FURIO COLOMBO: E A NEW ORLEANS ASPETTANO

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INES TABUSSO
00domenica 4 settembre 2005 18:26

E' VERO CHE QUANDO LA NATURA FA CERTI SCHERZI NON SI PUO' FARE MOLTO, MA
IL POCO CHE SI PUO' FARE, L'INDISPENSABILE, ALMENO QUELLO, NON ANDREBBE MESSO
NELLE VOCI DI BILANCIO CHE VANNO TAGLIATE:



L'Unità
4 settembre 2005
Aspettando un leader
Furio Colombo

Il titolo che avete letto all?inizio di questo articolo non è mio. È dell?editoriale
del 2 settembre del New York Times. È un attacco durissimo al presidente-condottiero
che è restato in vacanza due giorni in più mentre New Orleans andava sott?acqua.
Quando è stato chiaro che il disastro era immenso e ormai irreparabile, Bush
è andato in televisione (anche per interrompere le terribili cronache di
eventi caotici e fuori controllo) per dire: «Da questa prova l?America uscirà
più forte». Scrive il giornale che ho appena citato: «È stato il peggior
discorso di George Bush, un discorso assurdo se confrontato con la condizione
disperata di centinaia di migliaia di Americani. È stato un discorso da festa
degli alberi, mentre una parte dell?America si sentiva abbandonata alle forze
della natura o preda della violenza e del saccheggio». Conclude l?editoriale:
«La sua retorica non ci salverà. Come possiamo chiamare leader uno che non
vede i segnali, non raccoglie gli avvertimenti degli esperti e nega che esista
il pericolo del riscaldamento globale?».

Un altro articolo, firmato da David Sanger, sullo stesso giornale, è ancora
più accusatorio e drammatico. Sanger vede un rapporto fra il modo evasivo
e finto-statistico con cui Bush parla dell?Iraq, evitando di affrontare la
crisi che si aggrava e i soldati e i civili morti ogni giorno, e la retorica
patriottica trasferita sull?immane disastro Katrina. E conclude: «Per questo
il gravissimo rischio di Bush è di perdere il controllo delle circostanze
sia in Iraq che in America. Sembra che tanti si stiano accorgendo che non
c?è una guida responsabile a Washington».
Per far capire che cosa c?è dietro una simile raffica di giudizi e di opinioni
(che si estende a tutta la stampa americana, compresa quella solitamente
vicina alla destra) occorre ricordare che quasi tutti i quotidiani, quasi
tutti i commentatori Tv vedono un rapporto fra Iraq e New Orleans. Non equivochiamo.
Nessuno pensa che violenza della guerra e forza della natura possano essere
messe in relazione, se non come una vicenda di tragica sfortuna. Il legame
che vedono è nell?atteggiamento di Bush, che ha subito segnalato di voler
affrontare l?immane disastro degli Stati del Sud come il pantano della guerra
del Golfo: con frasi di esortazione generica al patriottismo, negazione dei
fatti e indicazione di un po? di cifre messe insieme per l?occasione.
Questa volta, stanno dicendo le più autorevoli voci americane, non staremo
al gioco e non fingeremo di non vedere, anche perché il disastro è in casa
e ha una causa (l?aver ignorato tutti gli allarmi) e un effetto (la mancanza
di ogni strumento adeguato di soccorso) che forzano a risalire ad un unico
punto malfunzionante nella vita americana: un governo cieco alla realtà.
***
Qui forse è utile, per il lettore italiano, e soprattutto per i lettori di
questo giornale, qualche precisazione. Bush non è sotto accusa, nel suo Paese,
per essere un leader conservatore e di destra, ma per essere un leader assente.
Evidentemente ha dei pessimi consulenti. Le stesse persone che gli fanno
dire che «finalmente abbiamo una bozza di Costituzione irachena» nel giorno
in cui i Sunniti confermano il loro rifiuto, si preparano a bocciare alle
urne il progetto, e scoppiano tumulti con centinaia di morti per le strade
di Bagdad, quelle stesse persone, come consiglieri malefici di una brutta
fiaba, gli suggeriscono di restare in vacanza mentre New Orleans va sott?acqua,
come tutti i metereologi avevano previsto e persino urlato in Tv.
Dirò che cosa vedo e ascolto seguendo l?ininterrotta telecronaca di Fox Television,
una rete di solito schierata a destra e a sostegno del presidente degli Stati
Uniti. Le infermiere del Charity Hospital dicono per telefono al conduttore
nell?ininterrotta diretta Tv, che l?ospedale è immerso nell?acqua, che ci
sono assalti di bande armate che vogliono impossessarsi delle riserve di
cibo, che i cadaveri vengono tenuti in corsia perché le camere mortuarie
non sono più raggiungibili. I medici intrappolati aggiungono che temono tifo
e colera. Vedo e constato, come milioni di americani, che la Fema (è il nome
dell?Agenzia di protezione civile americana) è stata spezzata dal governo
di Bush in tante agenzie statali e locali, ciascuna non coordinata con l?altra.
A ciascuna i fondi sono stati tagliati, a cascata. Il governo federale ha
tagliato i fondi degli Stati, gli Stati hanno tagliato i fondi delle Contee
(che sono grandi distretti regionali, ciascuno con decine di comuni). E i
cittadini sono rimasti soli, nelle città inondate e distrutte.
Quando gli argini del lago artificiale che avrebbe dovuto proteggere New
Orleans hanno ceduto, ho visto, in riprese dirette dal cielo, folle gigantesche
di persone accampate o sedute ai bordi dei tronconi di strade più alte, in
attesa di aiuti. Tre giorni dopo vedo le stesse scene, la stessa folla in
inquadrature tragicamente gremite. In quelle inquadrature ha fatto la sua
comparsa la Guardia nazionale. Ma perché così pochi, perché così tardi i
soldati del soccorso?
Ogni Stato americano ha una Guardia nazionale, ovvero reparti bene addestrati
di militari, in gran parte riservisti, che vengono richiamati in servizio
attivo in circostanze come queste. Ma persino dai microfoni della Fox Television
ti dicono: «Gli Stati di Alabama, Mississippi e Louisiana (i tre più colpiti,
oltre alla Florida) sono quelli che hanno contribuito di più alla sostituzione
dei soldati volontari nella guerra in Iraq».
Adesso bisogna far arrivare truppe da lontano. Quelle territoriali non ci
sono e non bastano. Quelle lontane non possono arrivare subito e infatti
non sono ancora arrivate. Ci sono camion ma non autobus come era stato annunciato
da Washington, per portare lontano i rifugiati dell?uragano. Sono immagini
da Seconda guerra mondiale. Perché da terra, dove tutti aspettano la salvezza
come in un film di catastrofe, c?è chi spara contro gli elicotteri?
«Malavita, bande criminali, avvoltoi», rispondono alcuni capi delle polizie
di città e cittadine coinvolte nel tragico fenomeno, spiegando che è urgente
«ristabilire l?ordine». Ma anche i cronisti di Fox Television e molti tra
i disperati sindaci di città e di borghi scomparsi, dicono al pubblico americano:
«Sparano per disperazione, perché nessuno li salva, perché sanno di essere
filmati ma costatano che, giorni dopo l?immensa sciagura, nessuno è venuto
a prenderli». È diventata un simbolo la storia della donna che, durante l?uragano,
resta accanto al marito morente. Poi, quando l?acqua invade la casa, usa
una porta come bara, e si avvia, nel fango delle fogne sventrate, in cerca
di aiuto. Un camion accetta il trasporto del morto per un compenso di venti
dollari. Ma poi lo scarica sul bordo di un ponte. Dove dovrebbe portarlo?
Anche per i saccheggi ci sono versioni diverse, negli stessi frammenti di
cronaca televisiva. «Profittatori da abbattere», secondo un ufficiale di
ciò che resta della Guardia nazionale dell?Alabama. Invece giornalisti e
testimoni spiegano: «Qui non c?è nulla, nulla di nulla. I supermarket sono
inondati, ma c?è chi cerca di prendere ciò che è restato sui piani alti degli
scaffali, latte, acqua, pannolini per i bambini, aspirine. Forse questo non
è saccheggio, è un modo per sopravvivere».
***
Adesso il presidente Bush ha chiesto ai due ex presidenti Clinton e Bush
padre di presiedere un comitato per la raccolta di fondi privati. È una buona
idea per la ricostruzione. Ma la spaventosa inadeguatezza, il ritardo di
giorni dei soccorsi, rivela che quasi tutta l?infrastruttura interna americana,
dalla Agenzia Fema alla Croce Rossa, è stremata, abbandonata, non in grado
di funzionare, priva di guida. Soprattutto priva di fondi.
Ci sono momenti della vita in cui i tagli disinvolti fatti brutalmente nel
bilancio di un Paese per poter garantire il taglio delle tasse ai più abbienti
(è ciò che è avvenuto nell?America di Bush) si vedono e si pagano a un prezzo
immenso. È un prezzo di abbandono e di dolore che non sarà mai compensato.
Ma è anche un grave prezzo politico per George Bush, per il suo partito repubblicano
e per i predicatori della destra e del ?poco Stato?. Eccolo il poco Stato.
Non ha ambulanze, non ha autobus, non ha servizi pubblici, non ha rifugi,
non ha sistemi rapidi di soccorso, non sa come portare e dove portare gli
scampati dal più feroce uragano della storia americana. Bush poteva essere
più fortunato. Poteva non succedere, e il suo discorso sul ?poco Stato? sarebbe
rimasto uno slogan utile alla retorica della destra, che deve pur trovare
dove tagliare per apparire nuova, moderna, virtuosa.
Invece l?uragano spaventoso ha colpito in pieno e svelato la crudele politica
dei tagli, come in un dramma esemplare. Quando il sindaco di New Orleans
e il governatore della Louisiana (molto in ritardo, appena poche ore prima
della catastrofe) hanno ordinato lo sgombero della popolazione, non c?era
un solo mezzo pubblico per farlo. Chi ha potuto, è andato via con la propria
auto. Gli altri, a decine di migliaia, si sono ammassati nel ?Superdome?
lo stadio coperto della città, che è rimasto subito senza luce e senza aria
condizionata. Poi hanno atteso, e attendono ancora in lunghissime file, lungo
ciò che resta delle strade intorno allo stadio invivibile e semiscoperchiato.
Una ripresa dall?alto ci fa vedere una signora nera che stringe un bambino
addormentato, dentro un buco nell?asfalto. «Ha la febbre alta», gridava la
donna carezzando la fronte del bambino. Perfino il cronista di una televisione
abituata all?elogio obbligatorio di Bush era indignato. Ha chiesto in diretta
alla regia di avvertire qualcuno. Ha dato un indirizzo che gli aveva gridato
la donna. «Non c?è più quella strada», gli hanno detto nell?auricolare. «Ma
la donna e il bambino ci sono, sono qui, mandate qualcuno!» ha urlato il
giornalista.
«È un fallimento, un tragico fallimento» scrivono i grandi giornali e hanno
detto quasi tutti i commentatori della televisione americana, dopo giorni
di abbandono e di caos che dura ancora. E? naturale che chi ama l?America
si senta partecipe, coinvolto, e stravolto. E veda, e tenti di far vedere,
la tremenda lezione dei moderni tagli del ?poco Stato?. E la tremenda lezione
di una guerra che non finisce e che costa ogni giorno quasi duecento milioni
di dollari.
furiocolombo@unita.it


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