MARCO TRAVAGLIO, I POMPIERI DI POMPA, E I PARTICOLARI SUI DOSSIER RACCONTATI DA FRANCESCO GRIGNETTI

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INES TABUSSO
00lunedì 9 luglio 2007 16:14



L'UNITA'
9 luglio 2007
SISMI - TELECOM COLPO DOPPIO
MARCO TRAVAGLIO
- a pag.1

www.unita.it/view.asp?IDcontent=67299


I pompieri di Pompa & C. sono già all’opera nel tentativo di spegnere lo scandalo di spionaggio illegale più grave dai tempi del caso Sifar: quello del Sismi dell’èra Pollari. Ma l’impresa di minimizzare i dossier sequestrati nell’ufficio pompesco di via Nazionale è ardua: salvo dimostrare che quegli appunti si sono scritti da soli, o che erano la bozza di un romanzo giallo, o magari che lo spione che li compilava e conservava era dotato di virtù divinatorie.

Visto che i bersagli delle sue attenzioni entravano ipso facto nel mirino di Berlusconi e della sua band. L'episodio più grave tra quelli finora emersi, dunque il più ignorato da pompieri & minimizzatori, è quello rivelato due giorni fa da Francesco Grignetti su la Stampa: il falso dossier di Pompa per screditare l'allora capo del Sismi, ammiraglio Gianfranco Battelli, poi sostituito dall'amico (di Pompa e di Berlusconi) Niccolò Pollari. Un caso da manuale di «tecnica di un colpo di mano», che fa il paio con quello gemello avvenuto in casa Telecom negli stessi giorni dell'estate 2001: la prima estate del secondo governo Berlusconi. Anche lì si trattava di epurare la vecchia guardia per rimpiazzarla con la banda Tavaroli, gemellata col Sismi pollariano tramite Marco Mancini. E anche lì non si esitò a ricorrere al falso per agevolare il cambio della guardia: una finta microspia nell'auto dell'amministratore delegato Enrico Bondi screditò i vecchi 007, prontamente rimpiazzati dai Tavaroli Boys. Due bufale d'autore per spianare la strada, ai vertici dell'intelligence dello Stato e del colosso telefonico nazionale, a quella che un generale del Sismi definirà poi «la Banda Bassotti», ora indagata a vario titolo per sequestro di persona, dossieraggi illegali, peculato, associazione a delinquere e così via.

Nell'agosto 2001 Berlusconi ha appena insediato il suo governo e già rischia di tracollare per la sciagurata gestione del G8 di Genova. Al Sismi c'è ancora Battelli, nominato dal centrosinistra dopo aver fatto il capo di gabinetto di Beniamino Andreatta, padre nobile dell'Ulivo e ministro della Difesa nel primo governo Prodi. Pollari scalpita nel suo ufficio di vicedirettore del Cesis (organo di coordinamento dei servizi) e intrattiene una fitta corrispondenza con l'«analista» Pio Pompa, segnalatogli dal comune amico don Luigi Verzè, il prete-affarista del San Raffaele che è una sorta di cappellano di Forza Italia. Pompa produce «report» a getto continuo sui presunti nemici del Cavaliere, un vero e proprio «network internazionale» da «disarticolare» anche con «metodi traumatici». Il nemico - avverte - si annida ovunque, financo a Palazzo Chigi, dove urge «bonificare». Cioè, anzitutto, cacciare l'ammiraglio Battelli, noto comunista, complice - secondo Pompa - delle manovre del «dispositivo» antiberlusconiano «tese a introdurre elementi di discredito e di depotenziamento della maggioranza… a seguito dei gravissimi fatti relativi al G8 e delle durissime polemiche sfociate nella costituzione del Comitato bicamerale di indagine conoscitiva». Il vertice Sismi (in una bozza dello stesso report, Pompa fa nome e cognome di Battelli) avrebbe addirittura «costituito una ristretta task force con il compito di produrre le prove circa la presenza di estremisti di destra negli incidenti di Genova». In pratica l'ammiraglio infedele starebbe trescando con l'ex maggioranza ulivista per sabotare il governo di centrodestra fabbricando una pista nera (Forza Nuova al posto dei No global) dietro ai Black Bloc «con l'intento di alleggerire la posizione di difficoltà dell'opposizione offrendole argomenti in grado di accrescerne il potere contrattuale nei confronti del governo, costringendolo a mediare sulle decisioni che investono i vertici di polizia e dei servizi di sicurezza». L'appunto, fondato sul nulla, è della fine di agosto del 2001. Il 27 settembre Berlusconi decapita i servizi: al Sismi esce Battelli ed entra Pollari, con Pompa al seguito.

Intanto l'operazione si ripete pari pari alla Telecom. Qui la patacca non è un dossier fasullo, ma una cimice-bufala. Protagonista il trio Tavaroli-Mancini-Cipriani (quest'ultimo un investigatore privato fiorentino amico di Gelli e intimo dei primi due). Secondo il gip milanese Paola Belsito, che li ha arrestati in blocco, Mancini come numero 2 del Sismi «acquisiva nell'ambito del suo ruolo istituzionale informazioni che trasmetteva a sua volta a Tavaroli, il quale le veicolava sull'investigatore Cipriani, retribuito dalle aziende di Tavaroli con cospicue somme di denaro». Prova regina della triangolazione: una «bonifica fasulla fondata su argomenti assai seri e convincenti» che consentì a Tavaroli di «acquisire un potere ancora maggiore» con l'«azzeramento dei vertici della security Telecom». Nell'estate 2001, quando Tronchetti Provera acquista la Telecom, Tavaroli è capo della security Pirelli. Ma, com'è ovvio, aspira a mettere le mani sulla prima compagnia telefonica del paese, che gestisce pure le intercettazioni per conto dei giudici. Ma Telecom una security ce l'ha già, diretta da Piero Gallina sotto la supervisione del segretario generale Vittorio Nola. Il primo deve saltare per far posto a Tavaroli e ai suoi boys, il secondo perché bolognese e dunque ritenuto un pericoloso «prodiano». Detto, fatto. Occhio alle date. Il 31 luglio 2001 il Cda Telecom nomina Enrico Bondi amministratore delegato. Il 7 agosto il top manager noleggia un'Audi A8 e avverte interferenze sospette nell'autoradio. Se ne occupa l'autista di Tronchetti Provera che, anziché affidare l'auto alla sicurezza Telecom, si rivolge a Tavaroli (Pirelli). Questi lo manda a Firenze all'officina Verzoletto, legata all'amico Cipriani. E qui, puntualmente, il 21 agosto viene trovata la presunta microspia. Tronchetti sporge denuncia contro ignoti, viene aperta un'inchiesta, la security Telecom - additata come incapace di proteggere da intrusioni i nuovi vertici del gruppo - è delegittimata: il 10 settembre Nola e Gallina si dimettono: al loro posto arriva Tavaroli, con 500 uomini, budget e poteri illimitati. Il 15 settembre la Polis d'Istinto fabbrica un dossier zeppo d'illazioni e veleni su Prodi e Nola a proposito di presunti finanziamenti occulti al Professore camuffati da attività promozionali della Telecom.

Solo cinque anni più tardi, indagando sul fallimento della Verzoletto, si scoprirà che la cimice era fasulla (un telefono cellulare smontato, senza display, tastiera e involucro esterno e dotato di un'antenna e un cavetto artigianale) e, per giunta, a infilarla nell'auto di Bondi era stata la stessa ditta indicata da Tavaroli per la «bonifica». La tecnica del colpo di mano la racconterà ai pm milanesi nel 2006 Lorenzo Baroncelli, esperto in bonifiche ambientali della Verzoletto Spa: «Il 20 agosto sera Verzoletto ci disse di prepararci a bonificare una macchina che sarebbe arrivata il mattino seguente. Il mattino seguente in laboratorio Verzoletto ci disse che la bonifica avrebbe portato a trovare una microspia di sicuro, ma io mi chiesi come poteva fare a saperlo visto che tra l'altro tutte le bonifiche che avevamo fatto fino a quel momento non avevano mai trovato un tubo. Ma il mio collega mi disse: 'Fava, la microspia la piazziamo noi'. A quel punto ci disse di fare finta di diventare operativi e cominciamo a lavorare su questa Audi A8 con operazioni solo tese a perdere del tempo in modo che l'autista potesse essere allontanato con la scusa di un caffè. A quel punto la microspia fu piazzata nella plafoniera della luce di cortesia. Al ritorno dell'autista, Verzoletto affermò che la microspia era stata ritrovata: si trattava di un cellulare sgusciato di quelli che preparavamo in laboratorio… ».

Fu così che nel settembre 2001, mentre Pollari e Pompa s'insediavano al Sismi, Tavaroli si installò alla security Telecom. La Banda Bassotti aveva preso il potere. E non era la sola.

Pubblicato il: 09.07.07
Modificato il: 09.07.07 alle ore 6.03




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LA STAMPA
del 9/7/2007
"PUO' DANNEGGIARE IL GOVERNO"
COSI' NEL MIRINO DI PIO POMPA FINI' ANCHE IL MINISTRO FRATTINI
(GRIGNETTI FRANCESCO)
- a pag.5

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LA STAMPA
del 9/7/2007
Int. a DE GREGORIO SERGIO
"HA SEMPRE OBBEDITO AI PREMIER DI TURNO"
(GRIGNETTI FRANCESCO)
- a pag. 2/3

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LA STAMPA
del 8/7/2007
IL POLITICO, LA TOGA E LA TRESCA ANTI-SILVIO
(GRIGNETTI FRANCESCO)
a pag. 2/3

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LA STAMPA
7/7/2007
FALSO DI POMPA SUL G8 BRUCIO' IL CAPO DEL SISMI
(GRIGNETTI FRANCESCO)
a pag. 8

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LA STAMPA
del 5/7/2007
COSI' GLI 007 CONTROLLAVANO LA SPECTRE DELLE TOGHE ROSSE
(GRIGNETTI FRANCESCO)
a pag. 3

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LA STAMPA
6/7/2007
"Il generale di Berlusconi tramava con la sinistra"
Lo 007 Pompa: Tricarico da Palazzo Chigi inviava rapporti contro il premier
FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA
Tra i tanti «nemici» che nel 2001 il Sismi di Pio Pompa vedeva attorno alll’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, c’era un generale che aveva un ufficio a Palazzo Chigi e che il nuovo premier si era ritrovato come addetto militare, Leonardo Tricarico, dell’Aeronautica militare, chiamato a quel ruolo da D’Alema e poi confermato da Amato.

Il generale Tricarico - che comunque nel 2002 e 2003 ha organizzato vertici internazionali di grande prestigio e poi era stato nominato Capo di stato maggiore dell’Aeronautica - si era meritato un lungo e articolato dossier. Nome in codice, «Rik». Ne viene fuori un quadro paranoico in cui magistrati, uomini delle Forze armate, Quirinale, tramano assieme a esponenti diessini per pugnalare alle spalle Berlusconi.

«Nell’ottica di una strategia, volta a perseguire ambiziosi obiettivi personali - è l’incipit del documento rinvenuto dai magistrati nell’archivio occulto di via Nazionale - egli avrebbe mantenuto solidi collegamenti con l’opposizione appoggiandosi in particolare a Folena, che fungerebbe da “trade union” (sic), e ad altri elementi di spicco come Violante, Cesare Salvi, e Brutti facenti parte, tra l’altro, del comitato interno per la sicurezza del partito dei Democratici di sinistra».

La causa di Cofferati
Il generale di Palazzo Chigi, che Pompa considera un dalemiano, però a un certo punto avrebbe uno sbandamento ideologico. «Risulterebbe inoltre che abbia abbracciato la causa di Cofferati e le posizioni da questi rappresentate sullo scenario attuale. Tant’è che D’Alema, venuto a conoscenza di tale situazione, avrebbe preso le distanze dal suo vecchio collaboratore».

La sostanza del dossier è che di Tricarico non ci si può fidare perché «organico alle forze che operano, a livello nazionale e internazionale, nel predisporre le condizioni per la caduta del Premier». E quindi non soltanto il generale, secondo quanto Pio Pompa segnala a chi di dovere, intreccerebbe rapporti con magistrati di sinistra (i soliti «esponenti di rilievo di Magistratura democratica e Medel»), ma anche giornalisti.

Gruppi di pressione
«Gruppi di pressione mediatica interni, come Serventi Longhi (a sua volta in stretti rapporti con Mosca Moschin, Camporini, Cucchi e Di Paola \ attraverso i quali sta attualmente gestendo la vicenda legata alla formazione degli inviati di guerra) e Furio Colombo, e esterni con una focalizzazione su Le Monde e il suo direttore». Principale colpa addebitata da Pio Pompa al generale fellone: passare le notizie alla sinistra. Uno dei canali, insospettabile, è Marta Dassù, la specialista di questioni internazionali, nonché stimata collaboratrice di D’Alema. La Dassù, ad esempio, aveva tenuto una relazione a Bruxelles il 9 settembre (del 2002, Ndr) per un incontro dell’European Security Forum. Si parlava di Iraq.

Lettura ispirata
La sua lettura della politica italiana sarebbe stata «opportunamente ispirata da Rik, nella quale viene evidenziata l’incertezza in cui verserebbe l’Esecutivo italiano, in particolare il Premier, sulla strategia da adottare... Inoltre la Dassù in incontri riservati avrebbe evidenziato l’estrema precarietà dell’attuale governo, derivante dai problemi giudiziari del Presidente del Consiglio e si sarebbe fatta carico di diffondere, su incarico di Rik, notizie di particolare delicatezza provenienti da ambiti militari».

E’ una fronda interna al mondo militare, quella che Pompa teme. O forse pensa che Tricarico faccia filtrare questa impressione ad arte. Ma intanto le notizie di cui sopra sarebbero legate, di nuovo, a Mosca Moschin, Camporini e Cucchi «facenti parte, tra l’altro, del Comitato organizzatore (di cui farebbe parte anche Rik) per il rientro anticipato, sulla scena politica, di Prodi». Un meeting egiziano

E di questo «Comitato», che non si capisce se sia una dicitura ironica o seria, «si è avuta notizia di un meeting» egiziano, in quel di Sharm el Sheik, «al quale avrebbero partecipato Romano Prodi, Cucchi, Antonio Casu, Stefano Nones e Politi». Si rasenta insomma la congiura, se non addirittura l’alto tradimento. «Dell’obiettivo finale del Comitato sarebbe al corrente anche il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Gaetano Gifuni, cui farebbe costante riferimento Mosca Moschin scavalcando, su diverse questioni attinenti il suo ruolo, lo stesso ministro della Difesa». Già, perché nel 2002, Rolando Mosca Moschin era pur sempre il Capo di stato maggiore della Difesa.

Affari aeronautici
Infine, puro veleno nella coda, il dossier Tricarico si chiude con un accenno agli affari. Il generale dell’Aeronautica sarebbe stato avvicinato da imprese del settore. «Di qui l’asse che lo legherebbe a determinate grandi multinazionali francesi, quali l’aggressiva Electricité de France, il Consorzio Air Bus, la Vivendi, il gruppo Thales».





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