ARRIVA VIOLANTE

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INES TABUSSO
00lunedì 23 luglio 2007 11:32

LA STAMPA
23/7/2007
"A rischio la credibilità dei giudici di Milano"
Intervista a Luciano Violante.
"Sempre le stesse telefonate finite sui giornali per tre anni. E' un processo mediatico"
ANTONELLA RAMPINO


ROMA
Le racconto un episodio della mia infanzia: a me non piaceva la minestra di lenticchie, e una sera che me la ritrovai a cena mi rifiutai di mangiarla. Le zie con le quali vivevo mi dissero: benissimo, la mangerai domani a colazione. Siccome io continuavo a rifiutarmi, la cosa andò avanti per tre sere, finché vinto dalla fame non impugnai il cucchiaio. Le intercettazioni sono come quel piatto di lenticchie: sempre le stesse, finite sui giornali per tre anni, una trentina di volte. Quando si pubblica per la prima volta la frase di Piero Fassino “Abbiamo una banca”, quella intercettazione non l’aveva neanche la magistratura. Tanto che poi la procura di Milano ha aperto un’indagine. Poi c’è la seconda tornata di pubblicazioni: anche lì la procura fa sapere che indagherà, ma non si sa che fine abbia fatto l’indagine. Poi la terza volta col provvedimento della dottoressa Forleo... E’ un processo non nelle aule giudiziarie ma a mezzo stampa. E a questo punto è la credibilità degli uffici giudiziari di Milano ad essere a rischio». Luciano Violante, esponente di primo piano della Quercia, che è stato presidente della Camera e prima ancora magistrato, punta il dito contro la richiesta del gip Clementina Forleo di non mandare al macero le telefonate di D’Alema, Fassino e Latorre col presidente della Unipol Giovanni Consorte, perché costituirebbero prova di un «disegno criminoso» nella tentata scalata alla Bnl di due estati fa.

Onorevole Violante, ma D’Alema, Fassino e Latorre non farebbero meglio a chiedere al Parlamento di dare il via libera alla richiesta del giudice Forleo?
«Ma qui è tutto ridicolo. Quelle intercettazioni che Forleo chiede di non distruggere sono note e stranote, pubblicate e ripubblicate! E c’è invece un punto politico: sta andando avanti un processo a mezzo stampa al segretario e al presidente dei Ds. Nel dettaglio le carte non le conosco, e dunque non mi esprimo. Ma la richiesta della dottoressa Forleo a questo punto è un paradosso giuridico. Possibile che una procura che ha dei magistrati in grado di scoprire l’identità degli agenti Cia che hanno rapito Abu Omar non riesce a scoprire chi passa le intercettazioni ai giornali?».

Teme un complotto contro i diesse? Chiede che il Guardasigilli mandi gli ispettori a Milano?
«Ma no, nessun complotto. Ricordo solo che in Italia c’è l’azione penale obbligatoria. Sono loro stessi, i magistrati di Milano, a dover scoprire chi ha violato le norme».

Intanto, Mastella ha chiesto gli atti al giudice Forleo, e Di Pietro lo ha accusato di violare la Costituzione.
«Di Pietro mi pare che si stia occupando di tutto fuorché del suo campo... Nulla vieta naturalmente che esprima opinioni, ma della giustizia si occupa il ministro della Giustizia».

Però nell’ordinamento italiano un gip non risponde al governo...
«Ci sono numerosi casi previsti dal codice in cui il Guardasigilli può chiedere gli atti di un magistrato. Soprattutto, come le dicevo, gli atti sono già di dominio pubblico».

Ma qui, onorevole Violante, c’è una nemesi: per solito, da Tangentopoli in avanti, gli alti dirigenti diesse hanno sempre difeso i magistrati, e in particolare quelli di Milano. Oggi invece li attaccano.
«Noi difendiamo tutti i magistrati, da Milano a Vibo Valentia, quando si comportano correttamente. Diversamente, con garbo e rispetto, esercitiamo il diritto di critica. Né la politica, né la magistratura sono santuari intoccabili».

Lo sa che siamo a un passo dalle magliette con l’immagine di Clementina Forleo, come a suo tempo per il pm di Potenza Woodcock?
«Le rispondo con una frase del dottor Borrelli del 1993: “C’è il rischio che i magistrati, specie i più giovani, si sentano oggetto di una investitura diretta, che si muniscano di una spada fiammeggiante per cacciare i reprobi all’inferno”. Le indagini di Forleo e Woodcock comunque hanno oggetti molto diversi, e anche per altri motivi sarebbe sbagliato accomunarle».




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