Spazio

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BeatAurora
00martedì 18 aprile 2006 12:37
Le prima immagini di venere

Le ha inviate a Terra Venus Express
Lo spettacolo di Venere è iniziato. Dopo aver completato la prima fase della missione attorno al misterioso corpo celeste, la sonda dell'Esa Venus Express ha iniziato a inviare a Terra le prime immagini del caldissimo Polo Sud del pianeta. Riprese durante la fase di avvicinamento da oltre 200mila chilometri dalla superficie, le foto mostrano una densa formazione nuvolosa che si avvolge in circolo, simile a quella già nota del polo nord.



Entuasistici i primi commenti degli esperti. Secondo quanto precisato dagli scienziati dell'Esa, infatti, si tratta delle prime immagini in assoluto dell'emisfero Sud di Venere, il pianeta più vicino alla Terra e uno dei più interessanti per quanto riguarda lo studio dell'effetto serra. "Le immagini spettacolari mostrano un'inattesa nitidezza e ricchezza di dettagli", ha precisato una nota dell'Agenzia europea.

Per catturare le istantanee, la sonda ha utilizzato lo spettometro italiano VIRTIS (Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer) e la fotocamera tedesca VMC (Venus Monitoring Camera). Grazie a VIRTIS è possibile studiare la composizione degli strati inferiori dell'atmosfera di Venere, osservando il pianeta al di sotto dello strato di nubi che lo avvolge, nella fascia compresa tra 40 chilometri di altitudine e la superficie.

A suscitare l'interesse e l'entusiasmo degli scienziati per le prime immagini inviate da Venus Express sono i vortici scuri che circondano il polo sud del pianeta, dei quali si era da tempo sospettata l'esistenza ma senza mai averne una conferma diretta. "Appena un giorno dopo l'arrivo, stiamo già sperimentando l'ambiente caldo e dinamico di Venere", ha detto il responsabile scientifico della missione Hakan Svedhem. "Vedremo - ha aggiunto - immagini sempre più dettagliate e senza precedenti, con una risoluzione oltre 100 volte migliore a mano a mano che ci avvicineremo a Venere e ci aspettiamo di vedere queste strutture a spirale evolversi molto rapidamente".

Grandi le aspettative degli scienziati, considerato che queste immagini iniziali, già così interessanti, hanno una bassa qualità e sono state riprese dalla distanza notevole di 206.452 chilometri dal pianeta. Le immagini (in falsi colori) riprese dal VIRTIS corrispondono ad una scala di 50 chilometri per pixel. La più spettacolare è un'immagine composita nella quale il lato di destra (un vortice rosso con striature bianche più luminose e altre rosso scuro) corrisponde al pianeta visto durante il giorno; il lato sinistro (grigiastro con striature chiare) corrisponde al pianeta durante la notte.

L'immagine che corrisponde al giorno è a sua volta un mosaico di immagini prese con filtri a varie lunghezze d'onda che mostrano la luce solare riflessa dalla sommità delle nuvole fino ad una profondità di circa 65 chilometri dalla superficie del pianeta. Anche nella parte notturna sono ben visibili le strutture a spirale delle nubi nella bassa atmosfera, all'altitudine di circa 50 chilometri. Le zone più scure corrispondono agli strati di nubi più spessi, mentre le più chiare corrispondono agli strati più sottili, più facilmente attraversati dalla radiazione termica. La missione di Venus Express attorno a Venere è appena iniziata.



tgcom

[Modificato da BeatAurora 27/04/2006 23.23]

BeatAurora
00giovedì 27 aprile 2006 23:22
Buchi neri in azione



La simulazione delle ripercussioni nello spazio tempo provocate dallo scontro tra due buchi neri potranno aiutare gli astronomi a interpretare le osservazioni delle onde gravitazionali nello spazio.
Foto: © Henze/NASA.



Oggetti astronomici con una massa 500mila volte maggiore del sole e con una forza gravitazionale così elevata da inglobare tutto ciò che si trova nei paraggi, i buchi neri sono al centro dell'attenzione degli astrofisici almeno da quando Einstein parlò per primo delle onde gravitazionali, strutture generate dallo scontro di due buchi neri e responsabili di alterazioni dello spazio e del tempo. Una teoria originalissima ancora oggi, quella dello scienziato tedesco, che tuttavia non è mai stata dimostrata con prove oggettive. Almeno fino ad ora.
Einstein aveva ragione. Buchi neri e onde gravitazionali non esistevano solo nella mente di un uomo geniale. Esistono realmente, nell'impenetrabilità dell'universo. A mostrarli in azione è una simulazione tridimensionale realizzata recentemente dai supercomputer del Goddard Space Flight Center della Nasa.

Guardando dentro il buco. Non è la prima volta che la scienza tenta di mostrare i movimenti e la complessa struttura di un buco nero. Purtroppo però fino ad oggi ogni tentativo si è sempre rivelato un grande fallimento. Il motivo? L'inadeguatezza degli strumenti "umani" a trasformare le formule di Einstein in valori comprensibili ed elaborabili dai computer.
Sondare l'insondabile. La simulazione (vedi filmato qui accanto), generata a partire da dieci dati numerici di base che indicano caratteristiche come per esempio massa e velocità di rotazione, mostra due buchi neri di uguale massa inizialmente a contatto tra di loro che orbitano l'uno attorno all'altro fino a fondersi in un'unica entità. Secondo i ricercatori questo modello, risultato del più imponente e complesso calcolo matematico mai eseguito dai computer della Nasa, potrà permettere in futuro di sondare l'universo in modo nuovo, consentendoci forse di conoscerne i primi attimi di vita


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BeatAurora
00lunedì 8 maggio 2006 02:43
Mari di sabbia su Titano
Dune immense sulla luna di Saturno

Anche Titano ha i suoi deserti. Grazie al radar a bordo della sonda Cassini, sulla luna più grande di Saturno sono state individuate alcune immense dune di sabbia che ricordano molto da vicino le affascinanti distese del Sahara e della Namibia. Mostrate in anteprima su Scienze, le nuove immagini arrivano dopo quelle indimenticabili inviate nel gennaio 2005 dalla sonda europea Huygens, che attraversò l'atmosfera di Titano fino a posarsi al suolo, mostrando strutture montuose e fiumi scuri di metano.


"E' la conferma di come stia cambiando l'immagine di Titano che avevamo fino a qualche anno fa - ha detto il responsabile dell'esplorazione del Sistema Solare per l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Enrico Flamini - Adesso, per esempio, sappiamo che su Titano c'è metano liquido e sabbia". Nello specifico, quelle che appena qualche mese fa sembravano solo delle strane strutture simili a graffi di tigre in realtà sono delle enormi dune concentrate ai poli e nei pressi dell'equatore.

Per forma e dimensioni, l'aspetto dei granelli ricorda molto quello della sabbia terrestre, ma l'origine dei minuscoli corpi su Titano è ancora un mistero. Le ipotesi, secondo Flamini, potrebbero essere due. Da un lato potrebbe trattarsi di ghiaccio d'acqua, reso secco dalla temperatura estremamente bassa, dall'altro di granelli composti da materiale organico, ossia particelle di idrocarburi. "Forse - ha osservatolo scienziato - i granelli potrebbero essere il risultato dell'erosione dovuta all'interazione fra lo scorrere del metano liquido sul ghiaccio".

Più certa invece l'origine delle dune, alte fino a 150 metri e lunghe centinaia di chilometri. Le enormi distese di sabbia, infatti, sono il frutto dei fortissimi venti generati da un effetto di marea 400 volte più forte di quello che avviene sula Terra. Grazie anche al fascino del deserto, Saturno e le sue lune continuano a stupire.



tgcom
BeatAurora
00giovedì 11 maggio 2006 18:43
Un'altra Terra poco fuori il sistema solare

Un'altra Terra fuori dal sistema solare La ricerca di nuovi mondi al di fuori del nostro sistema solare non fa ormai più notizia: gli astronomi ne hanno già catalogato circa 150, tutti molto simili, più larghi di Urano e con una massa almeno 15 volte superiore a quella della Terra.
A caccia di Pianeti. L'ultima preda, però, è degna di nota. Si tratta dell'esopianeta più piccolo finora osservato: soltanto una volta e mezza le dimensioni della nostra Terra. Dunque molto diverso dai precedenti. Si ritiene sia composto di roccia, non gas, ma sicuramente non ospita forme di vita, così come la conosciamo noi.
«Il pianeta ha un'orbita di due giorni» ha spiegato Paul Butler della Carnegie Institution «ed è soggetto a temperature da forno (da 200 a 400 gradi). Quindi non aspettiamoci la vita. Per pianeti posti su orbite leggermente più ampie, la temperatura consentirebbe all'acqua di trovarsi allo stato liquido».
Il cugino grande della Terra avrebbe una massa da 5,9 e 7,5 volte quella della Terra, sufficiente secondo gli esperti per possedere la gravità necessaria per avere un'atmosfera. E sarebbe un pianeta con un nucleo di ferro e una «cappa» di silicio. Potrebbe anche avere uno strato di un'acqua densa e vaporosa, ma naturalmente siamo nel campo delle ipotesi.
Tu mi fai girar. La stella intorno a cui orbita il pianeta si chiama Gliese 876, una debole nana rossa, come sono circa il 70% delle stelle nel cielo, 15 anni luce di distanza dalla Terra, con un periodo di rivoluzione di appena 1,94 giorni terrestri.
Il piccolo sistema solare, secondo le osservazioni degli astronomi presenterebbe almeno altri due pianeti grandi e gassosi.



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BeatAurora
00lunedì 12 giugno 2006 22:38
Lava...Ghiacciata


Se ormai sappiamo bene come funzionano i vulcani sulla Terra, per quelli spaziali dobbiamo più che altro affidarci alla fantasia degli illustratori, come Michael Carroll. Ecco come si immagina per esempio un geyser ghiacciato sulla luna di Saturno, Enceladus.
La sonda Cassini dal canto suo aveva scoperto enormi pennacchi fuoriuscire dalla superficie del satellite e gli esperti sospettano che siano spruzzi di liquidi “caldi”, ad una temperatura di circa 0 °C. Paradossale? No, se pensate che il clima sulla superficie di Enceladus si aggira sui -200 °C.


Foto: © Michael Carroll


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BeatAurora
00mercoledì 5 luglio 2006 01:05


Foto: © Nasa

Un asteroide ha "sfiorato" la Terra
Pericolo scampato! Questa notte un asteroide grande come una montagna ha "lambito" la costa occidentale degli Stati Uniti. Il 2004 XP14, come è stato chiamato, è passato a soli 432.709, poco più della distanza che separa la Terra dalla Luna. In termini astronomici non è tantissimo e infatti l'oggetto era visibile anche con semplici telescopi da amatore.
Nonostante inizialmente fosse stato considerato un PHA cioè Potentially Hazardous Asteroid (asteroide potenzialmente pericoloso), gli esperti avevano già calcolato che non ci sarebbe stato nessun impatto.
La lista dei PHA comprende 783 oggetti celesti che in futuro potrebbero minacciare la Terra per le loro dimensioni e vicinanza.


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[Modificato da BeatAurora 05/07/2006 1.06]

BeatAurora
00sabato 15 luglio 2006 03:44
Un hotel gonfiabile nello spazio

Nella foto un disegno del futuro albergo spaziale.
© Bigelow Aerospace.

È ancora presto per prenotare una camera, ma nello spazio c’è già un “hotel”. O meglio un hotel in miniatura.
Qualche giorno fa è stato inviato nello spazio il modellino (di soli 4 metri di larghezza) di quello che dovrebbe essere il primo albergo spaziale del mondo (o dell’universo?). La navicella-albergo Genesis I è partita sgonfia e si è gonfiata automaticamente con l’aria compressa una volta arrivata a destinazione – precisamente a 550 chilometri dalla Terra. In questo modo, dicono gli scienziati che hanno lavorato al progetto, è possibile pensare di creare ambienti abbastanza grandi e confortevoli per accogliere i turisti, senza avere problemi di peso durante il lancio.
Robert Bigelow, il milionario proprietario di una grande catena alberghiera americana che ha promosso e finanziato l’iniziativa, sogna di costruire un giorno un vero e proprio complesso residenziale spaziale.
Al lancio del prossimo modulo (Genesis II) si potrà anche partecipare, inviando con la navicella la propria foto nello spazio a “soli” 295 dollari.




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BeatAurora
00giovedì 27 luglio 2006 19:30
Incontri ravvicinati su Giove

Nella foto a infrarossi i due puntini su Giove sono bianchi. © Gemini Observatory


Due puntini rossi in rotta di collisione. A un certo punto si scontrano fino a spazzarsi via l’un l’altro. È il “film” che il telescopio Gemini (nelle Hawaii) ha trasmesso in anteprima assoluta. Per la prima volta infatti, è stato possibile osservare due tempeste – che ai nostri telescopi appaiono proprio come puntini - che si sono “date battaglia” nell’atmosfera di Giove, scontrandosi.
Il primo contentendente, il Great Red Spot (la grande macchia rossa), era stato osservato per la prima volta 130 anni fa, mentre l’altro, denominato Red Junior (giovane rossa), si era formato molto più recentemente e pur essendo "piccola" era un ciclone con dimensioni superiori a quelle della nostra Terra.
Perché siano rossi ancora non si sa. Una delle ipotesi è che le correnti di queste tempeste, creino dei vortici che sollevano in alto il materiale presente sotto le nuvole di Giove. E che siano poi i raggi ultravioletti emessi dal Sole a fare apparire la materia rossa.


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BeatAurora
00giovedì 27 luglio 2006 19:32
Laghi e fiumi di metano su Titano

Nella foto i "laghi" ripresi da Cassini. © JPL / NASA

Oltre il Gran Canyon su Titano esiste anche la regione dei "Grandi Laghi".
Infatti come prevedevano gli scienziati sul satellite di Saturno, similmente alla Terra ci sono "depositi" permanenti di liquidi. A differenza del nostro pianeta però i laghi non sono pieni di acqua ma di metano liquefatto. L’idrocarburo, infatti, è abbondante nell’atmosfera di Titano e, secondo i calcoli degli scienziati, si troverebbe in forma liquida dove vi siano condizioni climatiche sotto lo zero. Come dimostrerebbero le nuove immagini inviate dalla sonda spaziale Cassini che sta “scandagliando” il satellite palmo a palmo. Al polo nord, dove probabilmente il clima è "polare", ci sono numerose e grandi macchie scure, circondate da tanti canali scavati forse proprio dal passaggio del metano liquido.




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BeatAurora
00giovedì 17 agosto 2006 20:15
I 12 pianeti

Foto: © The International Astronomical Union/Martin Kornmesser

Nove o dieci? O forse più? La vecchia diatriba sul numero dei pianeti del nostro Sistema Solare è giunta al capolinea. Con tre nuove probabili “iscrizioni”, nell’illustrazione da destra a sinistra, in scala rispetto alle dimensioni della Terra: Cerere (un asteroide scoperto nel 1831 tra Marte e Giove), Caronte (l'attuale satellite di Plutone, insieme formerebbero il primo sistema binario), e 2003 UB313 (ancora senza un nome preciso). Il nuovo assetto dovrebbe essere sancito, salvo sorprese, alla conclusione del congresso dell'Unione astronomica internazionale.
Quanto grande deve essere un asteroide per poter essere chiamato pianeta? E quando un pianeta è troppo grande e rientra nella categoria delle nane brune, stelle troppo piccole per avviare il processo di fusione nucleare? Gli astronomi hanno posto due condizioni: il pianeta deve orbitare intorno a una stella e avere una forza di gravità (e quindi una massa) sufficiente a dargli una forma sferica o quasi (condizione che normalmente si verifica sopra gli 800 chilometri di diametro e massa superiore a 5x10²° kg).
Gli scienziati potrebbero proporre anche l'introduzione di una nuova categoria di pianeti, i “plutonici”, con orbite molto ampie (oltre Plutone), eccentriche e inclinate rispetto agli altri pianeti del Sistema Solare.





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BeatAurora
00lunedì 21 agosto 2006 22:54
Scoperti i geyser su Marte


Nella foto una riproduzione artistica dei geyser marziani. © Arizona State University/Ron Miller

Sembrano delle fontane nere. Sono i geyser osservati su Marte dalla telecamera orbitante Themis (Thermal Emission Imaging System). Getti capaci di “sparare” sabbia e polvere fino a un’altezza di 60 metri, con una velocità di 160 km/h. Secondo gli scienziati dell’università dell’Arizona, che hanno fatto la scoperta, i potenti geyser, per ora avvistati solo al polo sud del pianeta, sono formati da anidride carbonica.
Con il riscaldamento dei raggi del sole, infatti, l’anidride carbonica congelata che si trova nel sottosuolo si convertirebbe in gas ad alta pressione in grado di rompere il ghiaccio e formare i giganteschi geyser.


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BeatAurora
00mercoledì 23 agosto 2006 11:59
La materia oscura esiste davvero?


Foto: nella riproduzione la "nube" blu è la materia oscura, mentre la rossa sono i gas. © Nasa

L’universo è un mistero si sa. Basti pensare che quello che riusciamo a osservare con le nostre apparecchiature non è che il 5 per cento della materia di cui è composto. Tutto il resto, secondo gli astronomi, non è visibile perché non emette e non riflette luce: è la materia oscura (25 per cento) e l’energia oscura (70 per cento). L’esistenza della materia oscura per ora, però, è sempre stata un’ipotesi difficile da dimostrare.
Adesso alcuni scienziati dell’università dell’Arizona affermano di averne forse le prove. Durante l’osservazione di una collisione tra due nebulose galattiche, avrebbero assistito a un fenomeno nuovo che, secondo i loro calcoli, potrebbe essere la separazione tra la materia oscura e quella ordinaria.
Clicca per vedere il video

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BeatAurora
00sabato 16 settembre 2006 14:44
Il pianeta della discordia

Nella foto: Eris al centro e il satellite Dysnomia vicino. © WM Keck Observatory


Da principessa a dea. Così il pianeta nano 2003 UB313 ha cambiato “aspetto”. Il suo nome provvisorio era infatti Xena, la principessa guerriera protagonista di un telefilm.
Ma ora la IAU (International Astronomical Union) ha accettato il nuovo nome proposto dal suo scopritore Mike Brown del California Institute of Technology: Eris, dea greca della discordia.
E quale nome sembrerebbe più appropriato per un pianeta che fin dalla sua comparsa ha creato discussioni e diatribe, su cosa sia pianeta. Un questione risolta solo recentemente con la definizione esatta di pianeta, che ha visto Plutone (poco più piccolo di Eris) retrocedere al livello dei pianeti nani. Speriamo che a niente si leghi il nome del suo satellite: Dysnomia, figlia di Eris e dea dell’illegalità.



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BeatAurora
00sabato 16 settembre 2006 15:04
Il pianeta "grasso"


Illustrazione: © David A. Aguilar/Smithsonian Observatory

Non si può definire certo obeso, ma non è piccolo. Si chiama HAT-P-1 (nella foto una ricostruzione virtuale), si trova nella costellazione Lacerta (fuori dal nostro Sistema Solare), a circa 450 anni luce dalla Terra ed è il più grande pianeta conosciuto.
Lo hanno scoperto gli astronomi dello Smithsonian Observatory dell'Università di Harvard.
HAT P-1 ha un raggio 1,38 volte maggiore di quello di Giove ma ha una massa pari alla metà. La sua densità è un quarto di quella dell'acqua e, con un ardito paragone, gli astronomi lo hanno definito denso come un tappo di sughero.
È il secondo pianeta extrasolare di questo genere scoperto recentemente e gli scienziati sospettano che questi bizzarri pianeti inesplicabilemente "gonfiati" siano più comuni di quanto si pensasse.


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BeatAurora
00lunedì 18 settembre 2006 14:37
Spazio: odore strano sulla Iss
Astronauti indossano protezione, ipotesi di vapori a interno

(ANSA) - WASHINGTON, 18 SET - Un odore insolito e' stato rilevato dagli astronauti a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss). I membri dell'equipaggio hanno indossato per precauzione le tute protettive: lo rende noto la Cnn, citando fonti della Nasa. 'Non c'era fumo, la prima indicazione e' che fosse fumo, ma si e' rivelato vapore', ha detto una portavoce della Nasa. Il problema sembra essere legato all'evaporazione di una sostanza liquida, su cui sono in corso accertamenti.
BeatAurora
00lunedì 18 settembre 2006 14:46
[SM=x660256] speriamo di saperne di piú... [SM=g27825]
BeatAurora
00lunedì 18 settembre 2006 19:42
Iss: sostanza chimica all'interno
Rientra l'emergenza, era fuga di idrossido di potassio

(ANSA)- WASHINGTON, 18 SET - E' stata una perdita da un apparecchio per la produzione di ossigeno a provocare l'allarme sulla Iss. I tre astronauti a bordo, secondo la Nasa, non corrono rischi e hanno svolto 'un ottimo lavoro' nel reagire all'emergenza. A provocare la piccola crisi a bordo e' stato un allarme antifumo. A filtrare dall'apparecchiatura per l'ossigeno e' stato idrossido di potassio una sostanza non e' considerata un particolare pericolo per gli occupanti della Stazione.
BeatAurora
00giovedì 5 ottobre 2006 02:14
Nuova conquista su Marte per Opportunity
Il rover della Nasa, ha raggiunto il grande cratere Victoria che potrebbe fornire indizi utili sul periodo in cui sul pianeta rosso probabilmente scorreva l’acqua. In più di due anni di esplorazioni, Opportunity e Spirit hanno trasformato la missione in uno dei più grossi successi della Nasa degli ultimi tempi.



Il Cratere Victoria, dopo 21 mesi di viaggio, Opportunity
è arrivato finalmente a destinazione. © Nasa


Opportunity, il piccolo rover della Nasa, che sta esplorando Marte, ha segnato un nuovo importante record è riuscito a raggiungere il cratere più grande e profondo che mai sia stato studiato su Marte.

Vittoria!

Il cratere Victoria è grande 800 metri e profondo, si pensa, 60 metri. Tra non molto il coraggioso robottino si “tufferà” all’interno per analizzarne le rocce più profonde. I vari strati rocciosi del Victoria, potrebbero rivelare, secondo gli esperti, molte cose sulla storia geologica del pianeta e soprattutto dell’epoca in cui si sospetta fosse presente l’acqua. Certo non sarà un’impresa facile per Opportunity e tutti si chiedono se riuscirà a sopravvivere a questa nuova pericolosa missione. Ma in molte occasioni, insieme al suo gemello Spirit (che sta esplorando l’altro lato del pianeta), ha dimostrato di essere più resistente di quanto si potesse immaginare.

Oltre ogni aspettativa

Inviati sul pianeta rosso nel gennaio del 2004, i due robottini alimentati a pannelli solari e guidati dalla Terra, sono grandi quanto un carretto da golf (di quelli che servono per portare le mazze) e, secondo le più rosee previsioni, non sarebbero sopravvissuti più di tre mesi, percorrendo solo qualche centinaia di metri.
E invece dopo diversi chilometri e più di due anni di permanenza i piccoli “esploratori”, nonostante gli acciacchi – qualche inconveniente ai motori e ai radiatori, la necessità di una messa a punto ogni tanto al computer di bordo e forse un po’ di ruggine nelle giunture - sembrano godere di ottima salute.

Missioni impossibili

Anche se più di una volta hanno lasciato gli scienziati con il fiato sospeso. Come quando nel 2005 Spirit è riuscito nella difficile impresa di scalare, nonostante il clima estremamente rigido, la cima della Husband Hill, alta quanto la Statua della Libertà. Ed è stata la prima volta che un veicolo terrestre ha scalato una montagna di un altro pianeta. O quando Opportunity (sempre nel 2005) è rimasto impantanato nel terreno sabbioso di Marte riuscendo a liberarsi da solo, dopo diverse settimane.

Ligi al dovere

Ma nonostante le avversità entrambi i robot sembra che stiano riuscendo a svolgere il loro principale obiettivo: trovare le prove del fatto che un tempo su Marte scorreva l’acqua (molto probabilmente salata). E finché la “salute” li assiste saranno mandati dai ricercatori ad approfondire l’argomento con nuove e più precise analisi geologiche.



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BeatAurora
00lunedì 9 ottobre 2006 12:42
Pianeti: ecco gli ultra-veloci

Una nuova tipologia di pianeti extrasolari è stata “scovata” da Hubble: gli ultra-rapidi.
Sono cinque pianeti che ruotano intorno alla loro stella a una velocità record, riuscendo a compiere un “giro” in meno di 12 ore.
Studiando una zona densa di stelle, nella costellazione del Sagittario, alcuni astronomi si sono accorti della presenza di 16 pianeti della grandezza di Giove. Alcuni sono veloci e ci mettono solo pochi giorni per compiere una rivoluzione intorno alla loro stella. Ma niente a che vedere con i cinque rapidissimi, detti di “ultra breve periodo” (clicca qui).
I sistemi usati per individuare i pianeti sono indiretti, gli scienziati di solito analizzano, con l’aiuto del computer, la luce delle stelle per capire se vi siano interferenze dovute a possibili campi gravitazionali planetari. O se ci sono momenti in cui la loro luce viene oscurata dal passaggio di un eventuale pianeta.




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BeatAurora
00lunedì 16 ottobre 2006 03:04
Venere: il mistero continua...

Venere, pur essendo, secondo gli esperti, il pianeta più simile alla Terra, rimane ancora un grande mistero.
Ma gli scienziati sono fiduciosi e sperano che presto la sonda spaziale Venus Express, grazie alla sua avanzata strumentazione di bordo, possa inviare dati dal pianeta, utili a spiegare alcuni dei suoi segreti. Prima di tutto che cos’è quella strana sostanza che si trova nell’atmosfera, sopra le nuvole, capace di assorbire i raggi ultravioletti.
L’atmosfera di Venere, si pensa che sia simile a quella della Terra miliardi di anni fa quando ancora non c’era la vita. Quando l’aria era satura di anidride carbonica e zolfo. Ma ancora non è chiaro cosa provochi la coltre di “fumo”, che la sonda riesce a penetrare solo con gli infrarossi. Ci sono poi altre questioni ancora in sospeso, che potrebbero dirci molto sul pianeta. Come per esempio, che cosa guida la sua veloce rotazione, che sembra la più rapida di tutti i suoi “vicini”. Perché i suoi venti soffiano solo da Est e se i suoi vulcani sono ancora attivi, contribuendo in qualche modo alla formazione dei gas “serra”.


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BeatAurora
00martedì 24 ottobre 2006 17:51
Niente ghiaccio sulla Luna

La speranza che sulla Luna ci sia il ghiaccio, si è sciolta come neve al sole. Gli astronomi della Cornell University (Usa), che osservano da tempo con il radio telescopio di Arecibo (Porto Rico), i crateri del polo sud lunare lo hanno escluso nella maniera più assoluta. Niente acqua quindi: la sonda spaziale Clementine, che nel 1996 aveva mandato strani segnali radar da questa zona, si sarebbe “sbagliata”. E quelli che da tempo si pensava potessero essere depositi di ghiaccio, sono in realtà solo detriti rocciosi.
Nessuna speranza allora per i futuri astronauti e colonizzatori della Luna, di potersi abbeverare a qualche fonte o di utilizzare l’acqua per alimentare le loro navicelle spaziali, sotto forma di ossigeno o idrogeno? Non si può ancora dire, nemmeno per gli astronomi che hanno annunciato la deludente notizia. Forse mischiati alla polvere lunare ci sono dei minuscoli granelli di ghiaccio. Ma le sonde e i telescopi potrebbero non accorgersene mai. Forse agli astronauti, che andranno lassù, spetta l’ultima parola.


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BeatAurora
00venerdì 3 novembre 2006 03:47
Quanti anni ha Venere?

I segreti di Venere potrebbero non essere celati da uno spesso strato di lava solidificata, come si riteneva fin'ora. Secondo l’analisi delle immagini inviate dalla sonda Magellano, l’ipotesi della catastrofe vulcanica, che avrebbe colpito il pianeta milioni di anni fa - ricoprendo quasi tutta la sua superficie di lava -, non è corretta.
Lo strato lavico, infatti, non esisterebbe e, inoltre, la superficie del pianeta potrebbero essere molto più antica di quanto si fosse mai pensato: formatasi non 500 milioni di anni fa, ma più di un miliardo di anni fa.
La tesi fin'ora suggerita dagli astronomi partiva dalla constatazione che la pioggia di meteore, che ha colpito anche altri pianeti nel tempo, su Venere ha creato molti meno crateri (solo 1.000) di quanti ci si aspettava (secondo le stime, 5.000). Così gli scienziati hanno cominciato a supporre che fossero “nascosti” sotto la lava.
Oggi arriva la conferma che questro strato di 3-5 Km di lava in grado di ricoprire quasi tutto il pianeta non c'è.
Forse solo le prossime analisi della sua superficie potranno dirci che fine hanno fatto i crateri e rivelare qualcosa sulla vera formazione geologica del pianeta, cominciando a svelarci qualche mistero.


focus
BeatAurora
00venerdì 10 novembre 2006 12:26
La stella più brillante dell’universo

Il telescopio spaziale Swift, ha registrato il più grosso bagliore prodotto da una stella, mai osservato prima. La stella, denominata II Pegasi, ha emesso un lampo di luce simile a quello di 50 milioni di miliardi di bombe atomiche. Se una combustione analoga fosse prodotta dal Sole, le radiazioni emesse sulla Terra, sarebbero probabilmente in grado di provocare un’estinzione di massa.
Ma per fortuna, affermano gli esperti, questo non dovrebbe succedere alla nostra stella. Per escluderlo in maniera più decisa però, i ricercatori vogliono approfondire l’attività di II Pegasi, mandando un’"Aragosta". O meglio un telescopio spaziale a raggi X, che si chiama come il crostaceo, perché ha la sua stessa capacità visiva (con un campo visivo molto ampio). I futuri dati, insieme a quelli inviati da Swift, prima e durante l’esplosione, potranno servire ai ricercatori per capire meglio ogni quanto avvengono queste combustioni sulla stella e perché sono così potenti.



focus
BeatAurora
00sabato 11 novembre 2006 12:38
Uragano sconvolge Saturno, Nasa
Il fenomeno osservato per la prima volta su un altro pianeta

(ANSA) - WASHINGTON, 10 nov - Una forte tempesta, simile a un uragano tropicale, sta sconvolgendo Saturno, secondo quanto registrato dalla sonda Cassini della Nasa. Il fenomeno e' stato osservato per la prima volta su un altro pianeta, in una stagione che, sulla Terra, e' stata insolitamente quieta da questo punto di vista.La perturbazione ha dimensioni pari a due terzi del diametro terrestre,circa 8.000 chilometri, inferiore alla tempesta permanente di Giove, che non mostra, tuttavia, le caratteristiche di un uragano.

BeatAurora
00mercoledì 15 novembre 2006 15:40
Una piccola porzione di Terra su Marte

Si pensa che su Marte quando fa caldo ci siano non più di 60 gradi sotto zero. Una temperatura alla quale è difficile per un astronauta resistere, anche se per poco tempo. Alla Nasa allora, hanno pensato che si potrebbe risolvere il problema “terrificando” il pianeta.
Il processo di “terraforming” (come si dice in inglese) prevede, infatti, che attraverso nuove tecnologie sia possibile rendere una piccola porzione di territorio marziano, più simile al nostro pianeta. Aumentando l’ispessimento dell’atmosfera e facendo alzare di molto la temperatura (che in alcune parti raggiunge anche i – 140), grazie al raddoppio della quantità di raggi solari che normalmente arrivano al pianeta.
Proprio per questo è allo studio un sistema di 300 palloni “riflettenti”, grande ciascuno 150 metri, che messi uno a fianco all’altro creino uno specchio di un chilometro e mezzo di larghezza, da collocare nell’orbita intorno a Marte, capace di riflettere la luce del sole e riscaldare un chilometro circa di territorio.
In questo modo i futuri astronauti potrebbero trovare in quella zona del pianeta rosso un clima primaverile, intorno ai 20 gradi e probabilmente – almeno secondo i piani dell’agenzia spaziale – abbeverarsi con l’acqua prodotta dal ghiaccio sciolto.



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BeatAurora
00giovedì 16 novembre 2006 23:17
Stella mangia pianeta?

In una remota zona nebbiosa e polverosa, nello spazio a 600 anni luce dalla Terra, una giovane stella ha “mangiato” un piccolo pianeta in embrione. L’ipotesi è stata fatta da alcuni astronomi del Thüringer Landessternwarte Tautenburg (TLT) in Germania, che hanno osservato una strana combustione in una regione chiamata LDN 1415.
Una nube infuocata (una nebulosa) è stata avvistata, nei pressi della stella, sintomo di una combustione in atto, che
- in base alle osservazioni degli scienziati - avrebbe prodotto una grande quantità di energia ad un'alta temperatura.
Ma l'astro è molto piccolo ed è difficile che abbia potuto scatenare tanta energia. Secondo le analisi fatte sulla luce, infatti, la sua massa è solo 13 per cento di quella del Sole, tanto che potrebbe essere considerata una stella nana.
Si sospetta, allora, che l’ingorda stella abbia inghiottito un piccolo pianeta in formazione (un protopianeta). In questo caso la strana combustione potrebbe essere stata provocata dalla grande quantità di materia che l'astro è riuscito ad assimilare e, probabilmente, anche a “digerire”.


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BeatAurora
00venerdì 15 dicembre 2006 11:50
Scoperte montagne di ghiaccio su Titano

Dopo i laghi, i fiumi e un gran canyon, non potevano mancare le cime innevate. Le montagne però, su Titano, sono diverse dalle nostre, sono tutte di ghiaccio e la neve potrebbe essere in realtà formata non dall’acqua, ma dal metano o altro materiale organico. Secondo le nuove immagini mandate da Cassini, infatti, sul suolo del satellite di Saturno sarebbero presenti montagne alte fino a 1500 metri, che si estendono per un raggio di 150 chilometri circa.
Sono le più alte mai avvistate finora dalla sonda spaziale e, secondo gli astronomi, si sarebbero formate in seguito all’impatto di qualcosa di molto pesante.
L’impatto, rompendo la spessa crosta di ghiaccio che ricopre la superficie di Titano, ha probabilmente fatto sgorgare un "magma" ghiacciato, composto da acqua e ammoniaca, che si trova a temperature sotto lo zero e che avrebbe portato alla formazione della gigantesca catena montuosa.

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BeatAurora
00mercoledì 10 gennaio 2007 11:31
La stella a quattro poli


Una stella con quattro poli magnetici, esattamente il doppio di qualsiasi astro conosciuto.
È quello che, con grande sorpresa, hanno scoperto gli astronomi del New Mexico Institute of Mining and Technology. La stella si troverebbe, secondo gli scienziati, nella nebulosa del Granchio. Il segnale radio “secondario” proveniente da questa parte del cielo, era già stato individuato ed era stato considerato anomalo, ma mai si era ipotizzato che una stella potesse avere due poli supplementari. L’impulso secondario è un fascio estremamente ristretto di frequenze radio che producono un segnale più lungo e intenso del normale.
Ma c’è anche chi non crede alla scoperta. David Thompson, della Nasa, sostiene che alla base della scoperta vi sia un errore di osservazione. «È prematuro – afferma Thomspon – dire se si tratti di un unico corpo stellare provvisto di due poli nord-sud dello stesso tipo».


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BeatAurora
00sabato 13 gennaio 2007 20:14
L’universo a misura di hobbit

Alcuni astronomi hanno scoperto una serie (otto in tutto) di piccole galassie. Le più piccole mai osservate. Una in particolare, soprannominata Leo T, ha attirato l’attenzione degli scienziati: è grande circa 1.200 anni luce, troppo piccola anche per essere classificata come “nana”. E quindi le hanno attribuito il soprannome di “galassia hobbit”, in onore dei piccoli eroi creati dalla penna di Tolkien. La scoperta è stata giudicata molto importante, perché conferma la teoria secondo cui la formazione delle grandi galassie ha lasciato molte “briciole” che fluttuano nello spazio. Ciò che rende Leo T unica sono la bassa attrazione gravitazionale e la presenza di gas volatile, in grado di generare nuove stelle. Rimane ora da verificare se la piccola galassia è destinata a diventare il primo esemplare di una nuova categoria di galassie, come suggeriscono alcune simulazioni al computer.


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BeatAurora
00martedì 16 gennaio 2007 15:01
La prima cometa dell'anno

Nella foto: la cometa McNaught. © Jon Shanklin


Si annunciava come un evento rarissimo, tanto che gli astronomi non se lo sono lasciato scappare. Il passaggio della cometa McNaught tra la Terra e il Sole ha offerto la possibilità di scattare foto ad alta risoluzione della coda e di studiare meglio sua composizione chimica. La McNaught è un corpo celeste di dimensioni medie, ma il suo passaggio ravvicinato l’ha resa la più brillante degli ultimi 40 anni, tanto da essere stata visibile - nei giorni scorsi - in entrambi gli emisferi a occhio nudo.
Ora le immagini serviranno per analizzare la coda, che potrà rivelare nuovi particolari anche sull’azione del vento solare. E c’è già chi attende queste informazioni con molto interesse. In particolare gli scienziati impegnati nella missione Rosetta (partita nel 2004 e promossa dall’Agenzia Spaziale Europea), che per il 2014 stanno progettando un atterraggio soft della sonda proprio su una cometa.

foxus
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