Gottfried Willhelm Leibniz

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
vanni-merlin
00sabato 1 luglio 2006 23:08
Gottfried Willhelm Leibniz


Gianfranco Mormino
Università degli Studi di Milano

1. La vita
Leibniz nasce a Lipsia nel 1646 in una famiglia di fede luterana. Compiuti studi universitari di filosofia, matematica e diritto, respinge la prospettiva di una carriera accademica e viene accolto nel 1668 alla corte dell’Elettore di Magonza, che gli affida incarichi giuridici e diplomatici. Dal 1672 al 1676 risiede prevalentemente a Parigi, dove perfeziona i propri studi scientifici fino a pervenire all’invenzione del calcolo infinitesimale; a Londra e Parigi presenta con successo la propria macchina calcolatrice. Nel 1676 si reca in Olanda, dove si interessa alle ricerche microscopiche di Leeuwenhoek e incontra Spinoza. Dal 1676 è al servizio degli Hannover come consigliere, storico, ingegnere minerario e direttore della biblioteca di Wolfenbüttel; continua tuttavia instancabilmente le proprie ricerche in molteplici direzioni e compie ulteriori viaggi (tra i quali uno in Italia, dove rifiuta una profferta di conversione alla Chiesa di Roma). Per via epistolare mantiene una fittissima rete di relazioni con l’intera Repubblica delle lettere e molte corti del continente, anche al fine di promuovere la riconciliazione delle confessioni cristiane; a Berlino promuove la fondazione della Società delle Scienze del nuovo Regno di Prussia. Negli ultimi anni la cerchia newtoniana lo accusa di essersi appropriato delle idee sul calcolo infinitesimale comunicategli dallo scienziato inglese alla metà degli anni ’70; né il suo protettore Giorgio di Hannover, divenuto nel 1714 re d’Inghilterra, né la Royal Society lo difendono. Muore nel 1716 a Hannover.

2. Il pensiero
La riflessione leibniziana mira a promuovere il perfezionamento morale e materiale del genere umano e a ricomporre, secondo una concezione attivistica ed ottimistica della razionalità, le divisioni che lo affliggono. A tal fine egli concepisce sin dalla giovinezza il progetto di una lingua filosofica universale (la caratteristica), il cui alfabeto esprima tutti i concetti elementari, da ricavarsi dalle idee umane per via d’analisi; un nuovo calcolo, del quale egli getta le fondamenta coniugando logica ed algebra, permetterebbe di combinare secondo verità i caratteri in proposizioni di complessità crescente. Il possesso di questa lingua consentirebbe di vagliare ed ordinare il sapere già acquisito e di condurre con metodo alla scoperta di nuove verità, nella prospettiva finale dell’instaurazione di una scienza generale e della redazione di un’enciclopedia completa, da affidarsi all’opera collettiva di accademie scientifiche, finanziate dai sovrani in vista della pace e dell’utilità pubblica.

A garanzia del carattere non puramente nominale ? ma reale ? di questa scienza Leibniz tiene fermo che, se l’imposizione dei caratteri è arbitraria, le regole combinatorie e le idee espresse hanno invece valore universale. Egli distingue infatti le idee in quanto pensate dall’uomo (concetti) dalle idee in sé, che si trovano come possibili nell’intelletto di Dio, essere necessario senza il quale nulla sarebbe. Essenza e grado di perfezione delle idee sono indipendenti dall’esistenza dei concetti e persino dalla volontà di Dio, che contempla tali oggetti e i loro nessi (la trama dell’armonia) senza esserne creatore e senza avere il potere di modificarli. Esistono perciò verità assolute (verità di ragione), che conferiscono uno stabile sostegno all’edificio del sapere. L’attività razionale della mente umana non può sorgere dalla semplice ricettività, come vorrebbero i filosofi empiristi, ma si fonda piuttosto sulla presenza innata di disposizioni naturali, appunto le verità di ragione, che consentono di accogliere e strutturare secondo necessità i contenuti dell’esperienza.

La metafisica leibniziana ammette l’esistenza di un numero infinito di sostanze individuali, le monadi, tutte capaci di percezione (anche se in misura più o meno distinta) e di appetizione (ossia della tendenza verso nuove percezioni); senza di esse, veri e propri atomi psichici esenti dalle difficoltà concettuali degli atomi di materia, l’esistenza dei composti sarebbe inspiegabile. La materia è intesa come manifestazione della componente passiva ed indistinta della monade, mentre i corpi organici non sono che una molteplicità di sostanze di rango inferiore, subordinate ad una monade dominante che, nel caso degli esseri razionali, è detta spirito. Agli spiriti Leibniz attribuisce la facoltà di appercepire (ossia la coscienza della percezione) e un’immortale personalità morale. Le monadi non esercitano alcuna influenza le une sulle altre e dipendono unicamente da Dio, che vi ha immesso una legge infallibile di sviluppo. Le azioni e passioni che esse paiono esercitare nel mondo, così come le relazioni tra mente e corpo, sono prestabilite secondo un’armonia così coerente da consentire la possibilità, pur metafisicamente illusoria, di intendere il divenire come governato da princìpi puramente meccanici; al livello dei fenomeni, pertanto, la filosofia dei moderni si rivela conciliabile con le forme sostanziali e le cause finali della philosophia perennis.

Ogni sostanza individuale possiede un concetto completo, dal quale, in linea di principio, è possibile dedurre tutti i suoi predicati e, per la connessione delle cose, l’intero stato dell’universo; tale teoria, che ben si concilia con la predeterminazione di tutti gli eventi da parte di Dio, aggrava però la difficoltà di render conto della contingenza, che appare necessaria per salvare la libertà e la responsabilità umana e dunque fondare la morale e giustificare le pene inflitte ai peccatori. Nei Saggi di teodicea, scritti in risposta a Bayle, la volontà umana è descritta come incapace di determinarsi senza una ragione sufficiente e libera sì dalla necessità assoluta (in quanto azioni differenti da quelle che eseguiamo restano logicamente possibili), ma non dalla necessità ipotetica: posto infatti il libero decreto della creazione, che ha portato all’esistenza quella serie di possibili che chiamiamo mondo, qualsiasi discostamento dal piano complessivo risulta non solo inattuabile ma anche (per chi valuti rettamente la saggezza dell’atto creatore) indesiderabile.

3. Bibliografia
Il lettore italiano ha a disposizione un’ampia scelta di testi tradotti, tra i quali segnaliamo:

Scritti filosofici, a cura di Massimo Mugnai ed Enrico Pasini, UTET, Torino 2000, in 3 voll. [contiene gli scritti più noti e un’attenta selezione dell’epistolario].

Scritti politici e di diritto naturale, a cura di Vittorio Mathieu, UTET, Torino 19652 [19511].

Scritti di logica, a cura di Francesco Barone, Laterza, Roma-Bari 19922 [19681], in 2 voll.

L’armonia delle lingue, antologia a cura di Stefano Gensini, prefazione di Tullio De Mauro, Laterza, Roma-Bari 1995.

Confessio Philosophi e altri scritti, a cura di Francesco Piro, Cronopio, Napoli 1992.

Tra gli studi italiani più recenti si veda:

Massimo Mugnai, Introduzione alla filosofia di Leibniz, Einaudi, Torino 2001.



da: lgxserver.uniba.it/lei/filosofi/autori/leibniz-scheda.htm

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 03:21.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com