Creazione ed Evoluzione: chi ha paura di Darwin?

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vanni-merlin
00sabato 18 febbraio 2006 16:08
Creazione ed Evoluzione: chi ha paura di Darwin?


di Alver Drudi


Torna di attualità il dibattito su Evoluzione e creazione e la scienza si trova coinvolta in una discussione dal carattere spesso più ideologico e politico che scientifico.

Da questa discussione però gli scienziati non possono ritrarsi perché il rischio è che passino nell'opinione pubblica versioni deformate di quello che la scienza afferma su origine ed Evoluzione della vita e questo con risvolti pratici immediati e preoccupanti. Negli Stati Uniti si discute se Darwin debba essere insegnato nelle scuole pubbliche e se le “teorie” creazioniste debbano essere presentate sullo stesso piano della teoria dell'Evoluzione. Qualcosa di analogo è successo in Italia per iniziativa della ministra Moratti e tra smentite e dietrofront il caso non si è ancora chiuso [4] .

E' bene chiarire che i biologi non sono affatto divisi sulla sostanza della teoria dell'Evoluzione.

Le specie viventi sono il frutto di una lunga storia e non sono state “create” una volta per tutte. L'uomo, il gatto, le libellule o i leoni un tempo non esistevano e al loro posto sulla Terra circolavano specie la cui esistenza ci è stata tramandata solo attraverso i fossili. Tutto questo è avvenuto e avviene attraverso il meccanismo dell'Evoluzione per mutazione e selezione, cioè, semplificando, attraverso la selezione di geni utili alla sopravvivenza.

Quando Darwin pubblicò nel 1858 “Le origini delle specie” fondò la sua teoria esclusivamente sull'osservazione di fenomeni macroscopici, fornendo un quadro interpretativo che spiegava in modo efficace le osservazioni dei naturalisti. In effetti non solo la biologia molecolare ancora non esisteva, ma rimanevano oscuri anche i meccanismi attraverso cui i caratteri erano trasmessi da una generazione alla successiva: lo stesso fondamentale lavoro di Mendel, fondatore della genetica, fu pubblicato nel 1866 e divenne noto nella comunità scientifica solo trent'anni dopo.

Oggi i geni possiamo “vederli”, si è conclusa la mappatura del genoma umano e le modalità attraverso cui i caratteri delle specie sono trasferiti da una generazione ad un'altra sono stati studiati e compresi molto bene. Sappiamo inoltre che molti geni sono condivisi da ogni forma di vita conosciuta, comprese parti di genoma non utilizzate e ridondanti: una prova schiacciante della comune origine di tutti i viventi.

Rispetto ai contemporanei di Darwin possiamo poi contare su una messe sterminata di testimonianze fossili che, grazie ad affidabili metodi di datazione, possiamo collocare nel tempo con sicurezza. L'Evoluzione delle specie è un fatto condiviso dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica, non è un atto di fede né una filosofia, è una teoria scientifica consolidata.

Una piccola minoranza di biologi ed alcuni scienziati non biologi, pur condividendo il quadro generale appena delineato, negano la natura totalmente “naturale” dei fenomeni evolutivi e, in particolare, del processo che ha portato alla comparsa della vita e dell'Uomo, sostengono cioè che per spiegare la vita servono leggi ad hoc (fatto che si configura come una critica al metodo scientifico in quanto tale).

Dire infatti che qualcosa di diverso dal caso, cioè dalle leggi fisiche dell'universo, interviene o è intervenuto nei fenomeni biologici significa negare la possibilità stessa di una spiegazione naturalistica della vita, possibilità che è la premessa di qualsiasi ricerca scientifica. Se si fa questo non si fa più scienza ma qualcos'altro. I più noti critici dell'evoluzionismo sono il biochimico Michael Behe e il matematico William Dembski.

Entrambi sono scienziati di fama e le loro obiezioni sono presentate come interne alla scienza. Behe divenne noto al grande pubblico dopo la pubblicazione nel 1998 del libro “Darwin's black box” in cui delinea quella che chiama la teoria del “progetto intelligente” (“intelligent design”).

La tesi del libro è che alcune caratteristiche del vivente non possono essere il frutto di una selezione casuale ma si spiegano solo come il risultato di un progetto concepito da un essere intelligente. In un'intervista al quotidiano Avvenire Behe afferma: “La ricerca ha provato che il fondamento della vita, la cellula, è gestita da una complessa e sofisticata macchina molecolare. Ci sono, letteralmente, piccoli camion e piccoli autobus molecolari che lavorano nella cellula e piccoli motori fuoribordo che le permettono di muoversi. Di tali aspetti si dà un migliore resoconto considerandoli prodotto di un progetto piuttosto che del caso e della selezione naturale”.

La posizione di Demski, espressa nel libro “The Design Inference”, consiste nel sostenere che la probabilità che venissero scelte per selezione naturale (e quindi casuale) tra le sterminate combinazioni della chimica le pochissime molecole adatte alla nascita della vita è praticamente nulla.

Tale affermazione non tiene in debito conto il fatto che il processo di selezione naturale ha avuto a disposizione un tempo lunghissimo, talmente lungo da essere difficile da immaginare e un immenso laboratorio costituito dalla Terra intera. Affermazioni equivalenti potrebbero essere fatte in relazione a tanti aspetti della natura.

L'universo fisico nel suo complesso o alcuni dettagli della fisica delle particelle possono apparire come un “miracolo” ma affermare, ad esempio, che la materia è stabile perché questo rientra in un “progetto intelligente” non è una spiegazione scientifica: i biologi devono spiegare le tappe attraverso cui il fenomeno naturale della vita ha avuto origine e si è evoluto per come lo conosciamo e possiamo studiarlo e non affermare che la comparsa della vita sulla Terra è impossibile senza invocare un intervento esterno!

La teoria dell'Evoluzione e in generale una biologia genuinamente naturalistica sono in contrasto con le religioni?

La risposta a questa domanda dipende essenzialmente dal ruolo che si assegna alla scienza e alla religione. Se la scienza non pretende di rispondere a domande che non le sono proprie (come affermare o negare l'esistenza di Dio o dell'anima) e se la religione non pretende di spiegare dogmaticamente i fenomeni naturali o una parte di essi, contrasto non c'è. Certamente, a meno che non si mettano in discussione le fondamenta stesse della scienza, la religione è costretta a prendere atto di ciò che la scienza afferma. Tutto quanto risulti palesemente in contrasto con scoperte scientifiche viene ovviamente messo in discussione.

E' quello che è avvenuto per la religione cattolica relativamente alla diatriba sulla posizione della Terra nel cosmo, che pure costò abiura e prigionia a Galileo e il rogo a Giordano Bruno, e alla stessa teoria dell'Evoluzione che Giovanni Paolo II in un messaggio che inviò il 22 ottobre 1996 alla Pontificia Accademia delle Scienze definì “…più che una mera ipotesi… “.

La scienza certamente non esclude Dio dall'orizzonte dell'uomo, anzi la comprensione della natura intima dei fenomeni naturali può far nascere un sentimento religioso, ma ha reso quanto meno concepibile una visione del mondo in cui Dio non c'è. É questa la partita che si gioca intorno a Darwin e alla teoria dell'Evoluzione. Non si tratta di una filosofia e non pretende di affermare che Dio non sia intervenuto in alcun modo nella nascita della vita e dell'uomo, tuttavia supporta la posizione di chi sostiene che la storia della vita sia interpretabile anche come una storia esclusivamente “naturale”. Dio può aver creato l'universo e la vita oppure no.



da: www.lescienzewebnews.it/biologia/articoli/art.asp?news=168

[Modificato da vanni-merlin 18/02/2006 16.09]

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