'' Quando la verita' si sveglia''

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Gian di Genova
00sabato 5 agosto 2006 11:27
Si chiama ''Quando la verita' si sveglia''. E' il film-denuncia del regista Angelo Rizzo che gli e' valso l'ostilita' del governo Bush e il conseguente divieto a mettere piede negli Stati Uniti (a proposito di democrazia da esportare... [SM=x82288] [SM=x82288] ndr )
Il backstage della pellicola, nelle sale a ottobre, e' stato presentato giovedi sera a Cogoleto, Comune da anni in prima linea nell'organizzazione di progetti di solidarieta' con Cuba. Il film e' una ricostruzione fedele del terrorismo nell'isola del Centro America tra il '93 e il '97: anno quest'iltimo dell'attentato all'imprenditore genovese Fabio Di Celmo, colpevole solo di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il film mostra al mondo 8con scene da pugno nello stomaco) gli intrecci, la corruzione, la malavita e la spietata attivita' terroristica della ''Fondazione nazionale cubana'' costituita dai dissidenti residenti in Florida (gli stessi che in questi giorni ballano x le strade di Miami festeggiando l'aggravarsi delle condizioni di salute di Fidel Castro), appoggiata economicamente e non solo da Stati Uniti, Cia ed Fbi nell'ambito di un disegno politico che mira a destabilizzare il Paese e rovesciare il governo.
In tutto questo ad andarci di mezzo e' stato Fabio Di Celmo: ragazzo qualunque, lontano anni luce dall'icona di eroe comunista che tanti vorrebbero oggi cucirgli addosso. Una persona normale, che gli amici ricordano con la casacca n. 10 del Cffs Sciarborasca nei campetti del ponente: il sorriso stampato in volto, la voglia di vivere. Nulla a che fare con quel mondo di intrighi e lotta armata, di stragi ed attentati.
L'altra sera si attendeva l'arrivo di papa' Giustino, assente per questioni di salute, e del ministro cubano alla Cultura Abel Prieto, trattenuto in patria x ragioni politiche.
A stroncare la vita di Fabio fu un ordigno esplosivo fatto detonare dal terrorista Raul Cruz Leon all'hotel Copacabana dell'Avana.
La ricostruzione precisa e fedele degli avvenimenti e' stata possibile grazie ad un' intervista dello stesso Leon, alle rivelazioni di un agente cubano infiltrato nella CIA da 22 anni, alla consultazione di documenti, dichiarazioni filmate e articoli del periodo. Mandante dell'attentato di quel tragico 4 settembre fu il terrorista Luis Posada Carilles, ritenuto responsabile, nell'arco dei decenni, della morte di 3.553 persone. Secondo il governo cubano ci sarebbe lui dietro i numerosi attentati (falliti) alla vita di Castro, alla repressione dei gruppi progressisti venezuelani, alla congiura per rovesciare il governo del Guatemala, agli attentati contro i consolati Centro e Sudamericani, all'assisinio dell'ex ministro degli Esteri cileno Orlando Letelier.
Oggi Posada Carilles e' in un centro di detenzione in Florida per immigrazione clandestina (sic!- ndr). ''Il racconto e' crudo. Ma volevo fosse il piu' vicino possibile alla realta' - spiega il regista Rizzo - Fabio Di Celmo e' una delle tante vittime del terrorismo cubano. Un terrorismo di cui si sa poco''.

Il Secolo XiX 5.8.2006 di Federico Amodeo.

Saluti Gian [SM=x82287] [SM=x82287]
smile66
00sabato 5 agosto 2006 13:30




Cuba, il problema si chiama Bush - di Gianni Minà
Sabato, 05 agosto 2006

Consiglio tutti coloro che, dopo l'intervento chirurgico subito lunedì da Fidel Castro, azzardano previsioni sul futuro di Cuba, di essere cauti. Sono cinquant' anni, o almeno diciassette, dal tramonto del comunismo sovietico, che molti compiono infatti incautamente questo esercizio prevedendo quasi sempre catastrofi per la rivoluzione socialista dell'isola. Cuba invece è ancora li, infrangibile all'embargo e alle «politiche democratiche» che gli Stati uniti organizzano per annientarla; esempio di resistenza nel continente, pur fra tanti errori, allo sciagurato neoliberismo.

Dalla settimana scorsa, dopo il vertice di Cordoba (Argentina) l'isola di Fidel è perfino reintegrata nel consesso delle alleanze commerciali e politiche dei paesi latinoamericani e candidata ad una prossima entrata nel Mercosur, antefatto di quella che sarà sull'esempio europeo l' unione degli stati sudamericani.

Il tutto con palese sconcerto di George W. Bush che, troppo impegnato in Medio Oriente, non solo ha visto fallire l'Alca, il progetto di annessione economica del continente a sud del Texas, ma, dopo che il congresso aveva stanziato sessanta milioni di dollari per favorire «un cambio rapido e drastico» a Cuba (con tanti saluti al diritto di autodeterminazione dei popoli), aveva aggiunto ottanta milioni presi dal suo appannaggio presidenziale per dare la spallata finale alla revolucion.Un sogno eversivo che nove presidenti nordamericani hanno atteso prima di lui senza poterlo realizzare.

Un quadro simile può essere considerato solo il fallimento plateale dei presunti analisti della realtà cubana ,ma per esempio Pierluigi Battista sul Corriere della Sera lo liquida invece come il crepuscolo politico di Fidel Castro. Tutti i giudizi sono rispettabili, anche quelli smentiti dai fatti, ma pur comprendendo il rimorso angosciante del collega per essere stato comunista, il suo giudizio mi pare indicativo di una polemica che gli ha preso la mano e gli fa addirittura paragonare la Cuba di Castro alla Corea del Nord di Kim Il Sung.

E non mi riferisco solo all'argomento, credo ora non secondario per le nuove idee liberali del collega, che il Pil a Cuba cresce dell' 11 percento (grazie al corposo incremento dell'interscambio con Venezuela e Cina) ma anche al fatto che, secondo un rapporto dell'Università di California, l'aspettativa di vita dell'isola è di un anno superiore a quella degli Stati uniti, la mortalità infantile è la più bassa del continente e inferiore al tasso fisiologico dei paesi sviluppati e infine la scuola e l'università sono gratuiti, libri compresi, mentre il paese ha trentamila medici in missione tra America Latina e Africa, continenti saccheggiati dall'economia neoliberale, che secondo i duri nostalgici di Miami che festeggiano la malattia di Castro, dovrebbe restituire Cuba magari ai fasti dell'epoca della mafia, dei casinò e del torturatore Fulgenzio Batista.

Voglio riferirmi poi anche al contenuto del messaggio che Fidel ha inviato ai suoi compatrioti prima di sottoporsi all'operazione chirurgica e che rassicura i cubani sul fatto che qualunque cosa possa succedere, i programmi riguardanti salute pubblica, istruzione, e rivoluzione energetica del paese, continueranno affidati alle mani dei ministri competenti (José Ramon Balaguer e José Ramon Machado Ventura) e del segretario del comitato esecutivo del Consiglio dei ministri con la supervisione del responsabile del dicastero dell'economia Carlos Lage, del presidente del Banco Centrale Francisco Soberon e del ministro degli esteri, il quarantenne Felipe Perez Roque.

So che tutto questo è inusuale, quasi surreale per le nostre abitudini, e qualcuno può anche considerarlo un espediente retorico, ma ho imparato in tanti anni di reportage a Cuba e in America Latina che questo dialogo con la gente è il collante che tiene insieme il paese e che, spiazzando sempre le presuntuose previsioni del Dipartimento di stato ha fatto tener botta a Cuba per mezzo secolo neutralizzando le cospirazioni e le «strategie della tensione» montate dagli Stati uniti per distruggere il suo modello sociale e politico per quanto discutibile fosse.

I cubani, anche quelli che sono stanchi del socialismo e della retorica della rivoluzione sanno perfettamente che la loro sicurezza sociale sarebbe impensabile se i governi di Washington avessero potuto imporre modelli come quello segnalato nel sito del Dipartimento di stato e intitolato Cuba Libre, un piano di cinquecentocinquanta pagine dove si parla di una transizione nell'isola pilotata come sempre da Washington.

Una transizione sul modello, per intenderci, messo in atto in Iraq con un altro uomo della Cia come Allawi che guiderebbe il cambiamento e magari con la collaborazione del solito Negroponte, l'uomo delle guerre sporche, sceglierebbe uno per uno i componenti del nuovo gabinetto cubano.

Non è fantapolitica. Il giorno 26 maggio si è celebrata per esempio una riunione urgente nella sede destinata appunto al piano «Cuba libre» presieduta da tal Caleb McCarry, scelto a diventare il futuro governatore della transizione a l'Avana. Con lui c'erano anche i congressisti Lincoln e Mario Diaz Ballart, figli di uno che fu fra i complici più stretti di Fulgenzio Batista, nonché dirigenti di varie organizzazioni anticastriste fra le quali anche alcune di quelle accusate di aver fiancheggiato i gruppi eversivi che dalla Florida negli anni hanno portato il terrore a Cuba, causando più di tremilacinquecento morti e diecimila feriti.

In collegamento telefonico via internet da l'Avana c'erano personaggi come Marta Beatriz Roque, considerata dal governo de l'Avana una agente del governo di Washington e invece una dissidente dai cubani di Miami. Erano stati invitati anche gli ambasciatori dell'Unione europea di Canada e Messico che però non si sono fatti vedere. Mentre erano presenti quelli di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia e Lituania, le ex nazioni comuniste diventate i capisaldi del governo Bush.

Caleb McCarry, non si sa con quanta credibilità, ha reso noto che la Segretaria di stato Condoleezza Rice aveva ottenuto in una conversazione con il ministro degli esteri italiano D'Alema una sorta di promessa di aiuto per favorire una transizione a Cuba ed ha annunciato che nella successiva riunione del gruppo in programma nell'estate a Praga avrebbe partecipato un rappresentante italiano.

So che personaggi come McCarry, per quanto pericolosi, fanno parte del bestiario della sottopolitica degli Stati uniti ma penso che quando si affronta il controverso argomento Cuba bisognerebbe avere più equilibrio e più lealtà. Pierluigi Battista, per esempio, sa perfettamente che i cubani che hanno lasciato il proprio paese in zattera «cercando la libertà» sulla costa della Florida erano attratti da una logica infame per cui se fossero arrivati a toccar terra negli Stati uniti avrebbero avuto immediatamente il visto di ingresso e la carta verde per risiedere e lavorare.

Realtà negata a qualunque altro latinoamericano che, come avviene nei passaggi di confine col Messico, o viene allontanato a schioppettate o fatto entrare indocumentato e quindi senza diritti. Col rischio di essere denunciato alla prima richiesta di tutela dallo stesso padrone che gli da lavoro e che lo farebbe rimpatriare subito.

Parlare poi ancora della repressione degli omosessuali (mentendo perfino sul ruolo di Che Guevara) in un paese come Cuba, dove è in corso un progetto di legge perché un essere umano possa cambiare sesso a spese della sanità dello Stato, è pura malafede.

Dopo quello che è successo negli ultimi tre anni ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nelle prigioni gentilmente concesse alla Cia in altri paesi, e dopo gli eccidi recenti di bambini, donne e vecchi innocenti in Palestina e in Libano, l'occidente e gli Stati uniti in particolare non hanno più l'autorità morale, come ha scritto Eduardo Galeano, per giudicare le illiberalità degli altri.

Cosa vogliono insegnare gli Stati uniti di George W. Bush che hanno più di due milioni di detenuti nelle carceri, spesso gestite da privati, sui diritti degli esseri umani a cui viene tolta la libertà?

Per scrivere con il disprezzo usato ieri da Battista e da altri pensatori come lui, bisogna non aver dimenticato spesso le infamie commesse in nome della democrazia, come il terrorismo degli Stati uniti contro Cuba raccontato da Angelo Rizzo in un film che ieri sera ha chiuso la rassegna sul nuovo cinema italiano presentata a Torella dei Lombardi, provincia di Avellino, nell'ambito del Premio dedicato all'illustre concittadino Sergio Leone. O il terrorismo è accettabile quando viene fatto in nome dei nostri interessi?

Cuba è un paese complesso eppure, senza giustificare nulla delle sue contraddizioni, ha il diritto di essere giudicato con serietà, confrontandolo con la realtà sociale del continente latinoamericano e di tutti i sud del mondo ostaggio dell'economia capitalista.

Al contrario della logica dei promossi e dei bocciati scelta da qualche giornale per stabilire in modo calcistico quali saranno le personalità che domani, dopo Fidel, governeranno Cuba, io penso di poter solo segnalare che il futuro di quest'isola, che da cinquant'anni smentisce tutti, è già presente nelle personalità del governo alle quali il vecchio Leader Massimo infermo ha affidato l'incarico di continuare un certo cammino nei settori vitali per la sopravvivenza di Cuba .

Il ministro dell'economia Lage è un cinquantenne, il ministro degli esteri Felipe Perez Roque è un quarantenne. Proprio quest'anno a Salamanca il giovane ministro degli esteri riuscì a far sottoscrivere ai colleghi dei paesi latinoamericani riuniti con i governanti di Spagna e Portogallo due documenti, uno di condanna dell'embargo a Cuba da parte degli Stati uniti, e l'altro di richiesta perché il terrorista Posada Carriles, mandante nel '97 degli attentati alle strutture turistiche a l'Avana, in uno dei quali morì l'imprenditore italiano Fabio Di Celmo, fosse estradato dagli Stati uniti nei paesi che ne avessero fatto richiesta per rendere giustizia alle vittime dei suoi misfatti. Un risultato non da poco.




smile66
00sabato 5 agosto 2006 13:38
Sorry per la lunghezza degli articoli....
ma, mi sembravano inerenti a moltissimi post interessanti che ho letto sul forum...
[SM=x82287]


Cuba, Fidel e il dialogo impossibile sul "caballo mistico"
Gennaro Carotenuto
Fonte: www.gennarocarotenuto.it - 4 agosto 2006
4 agosto 2006
Sul dibattito su Cuba, è sorprende come sia difficile per molti non prendere partito in maniera estrema. L'esperienza della rivoluzione cubana è così articolata e così intimamente legata alla storia del continente degli ultimi cinquant'anni che non può esservene disgiunta. Ebbene, chi scrive esprime, rispetto alla rivoluzione cubana, un giudizio "articolatamente positivo". Vale a dire che ne vede perfettamente le ombre -e se d'uopo ne scrive- ma non può fare finta, come fanno in troppi che sanno stare in società, che non ci siano anche le luci. Tra queste il fatto che Cuba negli ultimi 17 anni sia uscita dalla schiavitù della monocoltura, problema che non aveva neanche iniziato a risolvere al tempo del rapporto privilegiato con l'Unione Sovietica.
E' utile dibattere su Cuba con chi ne ha un'opinione "articolatamente negativa", ovvero che considera che la mancanza di libertà formali pesi sulla bilancia più di alcune non negabili conquiste. Sono problemi ai quali non si può essere insensibili. Il problema fondamentale in quest'ambito è quello su quale tipo di opportunità sociali vengono privilegiate. Cuba non ha risolto il problema, tipico dei regimi socialisti, di non sapere offrire abbastanza opportunità/libertà ai giovani adulti, che pure ha opportunamente preparato. Ma Cuba ha pur sempre offerto ai propri cittadini una base di partenza di diritti che il capitalismo non sa e non vuole garantire.
Le società affluenti, sotto il fondamentalismo neoliberale, si stanno rapidamente trasformando da "società dei due terzi" (due terzi inclusi, un terzo esclusi) in "società del terzo", dove solo un terzo della popolazione vive bene e gli altri due terzi si arrabatta nella precarietà e nell'incertezza. Moltissimi tra gli esclusi vengono scartati già alla nascita, o perché moriranno di mortalità infantile, o perché per classe sociale non peseranno sullo stato, studieranno poco, lavoreranno poco e male, non arriveranno mai alla pensione. L'esclusione in entrata facilita moltissimo le cose in una società capitalista.

L'utopia cubana è stata quella di non escludere nessuno. Ma se nessuno è escluso tutti pesano sulla società. Cuba, con i suoi dati su mortalità infantile, salute, scolarità ha vinto una grande battaglia. L'ha vinta al prezzo di perdere spesso la battaglia della soddisfazione personale da adulti, delle opportunità/libertà da offrire ai giovani adulti, dell'impossibilità di soddisfare per tutti desideri di consumo che non sono necessariamente sinonimi di consumismo.
Ma tra il 46% di bambini denutriti in Guatemala e il virtuale zero di Cuba, come è possibile non valutare positivamente l'opportunità alla nascita che il socialismo cubano è riuscito a garantire ai propri cittadini e che il capitalismo non si preoccupa di dare? Allo stesso modo, di fronte a quell'8.7% di PIL speso in educazione, che secondo dati del CEPAL è il dato più alto del continente e forse del mondo, come si può avere una valutazione SOLO negativa?


E' interessante sempre dialogare con chi è in grado di articolare il discorso sull'isola, molto di più di quanto sia interessante dialogarne con chi ha una visione "acriticamente positiva" del processo cubano. E' invece difficile dialogare con chi ha un'opinione "negativa a prescindere" fino a dare credito perfino alle veline di Washington. Con chi parla di "gerontocrazia" poi è inutile spendere un secondo, giacché o non sa neanche dov'è Cuba o è davvero in malafede. Gerontocrazia è l'Italia, non Cuba. Si scandalizzano degli 80 anni di Fidel ma Napolitano ne ha 81 e Berlusconi finirà la legislatura con 74 anni. Con la differenza che a Cuba la metà della classe dirigente, ministri... ha meno di 40 anni, e da noi a 40 anni quelli che hanno le capacità per essere classe dirigente spesso fanno ancora i pony express. Sarà democratico così, ma è uno spreco di risorse umane almeno quanto è frustrante quando a Cuba si vede un laureato fare l'ascensorista.


Chi scrive ha conosciuto posti, è entrato in case, dove sotto il fondamentalismo neoliberale sono morti bambini di fame, a Bella Unión, a Tucumán... ho passato mesi e mesi della mia vita in posti dove di fatto non esisteva circolante, come nel pauperrimo Maranhão in Brasile, dove i bambini vanno a caccia di coccodrilli per fame e... qualche volta vince la fame dei coccodrilli. Sarebbe bene organizzare gite scolastiche a far vedere come funziona il capitalismo reale in America Latina ed inserirlo come elemento di valutazione per giudicare la resistenza dei cubani.
Cuba, in termini materiali, ha poco o nulla di buono da offrire ad uno svedese o a un belga e alla maggioranza o quasi totalità degli italiani. Ma Cuba è un paradiso terrestre per chi è nato a Renca, a Santiago, o al Cerro di Montevideo o alla Rocinha di Río de Janeiro. Al Maciel, lo storico ospedale pubblico della città vecchia di Montevideo, ho assistito una persona ricoverata in condizioni infraumane perché aveva avuto la sfortuna di ammalarsi nell'unico mese della sua vita nella quale non aveva potuto pagare i 100 dollari di "sociedad medica", l'assistenza medica privata di fatto obbligatoria. Aveva pagato ininterrottamente per 22 anni, ma quel solo sgarro era bastato per spedirla all'inferno. Non aveva diritto a nulla. A Cuba si vivevano i giorni più duri del periodo speciale, e i nostri giornali pontificavano sul fatto che negli ospedali mancassero medicine e filo per suturare. Ricordo ancora la dottoressa del Maciel che mi mostrò gli scaffali degli ambulatori completamente vuoti. In piena democrazia liberale non c'erano medicine, anestetici, né fili di sutura al Maciel. Esattamente come a Cuba. Ma per denunciare Fidel Castro si riempivano le pagine mentre per denunciare Julio María Sanguinetti non si sprecava neanche una riga. Adesso, dieci anni dopo, Cuba esporta medicine, mentre al Maciel quegli scaffali continuano a restare vuoti e chi non ha i soldi per pagare continua a morire. Quale dei due sistemi è ingessato? Quale è più vitale?


Un altro argomento degli "anticubani a prescindere" che non convince è quello per il quale sarebbe razzista pensare che i cubani non debbano beneficiare di diritti dei quali beneficiano gli europei. Avrebbero ragione se si scandalizzassero della stessa maniera per la ben più estesa mancanza di diritti di chi nasce in una Villa Miseria del Gran Buenos Aires. L'Avana, come Catia di Caracas o il Callao di Lima non è Stoccolma. Ma tra l'essere un lumpen a Bogotá e l'essere un cittadino all'Avana cosa scegliereste? Rispetto a questa elementare considerazione vengono in mente quelli che credono nella reincarnazione. Tutti credono di essere stati in un'altra vita principesse o cavalieri erranti. Se ne incontrasse mai uno che in un'altra vita è stato un minatore, uno schiavo, un bracciante! Fuori dal faceto: il vero dramma dell'America Latina è stato la cronica incapacità di trasformare la democrazia formale in democrazia sostanziale.


Molti anticubani a prescindere (non tutti) considerano la violenza endemica -sociale, politica, economica- imposta dal capitalismo come parte dell'ordine naturale delle cose e la considerano di per se stessa se non desiderabile almeno accettabile. Normale. Al contrario considerano intollerabile la situazione cubana in quanto rottura di un ordine -quello capitalista e liberaldemocratico- che si vorrebbe di natura. Quando Pablo canta "no vivo en una sociedad perfecta" probabilmente risponde proprio a questa obiezione. A Cuba si esige che sia perfetta perché ha osato sfidare l'ordine naturale delle cose, mentre la società capitalista può essere così imperfetta perché risponde a un ordine naturale. Mesi fa un'informativa dei servizi segreti britannici -non chiedetemi di cercarla, piuttosto non credetemi- affermava che Cuba è il quinto paese meno corrotto al mondo. Bell'elemento di dibattito! Certo che Cuba non è perfetta, ma i politici italiani -Bertinotti in primo luogo- così scandalizzati dal "fallimento" della Rivoluzione cubana, appaiono meno scandalizzati dalla bancarotta etica della Repubblica italiana che è sotto gli occhi di tutti.


Glenda Alfonso Castillo, (ne scrissi qui), medico di Barrio Adentro in Venezuela, mi raccontava dell'esperienza in Guatemala dove è rimasta per mesi con i superstiti dell'uragano dell'anno scorso che ha fatto decine di migliaia di morti nel silenzio dei media mondiali che guardavano solo a Nuova Orleans. Mi raccontava che i suoi assistiti erano tutti analfabeti e che perfino i latifondisti del posto non avevano più della seconda o terza elementare. Confrontava tale esperienza con la propria, discendente di schiavi, nipote di tagliatori di canna, sua madre prima e oggi lei e i suoi fratelli, oggi sua figlia, hanno avuto dalla Rivoluzione la possibilità di studiare e laurearsi ed avere un avvenire incomparabilmente migliore che se la Rivoluzione non ci fosse stata. La difficoltà materiale di vivere a Cuba è grande e lei ne è cosciente. Ma sa che non è con il tenore di vita di una dottoressa Glenda di Stoccolma con la quale deve confrontare il proprio tenore di vita. Deve confrontare il suo tenore di vita, quello della discendente di schiavi, tra quello che avrebbe avuto senza la Rivoluzione e quello che ha con la Rivoluzione. E non ha dubbi.



Indiano75
00sabato 5 agosto 2006 16:05
Re:

Quoto in pieno questo passaggio...
sono un po' stanco di leggere e vedere come gli Stati Uniti si ergano a portatori di democrazia e libertà quando in realtà è solo un paravento per i soliti interessi economici...


Scritto da: smile66 05/08/2006 13.30



Dopo quello che è successo negli ultimi tre anni ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nelle prigioni gentilmente concesse alla Cia in altri paesi, e dopo gli eccidi recenti di bambini, donne e vecchi innocenti in Palestina e in Libano, l'occidente e gli Stati uniti in particolare non hanno più l'autorità morale, come ha scritto Eduardo Galeano, per giudicare le illiberalità degli altri.

Cosa vogliono insegnare gli Stati uniti di George W. Bush che hanno più di due milioni di detenuti nelle carceri, spesso gestite da privati, sui diritti degli esseri umani a cui viene tolta la libertà?




Swash
00sabato 5 agosto 2006 21:15
Re:

Scritto da: smile66 05/08/2006 13.30




Cuba, il problema si chiama Bush - di Gianni Minà
Sabato, 05 agosto 2006

Consiglio tutti coloro che, dopo l'intervento chirurgico subito lunedì da Fidel Castro, azzardano previsioni sul futuro di Cuba, di essere cauti. Sono cinquant' anni, o almeno diciassette, dal tramonto del comunismo sovietico, che molti compiono infatti incautamente questo esercizio prevedendo quasi sempre catastrofi per la rivoluzione socialista dell'isola. Cuba invece è ancora li, infrangibile all'embargo e alle «politiche democratiche» che gli Stati uniti organizzano per annientarla; esempio di resistenza nel continente, pur fra tanti errori, allo sciagurato neoliberismo.

Dalla settimana scorsa, dopo il vertice di Cordoba (Argentina) l'isola di Fidel è perfino reintegrata nel consesso delle alleanze commerciali e politiche dei paesi latinoamericani e candidata ad una prossima entrata nel Mercosur, antefatto di quella che sarà sull'esempio europeo l' unione degli stati sudamericani.

Il tutto con palese sconcerto di George W. Bush che, troppo impegnato in Medio Oriente, non solo ha visto fallire l'Alca, il progetto di annessione economica del continente a sud del Texas, ma, dopo che il congresso aveva stanziato sessanta milioni di dollari per favorire «un cambio rapido e drastico» a Cuba (con tanti saluti al diritto di autodeterminazione dei popoli), aveva aggiunto ottanta milioni presi dal suo appannaggio presidenziale per dare la spallata finale alla revolucion.Un sogno eversivo che nove presidenti nordamericani hanno atteso prima di lui senza poterlo realizzare.

Un quadro simile può essere considerato solo il fallimento plateale dei presunti analisti della realtà cubana ,ma per esempio Pierluigi Battista sul Corriere della Sera lo liquida invece come il crepuscolo politico di Fidel Castro. Tutti i giudizi sono rispettabili, anche quelli smentiti dai fatti, ma pur comprendendo il rimorso angosciante del collega per essere stato comunista, il suo giudizio mi pare indicativo di una polemica che gli ha preso la mano e gli fa addirittura paragonare la Cuba di Castro alla Corea del Nord di Kim Il Sung.

E non mi riferisco solo all'argomento, credo ora non secondario per le nuove idee liberali del collega, che il Pil a Cuba cresce dell' 11 percento (grazie al corposo incremento dell'interscambio con Venezuela e Cina) ma anche al fatto che, secondo un rapporto dell'Università di California, l'aspettativa di vita dell'isola è di un anno superiore a quella degli Stati uniti, la mortalità infantile è la più bassa del continente e inferiore al tasso fisiologico dei paesi sviluppati e infine la scuola e l'università sono gratuiti, libri compresi, mentre il paese ha trentamila medici in missione tra America Latina e Africa, continenti saccheggiati dall'economia neoliberale, che secondo i duri nostalgici di Miami che festeggiano la malattia di Castro, dovrebbe restituire Cuba magari ai fasti dell'epoca della mafia, dei casinò e del torturatore Fulgenzio Batista.

Voglio riferirmi poi anche al contenuto del messaggio che Fidel ha inviato ai suoi compatrioti prima di sottoporsi all'operazione chirurgica e che rassicura i cubani sul fatto che qualunque cosa possa succedere, i programmi riguardanti salute pubblica, istruzione, e rivoluzione energetica del paese, continueranno affidati alle mani dei ministri competenti (José Ramon Balaguer e José Ramon Machado Ventura) e del segretario del comitato esecutivo del Consiglio dei ministri con la supervisione del responsabile del dicastero dell'economia Carlos Lage, del presidente del Banco Centrale Francisco Soberon e del ministro degli esteri, il quarantenne Felipe Perez Roque.

So che tutto questo è inusuale, quasi surreale per le nostre abitudini, e qualcuno può anche considerarlo un espediente retorico, ma ho imparato in tanti anni di reportage a Cuba e in America Latina che questo dialogo con la gente è il collante che tiene insieme il paese e che, spiazzando sempre le presuntuose previsioni del Dipartimento di stato ha fatto tener botta a Cuba per mezzo secolo neutralizzando le cospirazioni e le «strategie della tensione» montate dagli Stati uniti per distruggere il suo modello sociale e politico per quanto discutibile fosse.

I cubani, anche quelli che sono stanchi del socialismo e della retorica della rivoluzione sanno perfettamente che la loro sicurezza sociale sarebbe impensabile se i governi di Washington avessero potuto imporre modelli come quello segnalato nel sito del Dipartimento di stato e intitolato Cuba Libre, un piano di cinquecentocinquanta pagine dove si parla di una transizione nell'isola pilotata come sempre da Washington.

Una transizione sul modello, per intenderci, messo in atto in Iraq con un altro uomo della Cia come Allawi che guiderebbe il cambiamento e magari con la collaborazione del solito Negroponte, l'uomo delle guerre sporche, sceglierebbe uno per uno i componenti del nuovo gabinetto cubano.

Non è fantapolitica. Il giorno 26 maggio si è celebrata per esempio una riunione urgente nella sede destinata appunto al piano «Cuba libre» presieduta da tal Caleb McCarry, scelto a diventare il futuro governatore della transizione a l'Avana. Con lui c'erano anche i congressisti Lincoln e Mario Diaz Ballart, figli di uno che fu fra i complici più stretti di Fulgenzio Batista, nonché dirigenti di varie organizzazioni anticastriste fra le quali anche alcune di quelle accusate di aver fiancheggiato i gruppi eversivi che dalla Florida negli anni hanno portato il terrore a Cuba, causando più di tremilacinquecento morti e diecimila feriti.

In collegamento telefonico via internet da l'Avana c'erano personaggi come Marta Beatriz Roque, considerata dal governo de l'Avana una agente del governo di Washington e invece una dissidente dai cubani di Miami. Erano stati invitati anche gli ambasciatori dell'Unione europea di Canada e Messico che però non si sono fatti vedere. Mentre erano presenti quelli di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia e Lituania, le ex nazioni comuniste diventate i capisaldi del governo Bush.

Caleb McCarry, non si sa con quanta credibilità, ha reso noto che la Segretaria di stato Condoleezza Rice aveva ottenuto in una conversazione con il ministro degli esteri italiano D'Alema una sorta di promessa di aiuto per favorire una transizione a Cuba ed ha annunciato che nella successiva riunione del gruppo in programma nell'estate a Praga avrebbe partecipato un rappresentante italiano.

So che personaggi come McCarry, per quanto pericolosi, fanno parte del bestiario della sottopolitica degli Stati uniti ma penso che quando si affronta il controverso argomento Cuba bisognerebbe avere più equilibrio e più lealtà. Pierluigi Battista, per esempio, sa perfettamente che i cubani che hanno lasciato il proprio paese in zattera «cercando la libertà» sulla costa della Florida erano attratti da una logica infame per cui se fossero arrivati a toccar terra negli Stati uniti avrebbero avuto immediatamente il visto di ingresso e la carta verde per risiedere e lavorare.

Realtà negata a qualunque altro latinoamericano che, come avviene nei passaggi di confine col Messico, o viene allontanato a schioppettate o fatto entrare indocumentato e quindi senza diritti. Col rischio di essere denunciato alla prima richiesta di tutela dallo stesso padrone che gli da lavoro e che lo farebbe rimpatriare subito.

Parlare poi ancora della repressione degli omosessuali (mentendo perfino sul ruolo di Che Guevara) in un paese come Cuba, dove è in corso un progetto di legge perché un essere umano possa cambiare sesso a spese della sanità dello Stato, è pura malafede.

Dopo quello che è successo negli ultimi tre anni ad Abu Ghraib, a Guantanamo e nelle prigioni gentilmente concesse alla Cia in altri paesi, e dopo gli eccidi recenti di bambini, donne e vecchi innocenti in Palestina e in Libano, l'occidente e gli Stati uniti in particolare non hanno più l'autorità morale, come ha scritto Eduardo Galeano, per giudicare le illiberalità degli altri.

Cosa vogliono insegnare gli Stati uniti di George W. Bush che hanno più di due milioni di detenuti nelle carceri, spesso gestite da privati, sui diritti degli esseri umani a cui viene tolta la libertà?

Per scrivere con il disprezzo usato ieri da Battista e da altri pensatori come lui, bisogna non aver dimenticato spesso le infamie commesse in nome della democrazia, come il terrorismo degli Stati uniti contro Cuba raccontato da Angelo Rizzo in un film che ieri sera ha chiuso la rassegna sul nuovo cinema italiano presentata a Torella dei Lombardi, provincia di Avellino, nell'ambito del Premio dedicato all'illustre concittadino Sergio Leone. O il terrorismo è accettabile quando viene fatto in nome dei nostri interessi?

Cuba è un paese complesso eppure, senza giustificare nulla delle sue contraddizioni, ha il diritto di essere giudicato con serietà, confrontandolo con la realtà sociale del continente latinoamericano e di tutti i sud del mondo ostaggio dell'economia capitalista.

Al contrario della logica dei promossi e dei bocciati scelta da qualche giornale per stabilire in modo calcistico quali saranno le personalità che domani, dopo Fidel, governeranno Cuba, io penso di poter solo segnalare che il futuro di quest'isola, che da cinquant'anni smentisce tutti, è già presente nelle personalità del governo alle quali il vecchio Leader Massimo infermo ha affidato l'incarico di continuare un certo cammino nei settori vitali per la sopravvivenza di Cuba .

Il ministro dell'economia Lage è un cinquantenne, il ministro degli esteri Felipe Perez Roque è un quarantenne. Proprio quest'anno a Salamanca il giovane ministro degli esteri riuscì a far sottoscrivere ai colleghi dei paesi latinoamericani riuniti con i governanti di Spagna e Portogallo due documenti, uno di condanna dell'embargo a Cuba da parte degli Stati uniti, e l'altro di richiesta perché il terrorista Posada Carriles, mandante nel '97 degli attentati alle strutture turistiche a l'Avana, in uno dei quali morì l'imprenditore italiano Fabio Di Celmo, fosse estradato dagli Stati uniti nei paesi che ne avessero fatto richiesta per rendere giustizia alle vittime dei suoi misfatti. Un risultato non da poco.





Bellissimo articolo!
Bravo Smile, grande post!


[Modificato da Swash 05/08/2006 23.30]

smile66
00sabato 5 agosto 2006 21:28
Grazie Swash...
mi ha colpito la capacità di sintensi del buon Minà e lo ho allegato volentieri...
[SM=x82287]
mosquito23
00sabato 5 agosto 2006 22:44
quando la verità.............
El llanto de una madre

Marilyn Díaz Fernández, Lux Info Press

CAMAGUEY, Cuba - Junio (www.cubanet.org) - Jennifer Talhía Guerra pasó el Día de la Infancia muy triste y enferma. Su madre, la joven Anabel Guerra, también estaba afligida el primero de junio cuando coincidimos en una de las enfangadas calles de Sibanicú, donde ambas residimos.

Cuando le pregunté por la niña se echó a llorar y me dijo que estaba enferma, como siempre. Las lágrimas de Anabel me conmovieron, porque por su carácter alegre y desenfadado sé que ella no llora muy a menudo, y entonces quise saber qué ocurría con Jennifer, una bebita de diecinueve meses de nacida.

La madre de la niña me contó que el día antes cayó un fuerte aguacero, y que la casa donde viven se inundó; el agua le llegaba a las rodillas porque la vivienda está en mal estado. Es de madera, con techo de guano de palma. Me dijo, alterada: "Tú sabes que mi hija es alérgica, y que a los once meces de nacida hizo una convulsión y tuvo un paro respiratorio que la puso al borde de la muerte. He ido varias veces a las oficinas del gobierno municipal a pedir un solar para construir una casita donde tener a mi niña; pero tiene que ser cerca del hospital, porque si le repite el paro y estamos lejos se me muere. En esa zona hay varios solares, pero Hernández Risco y Marisleidis Gutiérrez, los que atienden la vivienda en el Poder Popular, me han negado los que he propuesto".

Le pregunté a Anabel por qué se rehusaban a otorgarle alguno de esos terrenos. "Porque no sienten amor por el hombre, porque su corazón no se conmueve ni con el dolor de una madre, ni con el problema de salud tan grande que tiene mi hija. A ellos no les importa que se muera, y eso que dicen que los niños son muy importantes en este país. Es mentira. Fíjate que hay un terreno grandísimo, y cuando les insinué que me dieran allí un pedacito, Marisleidis me dijo que no, que ése era un terreno para construir casas a los médicos".

"La niña -continúo su relato Anabel- me ha hecho cuadros asmáticos debido a la alergia; pero los del gobierno no han querido siquiera leer el resumen de la historia clínica de mi hija".

Anabel Guerra tiene 32 años y vive con su esposo, su suegra y su cuñado, en la calle William Soler No. 57, en Sibanicú, provincia Camagüey. Es trabajadora de la Empresa de Comercio Municipal del municipio, y desde que la niña nació no ha podido incorporarse a su puesto de trabajo, ya que tampoco le han asignado un círculo infantil a Jennifer.

"Estoy desesperada -me dijo llorando-, no sé por qué no se conduelen de una niña enferma que puede morir. Después hablan de otros países y quieren proteger a otros niños. Si son tan buenos, entonces que protejan a la mía y me ayuden a sacarla de donde estamos viviendo".

mosquito23
00sabato 5 agosto 2006 22:54
Re: quando la verità.............


quando la verità........


Maltrato en las cárceles cubanas

Marilyn Díaz Fernández, Lux Info Press

CAMAGUEY, Cuba - Mayo (www.cubanet.org) - Golpear a los reclusos se ha convertido en una práctica en las prisiones cubanas. Desde cualquier recinto carcelario la prensa independiente recibe la denuncia de que la guarnición propinó una golpiza a un reo por cualquier motivo. No sólo los prisioneros políticos son agredidos por los uniformados, sino también los presos comunes son víctimas de maltratos.

La prensa cubana, por su posición de representante de los intereses del gobierno, no publica noticia alguna relacionada con estos hechos ocurridos dentro de las cárceles de Cuba. Por su parte, las autoridades carcelarias y del Ministerio del Interior (MININT), niegan que estos desmanes ocurran.

Por esta razón, los periodistas independientes se esfuerzan, arriesgando su libertad, para dar a conocer hechos como el que nos narró en una nota sacada clandestinamente de la prisión camagüeyana Kilo 8 el prisionero político Leoncio Rodríguez Ponce.

En la misiva, Leoncio expresa que se encuentra en la celda de castigo número 3, primera fase del régimen de mayor severidad desde la noche del 21 de mayo, cuando fue sacado del cubículo 5 del destacamento 7, donde se encontraba recluido, por los guardias Yosvany Alma Figueroa, y un tal "Dominguito", y llevado a un salón de grandes dimensiones donde fue agredido por los carceleros hasta derribarlo, y golpeado entonces con bastones de goma, trozos de marabú, patadas y piñazos. A la golpiza se sumaron otros dos miembros de la guarnición de la penitenciaría.

"Luego -refiere Leoncio- fui golpeado mientras me encontraba en el piso. No hay quien llegue al minuto recibiendo esa cantidad de golpes. En cuestión de minutos lo tumban a uno, lo desmayan con unos golpes asesinos. Ellos se ensañan; no me dieron, me destrozaron". El saldo de esta salvaje golpiza fue innumerables hematomas, hinchazones y marcas de los bastonazos y los palos en todo el cuerpo.

La golpiza anterior Leoncio la recibió en Kilo 8, en octubre del año 2005, de parte de otros miembros de la guarnición que también se enseñaron con su inofensiva presa.

Leoncio Rodríguez comenta sobre lo que expresó un tal Ramonet al referirse al libro "Fidel Castro, biografía a dos voces". El mencionado periodista dijo: "Quería con estas conversaciones que la gente que leyera el libro conociera a la persona sensible, sintieran su gran humanidad y vivieran con ese excepcional líder el dolor de Fidel Castro ante las miserias del mundo". Y agrega: "El texto cumple su objetivo de que Fidel sea oído, no juzgado por lo que dicen de él", y se refirió a las calumnias mediáticas difundidas contra Fidel. "Esto -expresa Leoncio- lo leí en el periódico".

Ante estas frases de Ramonet razonó el preso político: "Debido a esa preocupación por todos los hombres del planeta, a su humanidad y sensibilidad, yo estoy todo golpeado y adolorido. Debido a todas esas calumnias mediáticas y a no juzgar por lo que se diga de él, por poco me matan, y gracias a ese dolor y miserias, el dolor está en todo mi cuerpo. Este mundo es una farsa grotesca e hiriente".

Para tristeza y dolor del mundo, Leoncio Rodríguez Ponce no es el único que es brutalmente golpeado en las cárceles cubanas. Se podría confeccionar una larga lista de estas víctimas desamparadas. Basta sólo recordar a Carlos Luis Díaz Fernández, Lamberto Hernández Plana, Juan Carlos Herrera Acosta y Jorge Luis García Pérez "Antúnez".

mosquito23
00sabato 5 agosto 2006 23:00
Re: Re: quando la verità.............
Guantanamo Bay? NO

Abu Griab? NO

quando la verità........


PROYECTO DEMÓCRATA CUBANO
Miembro de la Organización Demócrata Cristiana de América (ODCA).

Denuncia

Las continuas las arbitrariedades y los abusos de las que son víctimas los detenidos en la prisión del Combinado del Este.

Pedro Pablo Álvarez Ramos, Secretario General del Consejo Unitario de Trabajadores Cubanos (CUTC), acaba de denunciar los abusos que continúa sufriendo junto con el resto de los prisioneros que se encuentran en el edificio 3 de la prisión Combinado del Este, en la ciudad de la Habana, por parte de las autoridades del penal.

En esta ocasión el líder sindical independiente y preso de conciencia de A.I. desde el 2003, acaba de denunciar que solamente les están suministrando el agua cada cinco días, y cuando llega es oscura, como si contuviera tierra. En su opinión la suciedad del agua y su posible contaminación debe ser la razón por la cual hay tantos presos enfermos con problemas estomacales. Álvarez Ramos responsabiliza a las autoridades del penal por el estado de salud de los presos y por no haber tomado medidas necesarias para garantizar el preciado líquido diariamente y en buen estado.

Esta situación en que las autoridades mantienen a los presos en el edificio 3 de la prisión Combinado del Este, no solamente viola los derechos fundamentales de los detenidos, sino que son también, violatorias de los “principios básicos y las reglas mínimas para el tratamiento a los reclusos” de las Naciones Unidas y del contenido de los Artículos 30.1 y 31.1 del Capítulo III, Sección Segunda del propio Código Penal cubano.

Esta injusta e inhumana situación se suma las continuas denuncias, que hay sobre las arbitrariedades y los abusos que existen en las distintas prisiones, en que mantienen a los presos políticos las autoridades cubanas, a todo lo largo del país.

El Proyecto Demócrata Cubano hace un llamado a las autoridades cubanas para que con un compromiso real con lo declarado en el texto de la “Ayuda Memoria” que presentaron a todos los miembros de la Asamblea General de las Naciones Unidas en respaldo a su aspiración a formar parte del nuevo Consejo de Derechos Humanos, “Cuba reafirma su voluntad de continuar trabajando sin descanso en la consecución de la meta común del disfrute de todos los derechos humanos para todas las personas y todos los pueblos del mundo, sobre la base del respeto a la Carta de las Naciones Unidas, los instrumentos internacionalmente acordados en materia de derechos humanos y la Declaración y Plan de Acción de Viena”, den un paso positivo en este sentido suspendiendo de inmediato los tratos injustos a los presos cubanos y mejorando la situación carcelaria en que estos se encuentran, ahora que ya son miembros plenos del nuevo Consejo.

Por este medio el Proyecto Demócrata Cubano hace un llamado a todas las organizaciones internacionales y regionales de derechos humanos, tanto las intergubernamentales como las no gubernamentales, a los representantes de los gobiernos democráticos en Cuba, a todas las fuerzas políticas y en particular a nuestros hermanos demócratas cristianos, para que de forma urgente se unan a nosotros en este llamado al gobierno de Cuba.

En representación de la Secretaría de Derechos Humanos y Solidaridad,

Siro del Castillo Domínguez Rosa María Rodríguez Torrado
Representante en el Exterior Sec. de Derechos Humanos y Solidaridad

San Cristóbal de La Habana, 15 de mayo del 2006.

PROYECTO DEMÓCRATA CUBANO
Miembro de la Organización Demócrata Cristiana de América (ODCA).

Sede: Calle 7ma. #49405 (altos), e/ 494 y 494-A. Guanabo, Playas del Este,
La Habana, Cuba. C.P.: 19120.
Telefax: (537) 96-2636 E-mail: Prodecu@gmail.com
Sitio web: www.prodecu.org

mosquito23
00domenica 6 agosto 2006 20:26
Re:
sono finite le verità di Minà e Cornuto?
Io ne ho ancora molte ma mi piacerebbe alternarle a quelle dei due giornalisti abituati a fare il bidè con la lingua al dittatore cubano
smile66
00domenica 6 agosto 2006 20:54
Re:

sono finite le verità di Minà e Cornuto?
Io ne ho ancora molte ma mi piacerebbe alternarle a quelle dei due giornalisti abituati a fare il bidè con la lingua al dittatore cubano
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Hola mosquito...
Ho letto con interesse i tuoi post ed i relativi allegati.
Per "par condicio" ai miei post precedenti...allego questo video
[SM=x82287]




mosquito23
00lunedì 7 agosto 2006 00:38
Re:

Scritto da: smile66 06/08/2006 20.54
Re:




così non vale adesso per par condicio io dovrei mettere qualche cosa a favore del regime.
comunque se hai tempo ti consiglio di leggere questo


ARTICOLO

PARLA DELLE FRUSTRAZIONI DI INTERE GENERAZIONI DI CUBANI
smile66
00lunedì 7 agosto 2006 16:50

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mosquito
Trovato il tempo per articolo da te segnalato: [SM=x82310]
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L'Avana, 7 ago. (Adnkronos) - Il presidente cubano Fidel Castro potrebbe essere sottoposto a un secondo intervento chirurgico, secondo quanto riporta il quotidiano di Miami ''El Nuevo Herald'' citando fonti anonime del servizio di salute statale di Cuba. Il giornale spiega che Castro e' stato sottoposto a un intervento di colostomia con una deviazione dell'intestino crasso. Se non dovessero esserci complicazioni o infezioni, dopo un discreto periodo di tempo, circa un anno, spiega il quotidiano, il paziente deve essere sottoposto a un nuovo intervento perche' l'intestino sia ricollegato al retto.
Egoista2000
00lunedì 7 agosto 2006 17:33
Re:

Scritto da: smile66 07/08/2006 16.50

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mosquito
Trovato il tempo per articolo da te segnalato: [SM=x82310]
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L'Avana, 7 ago. (Adnkronos) - Il presidente cubano Fidel Castro potrebbe essere sottoposto a un secondo intervento chirurgico, secondo quanto riporta il quotidiano di Miami ''El Nuevo Herald'' citando fonti anonime del servizio di salute statale di Cuba.



Ma quelli del Neuvo Herald, non lo davano per morto?
smile66
00mercoledì 9 agosto 2006 12:48
Su Fidel la satira è máxima
9/8/2006
di Gian Antonio Orighi
LA STAMPA WEB

MADRID. Proprio quando il nemico contro cui combatté, il dittatore Fidel Castro, sta per soccombere all’età e alle malattie, torna la critica del grande scrittore e poeta cubano Reinaldo Arenas (1943- 1990). El Paìs ha appena pubblicato la sua inedita satira Elogio a Fidel Castro, scritta nel ‘90, poco prima che Arenas si suicidasse a New York, dove si era rifugiato nell’80 dopo essere stato incarcerato a Cuba per omosessualità. Arenas, autore della sublime autobiografia Prima che diventi notte (portata magistralmente sullo schermo nel 2000 dall’attore spagnolo Javier Bardem, che per poco non vinse un Oscar), pennella il «Líder máximo» in deliziosi capitoletti che sembrano scritti ieri. Con un’introduzione: «Per spirito di contraddizione, invece di criticare il Comandante, voglio fare un elenco delle sue virtù».

Politico astuto
«Quando prese il potere nel '59, aveva tre alternative: la democrazia, con cui avrebbe vinto le elezioni, ma avrebbe goduto di un potere effimero e condiviso con l’opposizione; la tirannia di destra, che mai offre una sicurezza assoluta; la tirannia comunista, che in quel momento, oltre a coprirlo di gloria, sembrava assicurargli un potere vitalizio. Abile, scelse quest’ultima via».

Profondo filosofo «Ha fatto capire ai suoi sudditi che la vita materiale è una sciocchezza, al punto che a Cuba non esistono quasi beni materiali e l’indice dei suicidi, secondo seri rapporti Onu, è il più alto dell’America latina».

Economista intelligentissimo «Ha introdotto da quasi trent’anni la tessera di razionamento con cui evita l’inflazione, visto che il popolo non può consumare niente. Inoltre si dedica al traffico internazionale di droga (cocaina dalla Colombia, ndr), con enormi introiti che gli servono per finanziare il suo apparato propagandistico e stimolare la sovversione armata in America latina».

Sessuologo esperto «Ha preparato magnifici eserciti giovanili che funzionano come guide turistiche o traduttori e che compiacciono gentilmente sia le donne che gli uomini invitati».



smile66
00mercoledì 9 agosto 2006 12:52
CUBA: MORTO BERGNES, DECANO DELLA DISSIDENZA UN TEMPO COMPAGNO DI CASTRO
FONDATORE DELLA COMMISSIONE CUBANA PER I DIRITTI UMANI
L'Avana, 9 ago. - (Adnkronos)


All'eta' di 79 anni si e' spento in un ospedale di L'Avana, in seguito ad un arresto cardiaco, il decano della dissidenza cubana: Gustavo Arcos Bergnes. Fondatore della Commissione cubana per i diritti umani (Ccpdh), Bergnes fu uno dei compagni di Fidel Castro ai tempi della rivoluzione. Era con lui nel 1953 nell'assalto alla Moncada e nel 1959 il Lider maximo lo nomino' ambasciatore in Belgio
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