IL CASO WOODCOCK

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INES TABUSSO
00mercoledì 28 giugno 2006 00:23


LA STAMPA
27 giugno 2006
LO SFOGO DEL PM
AL CSM NON SAREBBE ANCORA ARRIVATA ALCUNA NOTA SUL SUO OPERATO
Woodcock: ho sempre riferito tutto
Guido Ruotolo


ROMA. «La decisione del procuratore appare assurda, incomprensibile. Le richieste di arresti cautelari sono state inoltrate al gip ben prima che andasse in vigore il decreto attuativo della riforma dell’ordinamento giudiziario, che impone la controfirma del capo dell’ufficio». Si sfoga con i suoi amici e colleghi, il pm Henry John Woodcock, nel giorno del mancato incontro chiarificatore con il capo dell’ufficio, Giuseppe Galante. Mentre ai giornalisti che lo pressano, il pm si limita a dire: «Non c’è nulla da dichiarare. Sono sorpreso, anzi no, non sono neanche sorpreso. Ne prendo atto».

L’incontro tra il procuratore Galante e il sostituto Woodcock era stato in qualche modo preannunciato dallo stesso procuratore di Potenza, domenica sera, quando aveva fatto sapere che avrebbe chiarito la sua iniziativa, la «segnalazione» al Csm di una «violazione formale» del pm titolare dell’inchiesta Savoia-Sottile, per non avergli fatto controfirmare la richiesta di ordinanza di custodia cautelare. Una segnalazione che ancora non è arrivata a Palazzo dei Marescialli, e che comunque ha lasciato interdetti gli stessi consiglieri del Csm (che oggi decideranno se aprire un fascicolo «a tutela» del pm potentino).

Dalle scarne notizie che filtrano dal Palazzo di Giustizia di Potenza, l’obiezione formale sollevata dal procuratore Galante sarebbe limitata a una violazione da parte del pm della «tabella» di Potenza, la circolare direttiva dell’ufficio, che prevede il visto del capo dell’ufficio ad ogni richiesta di un sostituto. Lo stesso Galante, nella dichiarazione rilasciata l’altra sera all’Ansa, ha tenuto a sottolineare che Woodcock l’aveva costantemente tenuto informato sugli sviluppi delle indagini. «Non riesco a capire - ha detto il pm ai suoi colleghi - questa obiezione, perché la nostra tabella prevede soltanto l’obbligo di riferire, cosa che lo stesso procuratore riconosce che io abbia fatto. E se è così, naturalmente mi viene riconosciuta l’osservanza della stessa tabella». Henry John Woodcock ha anche raccontato un aneddotto ai «colleghi» che lo hanno chiamato da Roma: «Sia il procuratore che il sottoscritto siamo molto mattinieri. Ci ritroviamo in ufficio verso le sette, le sette e mezzo. Lo sanno tutti. Ed è il momento in cui parliamo anche delle mie inchieste...».

Francesco Menditto, componente della prima commissione del Csm, di Md, solidarizza con il pm di Potenza: «Diamo atto al dottor Woodcock dell’estremo riserbo osservato in questi giorni, nonostante gli attacchi anche gravi e offensivi che sono stati posti nei suoi confronti». Nel merito, Menditto aggiunge: «Sono sconcertanti i tentativi di attaccare le indagini delegittimando il lavoro del pm. Se fossero veri i contenuti della segnalazione del procuratore Galante, si porrebbe eventualmente il problema di una mera violazione di carattere formale, assolutamente irrilevante secondo l’orientamento costante del Csm, assumendo rilievo la piena e anche pubblica condivisione dell’operato del sostituto da parte del procuratore e, soprattutto, il rispetto sostanziale delle norme consiliari e procedimentali».

Insomma, la tempesta annunciata al Csm potrebbe risolversi nella classica bolla di sapone, se la contestazione sollevata dal procuratore Galante si dovesse limitare alla questione della controfirma della richiesta di arresti.

A Potenza, ormai, si guarda all’appuntamento di giovedì, quando il Tribunale del Riesame si dovrà pronunciare sulle istanze di scarcerazione presentate dagli indagati Bonazza, De Luca, Rizzani e Salmoiraghi. Non da tutti gli indagati. Non da Vittorio Emanuele di Savoia. Il che è anche una conferma che gli «indizi» raccolti, le confessioni di alcuni indagati (Rocco Migliardi), le ammissioni di altri (lo stesso Savoia), «questa volta» ci sono. E anche se il Tribunale del Riesame - è un’ipotesi di scuola sussurrata in Procura - dovesse dichiarare l’incompetenza territoriale, quegli «indizi» rimangono «blindati».




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CORRIERE DELLA SERA
27 giugno 2006
Scandalo Savoia
Potenza, veleni a palazzo di giustizia
Il pm Woodcock denunciato dal capo: indifferente agli attacchi.
Sottile verso la libertà

POTENZA — Mentre tutta la città, là fuori, tifa per gli azzurri, il pm Henry John Woodcock lavora nel suo ufficio al quarto piano come fosse un giorno qualunque. Il palazzo è deserto. «Io lavoro e basta — dice lui — agli attacchi sono indifferente».

Ieri sera la trasmissione «Chi l'ha visto?» ha presentato in esclusiva un vecchio fascicolo dell'83 relativo a un'inchiesta del giudice Carlo Palermo in cui figura anche Vittorio Emanuele di Savoia come iscritto alla loggia P2. Ebbene, anche nell'inchiesta di Potenza torna il nome di Gelli. In un'intercettazione telefonica del dicembre 2005 — sempre proposta da «Chi l'ha visto?» — Vittorio Emanuele telefona al suo amico imprenditore Cerani che gli dice di essere in compagnia di Maurizio Gelli, il figlio del Venerabile. «Salutalo!», gli dice il principe mostrando confidenza. Ora non è escluso che la vecchia indagine del giudice Palermo — poi archiviata — venga richiesta dalla Procura di Potenza per approfondimenti.

Anche Woodcock, infatti, nella sua inchiesta potentina si è imbattuto pesantemente nella massoneria. Due mesi fa il faccendiere Massimo Pizza ha dichiarato a verbale: «A Potenza molto probabilmente esiste una loggia massonica strettissima, o comunque coperta, che arriva a livelli istituzionali altissimi...». Chissà che voleva dire. Il pm, dunque, lavora a pieno ritmo, malgrado le polemiche. Dalle finestre del suo ufficio si sente l'inno di Mameli, Fratelli d'Italia, trasmesso dalle televisioni. Ma l'effetto diventa quasi paradossale, in questo palazzo oggi corroso dai veleni e dalle rivalità. Il procuratore di Potenza, Giuseppe Galante, il 20 giugno ha inviato al Csm una segnalazione di violazione formale che, in pratica, apre la strada a un procedimento disciplinare nei confronti del suo sostituto.

Woodcock non se l'aspettava: s'impone ora uno stretto riserbo («conservo nei suoi confronti la medesima stima e il medesimo affetto di sempre»), ma nello stesso tempo confida proprio nel Csm e nelle parole di ieri di uno dei suoi membri più autorevoli, Francesco Menditto: «Sconcertanti tentativi di attaccare le indagini, delegittimando il lavoro del pm.
Lasciamo lavorare i magistrati». Il pm è stato accusato di aver presentato la richiesta di arresto di Vittorio Emanuele di Savoia e degli altri direttamente al gip Iannuzzi senza aspettare la controfirma del suo superiore. Ma a suo tempo, quando scattarono le manette, non c'era ancora l'obbligo della controfirma, come prevede ora la riforma Castelli, entrata in vigore lunedì scorso. C'era solo il potere di visto del procuratore e l'obbligo — questo sì — da parte del pm «di informare preventivamente il capo dell'ufficio in ordine a tutte le richieste di misure cautelari», cosa questa che Woodcock è sicuro di aver fatto.

Da Roma, infine, arriva la notizia che la Procura sembra disposta a rimettere in libertà il portavoce di Fini, Salvo Sottile, accusato di concussione sessuale: non esisterebbe più il pericolo di reiterazione del reato. Forse perché Elisabetta Gregoraci nel frattempo è volata a New York.

Fabrizio Caccia
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