DA UNA VOLVO VERDE UMBERTO BOSSI LANCIA UN MESSAGGIO AGLI ELETTORI DEL CENTROSINISTRA

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INES TABUSSO
00martedì 6 giugno 2006 00:43

Umberto Bossi, Corriere della Sera, 5 giugno 2006:
"Macché rivincita. Le elezioni ormai sono andate e le abbiamo perse".


E.T. da Arcore, Linus, maggio 2006:
www.linus.net/imagehome/coverlinus.jpg




CORRIERE DELLA SERA
5 giugno 2006
L´INTERVISTA
Umberto Bossi: resto il capo della Lega.
Bene Mastella sull´amnistia, nessun problema con Napolitano
"No al superpartito con Berlusconi
con il centrosinistra si può dialogare"

la maggioranza
Dimostri di essere sensibile al tema federalista e noi siamo pronti a dialogare

pericolo rivoluzione
Sono preoccupato, sento gente che dice che con la democrazia non si fa niente

DAL NOSTRO INVIATO PAOLO BERIZZI

BERGAMO - «Se vuole le spiego perché al centrosinistra non conviene girare le spalle al referendum. Anzi, a quegli elettori vorrei lanciare un messaggio…». Alle otto della sera Umberto Bossi riceve nella Volvo verde coi sedili in pelle color crema. È in discreta forma, e anche di buon umore. In auto con lui c´è il figlio Renzo, una cascata di riccioli neri e la maglietta di Pontida indossata in anteprima. «Bella, vero?», sorride il senatur. Ha voglia di parlare Bossi, e infatti ragiona a tutto campo. Sul federalismo, certo («un´occasione storica. Per tutti»). Ma anche sul futuro suo e della Lega, sui conflitti interni al partito, i rapporti con la Cdl, con Berlusconi; le prove di dialogo con la sinistra, la questione settentrionale. La paura di una rivoluzione «non democratica» che potrebbe ribaltare il Paese. E poi l´amnistia, i rapporti con Napolitano, gli scandali del calcio.
Iniziamo dal referendum, senatore. Lanci il suo appello.
«Potrà sembrare strano che mi rivolga anche agli elettori del centrosinistra. Ma a loro voglio dire questo: il referendum non è un voto politico. È un voto per l´organizzazione dello Stato. È ben diverso. Conviene anche a loro avere uno Stato non più centralizzato e che costa la metà. E poi per il centrosinistra questo è il momento buono…».
Buono per cosa, scusi?
«Per dimostrare alla Lega che sul federalismo non sono così sordi come vogliono sembrare. Noi dialoghiamo con chi è sensibile su questo tema. Fino ad ora non lo sono stati. Ma hanno ancora la possibilità di dare dei segnali».
Si sta preparando al dopo referendum?
«Il punto è che se passa il no si blocca tutto. Non si fanno più le riforme. Se invece vincerà il sì noi siamo pronti a metterci a un tavolo con chi governa per cambiare il Paese».
Nella Cdl molti dicono che il voto del 25 giugno può e deve essere una rivincita del centrodestra.
«Macché rivincita. Le elezioni ormai sono andate e le abbiamo perse. Il voto del 25 è un´altra cosa: è un´occasione storica che non bisogna lasciarsi scappare».
Berlusconi ha in mente un super partito del Nord: Forza Italia e Lega insieme. Potrebbe essere questo, dice, lo scenario post referendum in caso di sconfitta.
«Io sono contrario. Non sbriciolo la Lega per creare un partito nuovo. Con i partiti nuovi non si va da nessuna parte. I nostri elettori mi hanno perdonato e mi perdonerebbero ogni cosa. Hanno ingoiato dei rospi, sono stati responsabili perché sapevano che dovevamo raggiungere la ragione stessa della nostra esistenza: il federalismo, la devoluzione. Ma questa del super partito, noi e Berlusconi, no. Sarebbe troppo».
Nel Carroccio riaffiorano di nuovo spinte secessioniste. Se il referendum affondasse potreste mai tornare alle origini, alla Lega che lanciava slogan antidemocratici?
«In tutti i paesi dove il federalismo non riesce ad affermarsi, alla fine, dai e dai, escono spinte incontrollabili. La gente vede che con gli strumenti democratici non riesce a ottenere quello che vuole, quello di cui il Paese avrebbe bisogno. E allora che fa? Passa alla rivoluzione antidemocratica».
E questo potrebbe accadere anche al Nord?
«Sì, potrebbe. Sento tanta gente in giro che dice: con la democrazia non si fa niente. Sono segnali che mi spaventano. Perché poi queste cose sono difficili da controllare».
Eravate voi un tempo che parlavate di "rivoluzione armata" contro l´Italia. Non crede che molti di questi segnali che la preoccupano arrivino proprio dal popolo leghista?
«Queste sono spinte che vengono dalla società. Con la Lega non c´entrano».
Il partito oggi sembra spaccato: chi vuole stare con la Cdl, chi ammicca al centrosinistra, chi vorrebbe tornare a stare da soli. Che cosa sta succedendo?
«Delle fratture ci sono, inutile negarlo. E si sono create per due motivi: per la mia assenza e per la sconfitta elettorale».
Qualcuno mette in discussione anche la sua leadership.
«Io resterò a fare il segretario. La gente vuole che rimanga. Non ho delfini che possono prendere il mio posto. La Lega l´ho fondata io e io rimango al timone».
Parliamo di questione settentrionale. È un tema che il centrosinistra non riesce a fare proprio. Infatti al Nord continua a vincere il centrodestra.
«La questione settentrionale c´è ed è grave. E va risolta. Il mondo delle imprese, il motore che traina il Paese, Lombardia e Veneto, vuole garanzie. La sinistra fin qui non ha messo sul tavolo nessuna ricetta. E il voto lo ha fatto capire chiaramente. La chiave di svolta è il federalismo. Prima istituzionale e poi fiscale. Per questo conviene anche a loro non affossare il referendum».
Lei continua a dimostrare fedeltà a Berlusconi, e viceversa. Non ha mai fatto mistero di avere nei confronti dell´ex premier una grande riconoscenza anche a livello umano. Quanto influisce questo aspetto sull´alleanza della Lega con la Cdl?
«Con Berlusconi c´è un patto politico. È stato il primo e finora l´unico che si è impegnato sul federalismo con promesse concrete e mantenute. Poi, certo, mi è sempre stato molto vicino nei momenti di difficoltà».
Chi stima nel centrosinistra?
«Il più sveglio è D´Alema».
E il presidente Napolitano? Vi sentiti garantiti da lui?
«Con Napolitano sul Colle non ho nessun motivo per cui essere preoccupato».
Che cosa pensa della proposta di amnistia avanzata dal Guardasigilli Mastella?
«Non sono contrario. È giusto dare speranze a chi sta dietro le sbarre».
Il mondo del calcio è stato travolto da uno scandalo che qualcuno ha paragonato a Tangentopoli. Che idea si è fatto?
«Quando girano troppi soldi a un certo punto tutto va a gambe per aria. Lì è accaduto esattamente questo. Il calcio si è rivelato un sistema marcio. Che adesso bisogna rifondare».
Già, partendo da dove?
«Per esempio da un ritorno alle identità locali. Nel Milan e nell´Inter giochino solo calciatori milanesi, nell´Atalanta bergamaschi. Nella Roma romani. Sarebbe un modo per tornare ai valori nostrani».
È l´idea che ha proposto Eugenio Scalfari.
«Ed è buona».


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