L'uomo di Neanderthal

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BeatAurora
00sabato 16 settembre 2006 14:59
Gli ultimi uomini di Neanderthal



Due teschi di un uomo di Neanderthal (Homo
neanderthalensis) a sinistra e uno di sapiens
sapiens (a destra).

Si è sempre pensato che l’uomo di Neanderthal si fosse estinto con l’arrivo in Europa dei Sapiens. Ora, alcuni oggetti trovati a Gibilterra rivelano che i due gruppi hanno convissuto per millenni.

La recente scoperta di un team di ricercatori di Gibilterra potrebbe costringere gli antropologi a riscrivere alcune pagine della storia umana. Clive Finlayson e i suoi colleghi del Gibraltar Museum hanno infatti portato alla luce oltre 240 manufatti in pietra databili tra i 24.000 e i 28.000 anni fa, che dimostrerebbero come a quell’epoca il nostro continente, già in parte colonizzato dall’homo sapiens, fosse ancora abitato da numerosi esemplari di uomo di Neanderthal, che si riteneva invece già estinto. Gli oggetti ritrovati dagli archeologi sono infatti selci, quarziti e pietre focaie del tipo cosiddetto Musteriano, la cui produzione viene associata esclusivamente alle limitate capacità manuali del nostro più antico progenitore.

Seduzioni impossibili

Sembra dunque provato che l’uomo di Neanderthal, prima di estinguersi definitivamente, abbia convissuto per diversi millenni sul suolo europeo con l’homo sapiens. Gli antropologi sono comunque scettici sul fatto che le due specie, pur essendo sicuramente entrate in contatto tra loro, siano riuscite a incrociarsi . Le analisi condotte sui resti fossili di diversi uomini di Neanderthal evidenziano come la loro struttura genetica fosse sostanzialmente diversa da quella dell’uomo moderno. Se anche le due specie si fossero incrociate, i geni dell’uomo di Neanderthal non sarebbero dunque sopravvissuti al processo evolutivo.

Misteri svelati

La scoperta di Finlayson sembra quindi risolvere anche il mistero del bambino di Lagar Velho: si tratta dei resti di un individuo scoperto in Portogallo e databile intorno ai 24.500 anni fa, la cui giovane età ha reso fino a oggi assai difficile la catalogazione come ibrido tra uomo di Neanderthal e homo sapiens, anche perché si riteneva che in quel periodo il primo fosse già scomparso dal pianeta.

Al caldo si sta meglio

Secondo i ricercatori, l’uomo di Neanderthal avrebbe trovato nell’Europa meridionale delle condizioni ambientali particolarmente favorevoli che gli avrebbero permesso di sopravvivere un po’ più a lungo che nelle altre zone della Terra. La loro estinzione definitiva sarebbe quindi da imputare al loro sempre più ristretto numero, e non a uno sterminio compiuto dall’homo sapiens.


focus
BeatAurora
00giovedì 16 novembre 2006 23:37
Sequenziato il DNA dell'uomo di Neanderthal

Il genoma umano è stato messo a confronto con quello dell’uomo di Neanderthal, di cui è stato codificato parte del DNA.

Fornendo le prime informazioni sul nostro antico cugino.


Cosa abbiamo in comune con l’uomo di Neanderthal? Forse un ancestrale antenato. Ma poi, circa mezzo milione di anni fa, l’Homo sapiens (da cui discendiamo) e il neanderthaliano si sarebbero distinti. Le due specie, inoltre, una volta separate probabilmente non si sono mai più incrociate, nonostante un periodo di coabitazione in alcune zone d’Europa. È quello che rivelano le nuove analisi del DNA, estratto da alcune ossa fossilizzate, compiute da due team di scienziati differenti, uno statunitense e l’altro tedesco.

Cugino dove sei?

Ma parentele a parte, chi era veramente l’uomo di Neanderthal, di che colore erano i suoi capelli, i suoi occhi e la sua pelle? Era forse capace usare un linguaggio “umanoide”, come funzionava il suo cervello? E soprattutto come mai si è estinto 30.000 anni fa?
Sono tutte domande a cui le future analisi dell’antico DNA, nei prossimi anni, potrebbero dare una risposta. Soprattutto se, come promette Svante Paabo del Max Planck Institute in Germania, si arriverà alla codifica dell’intero genoma dell'ominide. Usando il nuovo metodo chiamato “direct sequencing approach”, che ha permesso allo scienziato tedesco e al suo team di scoprire un milione di paia di basi di DNA, da un osso di un uomo vissuto 38.000 anni fa.

Metodi innovativi

Il nuovo approccio diretto, infatti, permette il sequenziamento anche quando il materiale genetico risulta molto rovinato e frammentato. Un sistema che potrebbe essere utilizzato anche per l’analisi genetica di molte altre specie estinte. Il team Edward Rubin del Berkeley National Laboratory in California, invece ha usato il metodo tradizionale indiretto, che utilizza copie di Dna prodotte da batteri, arrivando comunque a buoni risultati: la codifica di 65.000 paia di basi.



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Boypoe
00venerdì 24 novembre 2006 13:03
estinto io?
non ho mai smesso di prendere a clavate le donne..mangio ancora carne..accendo ancora il fuoco per cuocere il cibo..estinto io?
Disprezzo ancora oggi altri popoli..ancora faccio guerre e uccido i miei simili e gli animali..estinto io?
Rubo al piu' debole..lo metto sotto i piedi..lo derido per farmi grande davanti agli altri cavernicoli..
Strano..non sono estinto probabilmente mi sono modernizzato..o no?
[SM=x660457]
BeatAurora
00domenica 26 novembre 2006 12:32
[SM=g27818] [SM=x660459]
BeatAurora
00sabato 9 dicembre 2006 20:08
Ominidi cannivori


Nella foto: dalle mascelle degli uomini di Neanderthal sono risultati evidenti i danni causati dall'inedia (indicati nelle foto dalle frecce).
© Antonio Rosas



Dare a una persona dell’uomo di Neanderthal non è considerato propriamente un complimento. Se poi si scopre che questi ominidi probabilmente erano cannibali, il quadro decisamente non migliora!
Antonio Rosas, esperto paleontologo del Museo Nazionale di Scienze Naturali di Madrid, è l’autore di questa recente scoperta: egli ha esaminato i resti di uomini di Neanderthal di 43.000 anni fa, localizzati nella caverna di El Sidron, a Nord della Spagna. La dentatura di otto scheletri presenta segni di un’interruzione della crescita, dovuta molto probabilmente a condizioni di denutrizione. Per di più alcune delle ossa presentano dei tagli dovuti, a quanto pare, a cannibalismo praticato all’interno del gruppo.
Secondo quanto Rosas ha riferito alla rivista NewScientist, è inoltre possibile che quest’azione venisse praticata all’interno di cerimonie religiose. Ciò che è certo, comunque, è che l’uomo di Neanderthal deve aver vissuto in condizioni ambientali davvero terribili:collocarlo nella giusta dimensione storica potrebbe addolcire la nostra opinione su di lui…

focus
BeatAurora
00sabato 27 ottobre 2007 18:25
L'uomo di Neanderthal e l'Homo sapiens



avevano i capelli rossi e la pelle chiara



- L'uomo di Neanderthal non era simile alla scimmia, come siamo stati abituati a vederlo nei libri di storia, ma aveva sembianze molto umane. Aveva i capelli rossi e la pelle chiara. Un gruppo di ricercatori italiani, spagnoli e tedeschi ha compiuto un'analisi sul dna nucleare di due reperti ossei neanderthaliani, che sarà pubblicata sulla rivista Science. I fossili studiati sono stati ritrovati sia nel nostro Paese, sui monti Lessini, conservati nel museo di Storia naturale di Verona, che in una grotta spagnola dell'Asturia.

David Caramelli, docente di antropologia molecolare del dipartimento di Biologia animale e genetica dell' università di Firenze, capofila del team di ricercatori italiani, insieme a Laura Longo del museo di Verona ha spiegato che lo studio del dna ha permesso di confermare le ipotesi già in precedenza avanzate. Si è visto, infatti, che l'uomo di Neanderthal (vissuto in Europa e in Oriente da 250 mila a 30 mila anni fa) e l'Homo sapiens (che dall'Africa è arrivato in Europa circa 50 mila anni fa) avrebbero avuto capelli rossi e scarsa pigmentazione della pelle. Pur avendo sviluppato entrambi queste caratteristiche è, però, da escludere un incrocio tra le due specie.

La motivazione, come Darwin insegna, deriva sempre dall'adattamento all'ambiente. Entrambi, infatti, vissero ad alte latitudini, perciò ebbero la necessità di sviluppare caratteristiche che consentissero di assorbire più raggi solari (pelle chiara) e quindi evitare gli scompensi dovuti alla scarsa produzione di vitamina D.

«L'analisi - ha spiegato il professor Caramelli - è stata condotta in parallelo sui due reperti, uno conservato al museo di Verona, l'altro proveniente da una grotta spagnola, la Cava de El Sidron dell'Asturia. I risultati hanno portato alle stesse conclusioni». Laura Longo ha inoltre evidenziato che «i Neanderthal che frequentavano le grotte del veronese non solo condividevano le stesse caratteristiche culturali dei cugini spagnoli, ma anche alcuni tratti somatici».

È la prima ricerca che riesce a tratteggiare caratteristiche fenotipiche dallo studio di una sequenza di dna. I ricercatori dei tre team hanno, infatti, analizzato il gene MC1r che regola la pigmentazione nell'uomo e nei vertebrati in genere. Le varianti genetiche di questo gene, che ne riducono la funzionalità, si trovano in genere in individui con pelle chiara e capelli rossi. Nei due Neanderthal presi in considerazione sono state ritrovate modifiche particolari di questo gene, che non compaiono in nessun essere umano moderno e che avrebbero portato ad avere capelli rossi e pelle chiara. Questi due elementi vanno ad aggiungersi alle caratteristiche già conosciute dell'uomo di Neanderthal, come gli arti corti e molto robusti, l'altezza di circa 1,60 centimetri, la mascella sporgente, il mento debole e la fronte sfuggente. L'esemplare si estinse circa 30 mila anni fa ed è l'ultimo a presentare sembianze non propriamente umane. L'Homo sapiens, invece, era anatomicamente più vicino alla nostra specie.

Le ricerche proseguiranno su altri frammenti ossei dell'uomo di Neanderthal, anche se non sarà possibile effettuarle su tutti i 300 reperti fossili ritrovati in Europa perché non sempre si riesce a ricavarne il dna. «Si potranno così identificare - ha sottolineato Caramelli - altre caratteristiche somatiche dei Neanderthal e stabilire anche quali sono quelle uniche della nostra specie».


ilmessaggero
BeatAurora
00giovedì 17 aprile 2008 11:06
Ascolta la voce dell'uomo di Neanderthal

E' stata ricostruita al computer in Florida

ROMA (16 aprile) - Un sintetizzatore ha fatto parlare l'uomo di Neanderthal che fino agli anni '70 si pensava fosse incapace di emettere suoni. La ricostruzione della sua voce si deve a Robert McCarthy antropologo dell'università della Florida. Lo scienziato ha ricostruito la laringe del Neanderthal grazie a fossili trovati in Francia che rislagono a 50mila anni fa. A dare la notizia la rivista New Scientist. «Diciamo che gli uomini di Neanderthal erano capaci di parlare con diversi toni vocali per farsi capire l'un l'altro - ha spiegato McCarty - e che probabilmente parlavano in modo un po' diverso dal nostro, con meno suoni». Il team di McCarthy ha costruito e riprodotto il suono della sua "E". Secondo alcuni scienziati l'uomo preistorico condividevano con gli uomini moderni una versione del gene Foxp2, il cosiddetto «gene del linguaggio »responsabile della produzione di una proteina, indispensabile al funzionamento delle differenti zone del linguaggio.


ilmessaggero
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