FACCIAMO CHE SIAMO UN PAESE SERIO?

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INES TABUSSO
00venerdì 2 settembre 2005 08:42

CORRIERE DELLA SERA
2 settembre 2005
Un governo in difficoltà, come il Paese
ULTIMA CHANCE SI VOTI SUBITO
di DARIO DI VICO

Non aspettiamo che ce lo suggerisca Bill Emmott con il suo Economist . Possiamo
dircelo da soli: se fossimo un Paese serio organizzeremmo le elezioni politiche
a fine ottobre. Quindici giorni per sciogliere le Camere e quarantacinque
di campagna elettorale sono più che sufficienti per mettere in grado gli
elettori di scegliere. La Germania del cancelliere Gerhard Schröder davanti
alla crisi del governo rosso-verde si è comportata così e la coalizione che
uscirà vincitrice dalle imminenti elezioni sarà premiata. Governerà un Paese
pronto a far ripartire il meccanismo della crescita. La politica non avrà
disatteso le ragioni dell?economia, anzi. In molti, nei ranghi dell'opposizione
e persino dentro la nostra compagine governativa, concordano sui vantaggi
di elezioni anticipate anche in Italia, l'unica loro obiezione riguarda il
termine di approvazione della Finanziaria e il rischio di esercizio provvisorio.
La risposta ai loro dubbi c'è: il nuovo governo potrebbe alla riapertura
delle Camere approvare subito un decreto legge con le principali misure di
finanza pubblica e di osservanza degli impegni comunitari. Successivamente
si presenterebbe in Parlamento, forte di un mandato di cinque anni, con una
Finanziaria più snella e orientata al risanamento che potrebbe essere approvata
anche a gennaio 2006. Con il plauso dei mercati finanziari e delle agenzie
internazionali di rating che non potrebbero non apprezzare la cancellazione
di un lungo ciclo elettorale. Per chiudere il cerchio la crisi di Bankitalia
dovrebbe essere risolta nel modo più lineare e prima della campagna elettorale:
il presidente del Consiglio in carica dovrebbe invitare il governatore Antonio
Fazio a dare le dimissioni e nominare al suo posto una personalità di caratura
internazionale super partes.
Tutto ciò però non avverrà. Andremo alle elezioni comunque troppo tardi e
saremo costretti a sorbirci, sin dai prossimi giorni, una lunga diatriba
dentro la maggioranza tra i fautori di una finanziaria elettorale e i ministri
sensibili all'opinione dei mercati. Ma la verità è sotto gli occhi di tutti:
il governo non c'è. Nel caso Fazio finora Silvio Berlusconi si è mosso come
un novello Re Tentenna. Riposto nel cassetto il sogno reaganiano di tagliare
l'Irpef a una buona parte di contribuenti l'esecutivo si è accorto di non
avere più una politica economica e non solo. Persino la legge Gasparri, la
perla di Labuan dell'operato del governo, è giudicata già invecchiata dagli
stessi che avevano messo le tende a Montecitorio pur di salvare Retequattro.
Dopo il risultato disastroso delle elezioni regionali il premier avrebbe
dovuto trarne tutte le conseguenze e invece ha preferito dare la colpa del
suo declassamento ai giornali e ha permesso che la crisi al vertice di Bankitalia
si tramutasse in una secca perdita di credibilità del nostro Paese. Il centrodestra
va avanti, tra profonde lacerazioni, animato da una sola strategia: far passare
il tempo e sperare di pescare l'asso. Come in una televendita.
E intanto il Paese va a ramengo. L'economia è in una zona grigia, né in recessione
né in ripresa. Il disavanzo, a sentire le valutazioni degli esperti, viaggia
verso il 5% ed oltre e i controlli sulla spesa risultano sempre meno efficaci.
E se non bastasse l'incertezza politica e regolatoria sta scoraggiando l'afflusso
di capitali esteri. Con le elezioni a fine ottobre il circolo vizioso dei
nostri guai si interromperebbe. Ma, e siamo i primi a saperlo, Berlusconi
non farà questa scelta. È indeciso a tutto.




















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