Il ritorno a casa di Almodóvar

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vanni-merlin
00domenica 21 maggio 2006 14:49
19 maggio 2006
Il ritorno a casa di Almodóvar

di Federica Giovannelli

“Volver”, vale a dire tornare.



E di un ritorno in molteplici sensi si può parlare a proposito del sedicesimo lungometraggio di Pedro Almodóvar, appena presentato in concorso al 59° Festival di Cannes.
Ritorno alle origini, alle radici, innanzitutto, ai luoghi dell’autobiografia e ai ricordi dell’infanzia e delle persone infinitamente amate e care che l’hanno popolata. Ritorno dei morti alla vita, poi, in una vittoria della vita sulla morte che simbolicamente richiama la continuità, la persistenza e il potere della memoria di rendere presente ciò che appartiene al passato, di recuperare l’odore, il sapore, la concretezza di ciò che sembrava definitivamente perduto. Lo stesso potere che ha il cinema - avrebbe detto Bazin - di sconfiggere la morte conservando la forma di ciò che è destinato a scomparire.
E ancora, ritorno ad un cinema che parla di donne alle donne, dopo la breve parentesi maschile rappresentata da “La mala educación” (2004), e nel segno di film che sono piccole o grandi storie al femminile come “Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio” (1980), “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” (198[SM=g27989] e “Tutto su mia madre” (1999). Ritorno, infine, a quelle attrici feticcio che da lunghi anni “disertavano” le pellicole del regista spagnolo, volti che sono indissociabili dalla sua carriera e ne sono le incarnazioni esemplari, i volti espressivi, irrequieti ed intensi di Penélope Cruz e Carmen Maura.
“Volver” è figlio della terra dove è stato girato, la Mancha che ha visto Almodóvar bambino e la cui gente ha ancora antiche e radicate credenze, in particolare riguardo all’aldilà e a coloro che lo abitano senza mai troncare i legami con il nostro mondo. Spiriti che nella Mancha, però, non fanno paura perché non sono meno “normali” e reali di noi e per questo ci spingono a sospendere la nostra incredulità, la nostra diffidenza, secondo un procedimento preso in prestito da tanta letteratura fantastica. L’insolito e l’ordinario convivono in “Volver” al punto che ciò che abitualmente consideriamo anomalo diventa a sua volta la regola, come accadeva ai travestiti, alle prostitute, ai gay, alle donne sole e abbandonate, ai borderline che la società non accoglie, non accetta, non integra ma che nel cinema almodóvariano sono sempre stati di casa, sono sempre stati a casa.
“Volver” è ambientato tra paesaggi urbani e paesaggi rurali, tra la Spagna di Madrid e quella profonda dei “puebli” in cui civiltà e superstizione, modernità e arretratezza coesistono come le tre generazioni di donne che abitano quella terra, unite da vincoli solidi e ramificati come le radici degli alberi. Madri, figlie, sorelle e nonne i cui drammi sono non di rado attraversati da una comicità venata di humour nero e che danno corpo ad una famiglia di stampo matriarcale, in cui gli uomini o sono accessori e marginali oppure sono già morti.
La sequenza iniziale del film individua da subito il tono e il tema della narrazione: donne di tutte le età sfregano animatamente le tombe dei propri defunti battute dal vento solano, a sottolineare la visceralità dei legami tra chi è ancora vivo e chi non è più di questo mondo. Raimunda (Penélope Cruz) fa le pulizie all’aeroporto di Madrid, è sposata con un operaio disoccupato (Paco/Antonio de la Torre) e ha una figlia adolescente (Paula/Yohana Cobo). È bella Raimunda, di quella bellezza carnale che ricorda le straordinarie attrici di tanto cinema italiano, non a caso chiamato in causa da Almodóvar con un omaggio al Visconti e alla Magnani di “Bellissima” (1951), un altro film sul rapporto simbiotico ed esclusivo tra madre e figlia.
Sole (Lola Dueñas) è sua sorella maggiore e fa la parrucchiera in casa a Madrid, lontana anche lei dal pueblo della Mancha dove sono cresciute e dove ancora vive la vecchia zia Paula (Chus Lampreave) con la vicina Agustina (Blanca Portillo) che si prende cura di lei. La madre Irene (Carmen Maura) è morta in un incendio con loro padre anni fa, ma basta che Paula venga improvvisante a mancare e Irene riappare a sua figlia Sole, come se il tempo non fosse passato e lei fosse sempre la stessa, fatti salvi i lunghi e scarmigliati capelli bianchi. Anche Irene, come altri fantasmi, deve affrontare alcune questioni che ha lasciato irrisolte, ma quelle non sono che pretesti per far procedere una narrazione dagli accenti iperrealisti che è più interessata a mettere a nudo i caratteri, i sentimenti, le emozioni e meno ai colpi di scena, alle rivelazioni, agli scioglimenti a sorpresa.
Nella forma di una commedia impura che deve molto al melodramma familiare anni ’50, con la sua predilezione per il punto di vista delle donne e la sua messa in scena altamente espressiva, “Volver” ancora non interrompe la tradizione maschile, ma riconosce l’esistenza di un retaggio femminile. Un retaggio di solidarietà, di condivisione, di relazione, d’amore.

Titolo originale: “Volver”; Regia e sceneggiatura: Pedro Almodóvar; Fotografia: José Luis Alcaine; Montaggio: José Salcedo; Scenografia: Salvador Parra; Suono: Miguel Rejas; Musica: Alberto Iglesias; Produzione: El Deseo S.A.; Distribuzione: Warner Bros.; Interpreti: Carmen Maura, Penélope Cruz, Dueñas, Yohana Cobo, Chus Lampreave, Blanca Portillo, Antonio de la Torre; Origine: Spagna; Anno: 2006; durata: 111’.



da: www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1905002429&chId=30&artType=Articolo&DocRulesVie...

-NastyAngel-
00giovedì 25 maggio 2006 16:09
Dev'essere un film molto interessante, credo che l'andro' a vedere poi adoro Almodovar!
vanni-merlin
00sabato 27 maggio 2006 00:01
Re:

Scritto da: -NastyAngel- 25/05/2006 16.09
Dev'essere un film molto interessante, credo che l'andro' a vedere poi adoro Almodovar!




buona visione [SM=g27985]


ciao


vanni

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