ordito da Tex per ottenere le prove della colpevolezza del Colonnello Atwood a me sembra parecchio cervellotico, ma probabilmente l’obiettivo - oltre alla continuity con l'avventura di cui agli albi 643 e 644 e, in parte, pure con quella di qui agli albi 618-620 - è quello di mettere in scena un fine gioco psicologico
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che porterà i killers e Marton a redimersi, operazione che pare dare i suoi frutti a partire da pag. 97, con le diverse frasi di “ammirazione” dei killers nei confronti di Tex.
La complessità del piano giustifica forse quel paio di cantonate che prende Tex a pag. 89/91, sottovalutando il Colonnello Atwood, e a pag. 98, quando egli è certo che i soldati non possano vedere Kit che corre per cercare rinforzi. È tuttavia confortante vedere degli avversari più accorti di quelli presentati abitualmente da Nizzi. Piuttosto, è seccante che gli errori di Tex (il quale non è infallibile) siano stati in qualche modo anticipati dalla battuta di Tiger a pag. 31:
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“Uno sbaglio di Aquila della Notte? Impossibile!”
La frase, detta in modo scherzoso, si riferiva ad un’altra circostanza, ma la sottoscritta - che evidentemente pensa troppo male – era quasi certa che una battuta del genere non fosse priva di scopo.
Ultime due annotazioni, che probabilmente danno fastidio solo a me:
1. gli “Ugh!”, i “Woah!” e in generale il modo di parlare “da indiano”, che con GLB oramai Tiger usava solo quando era tra indiani, mentre con Boselli, Nizzi & Co. usa anche quando è con i suoi pards o in mezzo ai bianchi (Tex gli ha insegnato a parlare e a scrivere, ma il “selvaggio” è evidentemente regredito);
2.
“Come?... Che cosa vuoi che faccia, pa’?... Che vada ad avvertire lo sceriffo?...” chiede Kit a pag. 95. Questo Kit un po’ ottuso e sempre più privo di iniziativa personale non è una novità (fa più o meno lo stesso in “Patagonia”, tanto per dirne una) e non è una novità nemmeno il fatto che venga messo in cattiva luce per darne un po’ di più a un personaggio boselliano (da pag. 111). Ma io continuo a rilevarlo.
Concludo dicendo che, a parte quanto precede, la lettura è stata nel complesso mediamente piacevole. D'altronde, come faceva notare anche Bert, il confronto con la precedente storia di Nizzi è impietoso ed è sempre tutto a vantaggio del Curatore di Tex, anche se al posto di Nizzi poniamo uno qualunque degli altri sceneggiatori attualmente in attività.